Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative.
GIACCHETTATA
Lett: nc.
“Ma cosa voi ‘e sia, è ‘na giacchettata!” : una frase con cui si voleva rimarcare l’estrema facilità di un’operazione, di una qualche faccenda.
Il termine si può ipotizzare derivato dal debole colpo inferto con una giacchetta, un oggetto del tutto inoffensivo, da cui deriva la sicurezza e la facilità della faccenda, la leggerezza e la scarsa importanza dell’azione.
Oppure la facilità dell’operazione è tale da poter essere compiuta facilmente anche con indosso la giacchetta, indumento comune in quegli anni in tutti gli strati sociali.
GIALO (accento sulla “i”)
Lett: GICHERO.
Il gìalo è un erba perenne e velenosa dei nostri boschi che preferisce i luoghi umidi ed ombrosi e che produce dei fiori bianco-crema simili alle calle e, su un corto e duro stelo, piccoli e rotondi frutti rossi riuniti come una pannocchia di granturco.
La presenza in luoghi bui e umidi e l’odore acre della pianta ne hanno probabilmente determinato il nome dialettale di “pan de biacchi”.
La sua particolare resistenza al calore lo ha reso molto utile nella realizzazione dello scatizzolo.
Lo scatizzolo è una piccola scopa usata per pulire i forni a legna per il pane e formata appunto da foglie di gìalo riunite e collegate ad una lunga pertica, utile per arrivare fino in fondo al forno.
Quando uno si vantava con gli amici al bar di aver mangiato in qualche locale di lusso, magari in Versilia, veniva solitamente apostrofato con: “sii, e mangiato ma tanti gìali te!”
GIAVA
Lett: GIAVA.
“(T’)E’ finita la giava!” era un modo di dire che voleva significare la fine di un momento di grazia, di particolare brillantezza, di successo, di energia.
Era riferito in particolar modo ad attività sportive, agonistiche, ma si poteva utilizzare anche per altre situazioni della vita di tutti i giorni.
E’ un termine quasi abbandonato e deriva sicuramente dall’italiano giava [Dispensa. Serbatoio dell’acqua potabile], specie usato in ambito marinaro. La fine delle scorte della nave, alimentari o idriche, veniva equiparata al termine delle energie in una gara sportiva, o semplicemente alla fine di un periodo o di un momento fortunato.
GITTO
Lett: nc.
Come descritto in BOTTINO il gitto era un recipiente rotondo, munito di un manico posizionato in maniera obliqua, e che serviva per raccogliere acqua o liquami per annaffiare o concimare.
Esisteva anche un gitto industriale, fatto in ferro zincato ed acquistabile alla bottega o in qualche fiera di paese, ma di solito veniva realizzato in maniera artigianale utilizzando un grosso barattolo vuoto di tonno, o di conserva, a cui veniva applicato un manico di legno. Serviva appunto a prelevare liquidi da zone basse, pozzi o conserve, ed il manico obliquo era indispensabile per il suo corretto utilizzo riuscendo a mantenere orizzontale il recipiente, pure calato al di sotto del piano.
Aneddoto.
al gitto era dedicato anche un festival musicale che si teneva ogni estate presso la sala da ballo estiva del Paloma di Vecchiano, sulla golena del Serchio. Prendeva il nome de “ IL GITTO D’ORO”, e vedeva cantanti e complessini musicali locali esibirsi per conquistare il dorato trofeo ed essere proclamati vincitori di questo pretenzioso “Festival della Val di Serchio”.
Da questo Festival emerse anche un cantante, il cui nome rende bene simpatia e stazza, Giorgione di Vecchiano, che ebbe un discreto successo tanto da fare serate in molti locali della Versilia.
La sua scomparsa prematura forse decretò la fine di una carriera che poteva anche essere brillante.
Al “Gitto d’oro” è rimasta famosa l’esibizione di una masnada di nostri paesani muniti non di strumenti musicali ma di ciottoli da cucina, in una prestazione penosa condita dall’esibizione di un presentatore balbuziente come Fumacchio, che però sparò un paio di battute rimaste memorabili.
La prima fu all’inizio del discorso quando, essendo stato ben una settimana (!) negli USA con Palazzino, aprì con uno “scusate se parlare poco italiano!” con quell’accento straniero che rimane ai cantanti inglesi, anche quando sono in Italia oramai da decine d’anni.
L’altra è l’introduzione altrettanto famosa: “dalle calde notti della Versilia”, patrimonio genetico di ogni autentico Migliarinese.
GNAMO
Lett: nc.
Andiamo, imperativo presente, prima persona plurale.
La traduzione in “andiamo” è tuttavia limitativa perché l’uso che se ne faceva travalicava la semplice esortazione di movimento.
“Gnamo, ‘un fa lo scemo!” era un’esortazione ad un comportamento più corretto, un avvertimento tendente ad evitare un’azione considerata azzardata o sbagliata.
“Gnamo, gnamo” o “gnamo, dai” era invece un invito a procedere, ad andare avanti non solo come semplice movimento fisico, ma anche in relazione ad una decisione incerta e magari sofferta.
GNIFITO
Lett: nc.
O NIFITO significava schizzinoso, intollerante, irascibile, noioso.
Veniva usato spesso con i bambini:
“Bimbo, ma se’ proprio nifito!” ad indicare un bambino inquieto e piagnucoloso.
GNOCCARE
Lett:
Prendere lo GNOCCO. [Impermalirsi, prendere cappello].
Arrabbiarsi, prendere il nervoso.
Ancora oggi sono di uso abbastanza comune:
“’un mi fa gnoccà’” “’un mi fa prende lo gnocco”: non mi fare arrabbiare.