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Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative. 

E non c'è da cambiare idea. Dopo aver sostenuto la .....
. . . sul Foglio.
Secondo me hai letto l'intervista .....
L'intervista a Piazza Pulita è di 7 mesi fa, le parole .....
Vedi l'intervista di Matteo Renzi 7 mesi fa da Formigli .....
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Arabia Saudita
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Incontrati per caso...
di Valdo Mori
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Dalla pagina di Elena Giordano
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storie Vere :Matteo Grimaldi
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Indaco il colore del cielo
non parimenti dipinto
Sparsi qua e là
come ciuffi di velo
strani bioccoli di bambagia
che un delicato pennello
intinto .....
tutta la zona:
piscina ex albergo
tutto in stato di abbandono

zona SAN GIULIANO TERME
vergogna
Le Parole di Ieri
Da Fido a Foone

17/9/2015 - 10:32


FIDO
Lett: nc.
In italiano ha diversi significati ma nessuno corrisponde a quello dialettale di tregua, sospensione, interruzione del gioco.
Era un termine prettamente infantile, si usava in tutti i giochi e serviva come parola chiave di interruzione, una specie di “stop” con cui si fermava immediatamente il gioco.
Naturalmente chi lo pronunciava ammetteva la propria sconfitta o la propria rinuncia.
Era un po’ come il battere il palmo della mano sul tappeto del lottatore o il gettare la spugna del pugile. 
 
Aneddoto
Quando la bambina arrivò al Pronto Soccorso, estratta dalle lamiere della Ritmo Diesel amaranto, incidentata alla curva dello Scarpellini, il medico costatò che aveva una brutta ferita alla fronte.
Preparò il tutto per la sutura ed inizio a cucire nonostante la bimba, aveva quattro anni, era il 1984, continuasse a gridare “Fido! Fido! Fido!”
 
FILATA
Lett: FILATA. [Filare. Lunga fila].
In dialetto la filata era il filare delle viti.
E il filo della filata era il massimo pericolo per noi ragazzi che di notte andavamo per i campi a rubare frutta. Era un passatempo piuttosto comune durante la stagione estiva e quasi tutti i ragazzi partecipavano alle ruberie che tuttavia non erano percepite come veramente tali. Erano come un gioco ed in effetti, la maggior parte delle volte, i prelievi si limitavano a poche unità prelevate per uso personale, con pochi danni per il contadino. Le ciliegie erano una preda ambita ma spesso gli alberi, carichi di frutta, erano ben sorvegliati dai proprietari e il prelievo veniva effettuato con qualche rischio, anche fisico. Su qualche albero si poteva trovare anche un cartello di avvertimento: “avvelenato”, un inutile tentativo di sfuggire alla caccia. Molte spedizioni per la ricerca di ciliegie avvenivano nel territorio di Avane, nella cui piana i ciliegi erano molto numerosi. L’uva, quella da tavola, la Salamanna, la Regina, lo Zibibbo, le palle di gatto era un’altra frutta molto ricercata. L’aveva Amerigo dell’Antonelli, nella Chiusa, ed in questo caso il rischio era la scialappa [Gialappa: pianta originaria del Messico dai cui rizomi essiccati si estrae una sostanza dotata di forte attività purgante]. Il contadino quando si ammoscava che i ragazzi erano in procinto di avvicinarsi all’uva cospargeva di questa polvere purgante i grappoli e chi li mangiava nel breve periodo (l’effetto scompariva in pochi giorni) aveva una forte diarrea come punizione per il ladrocinio.
La caccia però più partecipata ed ambita era però quella che si effettuava ai cocomeri.
I contadini conoscevano bene questo rischio e cercavano in tutti i modi di evitarlo coltivando i cocomeri in zone appartate, impervie, sorvegliate, talvolta addirittura nascoste come in mezzo a campi seminati a granturco affinché le alte messi facessero da nascondiglio.
Il filo di ferro della filata, se non vi sono tralci di vite ad indicarlo, di notte è praticamente invisibile e diventa pericolosissimo in caso di fuga precipitosa, quando la fretta fa venir meno l’attenzione necessaria per evitarlo. Non era infrequente d’estate vedere in faccia ai ragazzi righe rosso sangue, segno evidente di impatto con qualche filo teso.
Se pur raramente queste scorribande notturne, di solito innocui prelevamenti di poche unità per uso personale, diventavano veri e propri atti di vandalismo con distruzione eccessiva di frutta che veniva sciupata inutilmente ed anche qualche isolato episodio di spregio (azione tendente a fare dispetto).  L’episodio più famoso di spregio è quello del tassellamento di tutti i cocomeri che Cunde aveva nell’orto sul Serchio: dopo il passaggio dei ragazzi-vandali tutti i cocomeri, anche i più piccoli, avevano il loro bel tassellino!
(Tassello si chiama quell’apertura quadrangolare praticata sulla buccia del cocomero per vedere la polpa sottostante e giudicare il suo grado di maturazione).
 
FIO
Lett: FICO. [Pianta delle moracee anche identificato col suo frutto].
Dire frutto è improprio perché i veri frutti del fico sono i piccoli semi contenuti nel ricettacolo carnoso e saporito che noi mangiamo e che prende il nome di siconio.
Esistono diverse voci dialettali derivanti da fico.


Fio pallone era un frutto non ancora maturo, grosso ma non ancora dolce e per estensione così era indicata la persona grande e grossa e cogliona.


Fiazzola era invece chiamato il fico ancora acerbo.

[In italiano “ficazzola” significa cosa sgualcita, schiacciata, pesta].


Fio Longarello era la varietà che aveva in corte Secondo quando era alla guerra in Africa.


Fiolesso indicava un incapace, lento, antipatico.


Fiolungo un ragazzo gracile, alto e lungo per la sua età.


Fioso è termine ancora molto utilizzato per indicare chi mal sopporta dolore, o sofferenza di lieve entità, ed anche chi si lamenta in continuazione dei propri malanni, seppur di poco conto.


Come se’ fioso!”, “’Un fa’ tanto ‘r fioso!” dicevano le mamme ai bambini che piagnucolavano e strillavano già molto prima di entrare dal dottore per una visita.
Anche “fare i fii” ha un identico significato.
Fia invece aveva ed ha un significato completamente diverso e stava ad indicare l’organo genitale femminile e, per estensione, le ragazze in genere. Ragazze comunque piacenti, poichè per quelle non piacenti veniva usato l’epiteto meno lusinghiero di scarbatre (un tipo di pesce liscoso e poco apprezzato).
Alcuni azzardano l’ipotesi che il termine sia derivato per analogia dalle fessure che si aprono nel ventre del fico maturo, da cui cola l’umidiccio del succo zuccherino, la dolcissima gocciolina.
 
FOONE
Lett: nc.
Nella lingua italiana esiste la parola FOCONE che indica un [grande fuoco]. Stesso nome prende quel [forellino presente nella culatta delle vecchie armi da fuoco, da dove si incendiava la polvere da sparo]. Fuoco è anche il [punto dove si concentrano i raggi luminosi riflessi da uno specchio curvo o da una lente]. Il foone aveva caratteristiche assimilabili ad entrambi. Faceva un grande fuoco, una grande luce, e per far questo utilizzava proprio una parabola in grado di concentrare i raggi luminosi.
Era uno dei tanti apparecchi che utilizzavano a quei tempi le proprietà illuminanti dell’acetilene, un gas combustibile prodotto dalla unione del carburo di calcio con l’acqua.
L’energia era ancora un grande lusso per le famiglie. L’illuminazione notturna si otteneva per mezzo di candele di cera o di sego e di lumi a olio o a petrolio, per cui l’avvento del gas acetilene rappresentò un notevole progresso per la qualità della vita degli abitanti delle campagne.
Le candele facevano una luce modesta, i lumi a combustibile liquido puzzavano e lasciavano residui nerastri nell’aria, nelle narici e nelle abitazioni, il gas era invece di facile produzione e facilmente reperibile, sotto forma del precursore chimico, presso le botteghe del paese.
Le lampade ad acetilene furono utilizzate in tutti i settori dove era necessario avere luce: per la cucina e le abitazioni in generale, per le gallerie delle miniere, per i fanali delle biciclette e per la caccia e la pesca con il foone.
L’attrezzo era formato da una camera superiore contenente acqua, ed una inferiore dove era posto il carburo di calcio che si presentava in blocchetti grigiastri, farinosi. Tramite una piccola rotella posta sopra l’apparecchio si faceva gocciolare l’acqua sopra il carburo, nel recipiente sottostante, con immediato sviluppo di acetilene che fuoriusciva da due beccucci posti al centro di una grande parabola di ferro lucido, riflettente. Una volta acceso il gas sviluppava una vivida luce, resa ancora più intensa dalla concentrazione dei raggi operata dalla parabola riflettente. Era un attrezzo di uso domestico quando era necessaria una buona illuminazione, ma il suo uso prevalente fu quello della caccia e della pesca. Usato di notte, molto spesso di frodo, la forte luce abbagliava gli animali che venivano facilmente catturati.

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26/9/2015 - 9:38

AUTORE:
Osservatore 3

Caro M.P. che brutta figura!
Accentuata dal una presunta superiorità intellettuale svanita nel più banale dei copia incolla.

24/9/2015 - 18:32

AUTORE:
Lettore

La disputa fra M.P. e i suoi intelocutori è di poca importanza, ma il puntiglio con cui M.P. rivendica il suo scritto ha stuzzicato la mia curiosità: chi ha ragione?
Sono andato sul web e ho trovato la pagina che segue:

"Ficologia romanza.
Friday, August 18th, 2006

[...] Il sostantivo fica (genitali femminili esterni, vulva; termine triviale) giunge all’italiano dal tardo latino, per calco dal greco sukon (appunto, fico) che già in Aristofane troviamo nell’accezione di organo femminile. [...] La curiosità di questa derivazione è che l’equivalente latino cunnus (da cui cunnilinguo) è passato nel francese con, nell’inglese cunt, nello spagnolo coño, nel portoghese cona, mentre in italiano connu o cunnu (lu cunnu, sempre maschile, come il francese le con) è sopravvissuto solo in certi dialetti meridionali.".

Corrado Augias, I segreti di Parigi (Oscar Mondadori, 8 euri e 40).

Allora i casi sono due: o M.P. ha citato Augias o Augias ha citato M.P.
Dunque il dubbio non è chiarito, ma la probabilità tende fortemente da una parte.

24/9/2015 - 14:36

AUTORE:
curioso

...da italianista quale si professa e si dimostra con quanto scrive è però scivolato in un discreto burrone scrivendo "e che possono concorre ad arginare" quando invece avrebbe dovuto scrivere "concorrere".
forse non si è riletto prima di dare l'imprimatur.
E comunque il suo rimane un intervento pregevole ed illuminante

24/9/2015 - 10:51

AUTORE:
Cittadino 2

Ti sei impelagato in una polemica con lettore attento mentre hai trascurato la mia domanda (assai più importante): tu che sei così preparato cosa puoi dirci- a noi appassionati ma non preparati- sull'origine del termine scangìo?

23/9/2015 - 12:05

AUTORE:
M.P.

Carissimo lettore attento, personalmente non svolgo le mie ricerche attraverso il web, quindi non sono abituato a procedere col tasto destro del mouse per scrivere le mie note.
Non credevo che il condividere informazioni che derivano da anni di studio sulla lingua italiana e che possono concorre ad arginare, anche se solo in minima parte, valanghe di castronerie che spesso vengono dette in ambito etimologico destassero il suo risentimento.
Mi spiace per lei.

23/9/2015 - 11:55

AUTORE:
............

Nella mia nota c'era solo la volontà di condividere una conoscenza, al fine di evitare false etimolgie: non lavoro coi copia ed incolla da internet ma con gli strumenti scientifici, per abitudine professionale.
Mi dispiace l'abbiate presa male: continuate pure a rimanere nelle vostre ignoranze linguistiche.
A Curioso invece dico che ho parlato di calco semantico, e non di evoluzione fonetica.
Buona giornata

Attenzione, mancando almeno n° tre caratteri al posto del nome, la nota va in cancellazione.
red 2

22/9/2015 - 11:47

AUTORE:
curioso

volendo verificare quanto asserito da m.p., per quanto discutibile sia la derivazione di fica da "sukon", tutta da dimostrare secondo me, mi sono imbattuto sul web in un poeta dialettale siciliano tale "micio tempio" che ad un certo punto di una delle sue opere declama i seguenti versi
Chi vera matematica!

Chi calculu profunnu!

Oh, comu si combacianu

lu cazzu ccu lu cunnu!

avvalorando in pieno le tesi di m.p.

22/9/2015 - 11:31

AUTORE:
Lettore attento

La stupefacente preparazione semantica di M.P. è solo un copia incolla che poteva fare chiunque perciò non ti allargare troppo con i complimenti.

22/9/2015 - 10:18

AUTORE:
Cittadino 2

Interessante l'origine di fica e stupefacente la preparazione semantica di M.P.

Mettiamolo però alla prova su "scangìo" e vediamo cosa riesce a tirar fuori.
(Fica capisco che l'abbia interessato di più)

22/9/2015 - 8:52

AUTORE:
M.P.

Il sostantivo "fica", per indicare i genitali femminili esterni, in modo triviale, giunge all'italiano dal tardo latino, per calco semantico dal greco "sukon" (appunto, fico) che già in Aristofane troviamo nell'accezione di organo femminile. La cosa curiosa di questa derivazione è che l'equivalente latino "cunnus" (da cui ad esempio cunnilinguo) è passato nel francese "con", nell'inglese "cunt", nello spagnolo "cono", nel portoghese "cona", mentre nell'italiano "cunno" o "cunnu" ("lu cunnu", sempre maschile, come in francese "le con") è sopravvissuto solo in alcuni dialetti meridionali. La più latina delle lingue romanze insomma, l'italiano, nel designare il sesso femminile, ha preso dal greco anziché dal latino.

19/9/2015 - 13:12

AUTORE:
P.C.

Il termine SCANGÌO non risulta in nessun dizionario italiano, né antico né moderno. Esiste invece il termine SCANCIO, che secondo il filologo tedesco Friedrich Chistian Diez (Dizionario etimologico delle lingue romanze, 1853) potrebbe derivare dal tedesco Shwank o Svank, che significa sguancio, obliquo.
Per un'incertezza di accentazione, molto frequente nella parlata popolare, come pure lo scambio della C in G,(Carosi-Garosi, Club-Grubbe) la pronuncia di scancio è diventata scangìo.

19/9/2015 - 11:01

AUTORE:
curioso

Silence of lambs volgarmente tradotto silenzio degli innocenti, dall'omonimo romanzo era quella calma che prendeva la protagonista dopo aver risolto il caso, è quello che succederà a me, dopo che il caso è stato risolto da u.m.

scangìo altro non era che un'allusione enfatizzata all'atto di scansarsi.

e ora finalmente si può dormire la notte

19/9/2015 - 7:27

AUTORE:
u.m.

Caro sconosciuto(?) curioso e caro amico P.G_ (poi mi spieghi cosa significa la tavoletta in basso), rimaniamo nella fantastica e fantasiosa lingua italiana e nel suo più scoppiettante dialetto, il nostro vernacolo.
Se andiamo a caccia e spariamo è tutto uno spallinìo o impallinìo, vero?
Se non siamo bravi e si corre e si urta si fa un brutto coccìo (anche il coccio), se si è bravi invece si fa un bello scansìo e siamo salvi.
Allora se si urta si fa il coccìo, se si scansa invece si fa lo scansìo e da qui, con la sola fantasia e non con il vocabolario, il passo è breve e comodo cambiando la esse in gi, se lo scansìo non riesce bene lo prendi di scangìo!
Se l’antico scangiare diede lo scangio (scambio) posso anche pensare che scansare abbia fatto nascere il nostro scangìo.
Convinti?
Noo?
Nemmeno di scangìo?
Peccato!

18/9/2015 - 14:35

AUTORE:
P.G_

Nello Zingarelli ed. 1959 esiste solo uno Scangè derivato dal francese ECHANGE' : sorto di drappo di colore cangiante.
Scangèo: m. toscano-francese: inganno, triste avventura, sinitro, sconcio, maldestro, imbroglio.
Il dizionario etimologico riporta solo scangèo (dicesi popolarmente per trista e turbolenta avventura sopravvenuta).
Se l'origine derivante dal francese echangè è plausibile, più difficile è capire come possa il termine avere assunto il significato attuale ben spiegato dal post precedente.

17/9/2015 - 19:54

AUTORE:
curioso

SCANGIO (accento sulla “i”)
Lett: SCANGIO.
In italiano troviamo un arcaico “scangio” che ha il significato di [scambio] e che, anche per il diverso accento, sembra non avere riferimento con il dialettale scangìo.
Scangìo significa striscio: “m’e preso di scangìo!” : mi hai colpito solo di striscio.
Il contrario era “m’è preso pieno” ad indicare invece di essere stati colpiti in pieno.
Difficile ma interessante sarebbe risalire alle origini di questo strano e buffo termine usato ancora oggi nel parlare comune.


tratto appunto dalla medesima rubrica di qualche anno fa...
la parola " di scangio " molto usata a Migliarino è però irreperibile su wikipedia e, addirittura non viene citata su nessun sito web, tranne appunto la voce del serchio di qualche anno fa succitata. Che sia un termine usato solo nella val di serchio?
di sicuro meriterebbe maggior fortuna, in quanto termine colorito ed efficace
c'era anche la variante "un l'ho più visto, nemmeno di scangio"