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È possibile dipingere il silenzio?
Gavia ci prova con le immagini dei mondi che lo evocano.

In un tempo fatto di parole, porre l’attenzione sul silenzio è riflettere su quello che forse più manca oggi: l'ascolto, il saper ascoltare. 
Questa nuova mostra di Gavia vuole essere come l'artista stessa ama, uno spazio di incontro e di condivisione di un senso comune all’interno di una situazione pittorica, materiale e artistica ma anche il luogo dove possa emergere una realtà di emozioni 

Fino ad adesso non mi sono espresso sulla "svolta" .....
Cani: quando è obbligatoria la museruola?
La museruola .....
Le “forti piogge che alterano la qualità dell’acqua .....
. . . gli Usa non sono il mio paese di riferimento, .....
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Abbiamo  scelto di diffondere il materiale del Festival di bioetica non solo per il tema di questo anno che riguarda così da vicino il futuro anche di noi donne ma  per onorare  la numerosa partecipazione femminile nella organizzazione e in tutti i  vari ambiti degli interventi che ne farà un Festival di grande interesse per noi donne .

per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
Di Umberto Mosso
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Di Roberto Zangheri
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Intervista a Maria Elena Boschi
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di Mario Lavia
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di Massimiliano Ghimenti
Sindaco di Calci"
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di Emanuele Cerullo
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Incontrati per caso...
di Valdo Mori
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Dal Wueb
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Incontrati per caso...
di Valdo Mori
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E settembre vien danzando
vien danzando alla tua porta:
sai tu dirmi che ci porta?
Tante uve, bianche e nere
fichi e mele con le pere
e di zizzole .....
Nel paese di Pontasserchio la circolazione è definita "centro abitato", quindi ci sono i 50km/ h max

Da dopo la Conad ci sono ancora i 50km/ h fino .....
Le Parole di Ieri
Da Idrolitina a Imbuzzare

26/12/2015 - 11:37

IDROLITINA
Lett: IDROLITINA.
Solo cinquanta anni fa per avere acqua potabile bisognava prendere un secchiello e recarsi alla fonte pubblica, presente in quasi in tutti le frazioni. Per lavarsi e rigovernare invece si usava quella del pozzo, che ogni abitazione aveva dintorno casa, abbastanza limpida e pulita ma non tale da garantirne la potabilità. Il pozzo spesso era protetto alla superficie da una grata di ferro per impedire che dentro vi potesse inavvertitamente cadere un topo od un gatto imprudente, che l’avrebbero irrimediabilmente danneggiata. Solo verso gli anni ‘60 l’acqua è arrivata in tutte le case e si poteva attingere direttamente dalla cannella.
In quegli anni le acque minerali non facevano parte delle esigenze primarie della famiglia, erano costose ed apparivano quasi come acque curative, da destinare ai malati. Per bere si metteva l’acqua del rubinetto in una brocca di vetro e si posava, assieme al fiasco del vino, al centro della tavola.
Molte acque potabili tuttavia, per essere considerate sicure, venivano trattate con abbondanza di prodotti chimici tanto da alterarne il sapore e da spingere molte famiglie all’acquisto massiccio di acque minerali naturali. Oggi l’acqua del rubinetto è molto più buona e si può bere ma l’acquisto regolare della “minerale” è oramai entrato nell’uso quotidiano delle famiglie. 
L’acqua si definisce minerale perché contiene particelle di cui si è arricchita mediante il suo scorrimento sulle rocce, dall’origine fino alla sorgente da cui emerge. Oligominerali sono quelle che contengono pochi sali (oligo = poco), minerali quelle che ne hanno un contenuto maggiore.
Bisogna dire che la loro utilità è modesta e in gran parte legata solo dalla loro azione di “lavaggio”, del tutto simile a quella dell’acqua di rubinetto. Solo in alcuni casi di perdita di grandi quantità di sali (sudorazione intensa, diarrea) possono avere una qualche utilità quelle a più alto contenuto di sali, ma il loro valore è comunque modesto nonostante la forte pubblicità che ne viene fatta, legata più a grandi interessi economici che a vera e propria salvaguardia della salute.
Poi è scoppiata la frenesia delle bollicine e se ora basta guardare l’etichetta e scegliere “frizzante” invece che “naturale” per ottenere lo scopo, in quegli anni bisognava ricorrere all’Idrolitina.
L’idrolitina del Cavalier Gazzoni è ancora presente sugli scaffali dei supermercati ma se ora è uno sfizio, in quegli anni era l’unico modo, conveniente, di avere un’acqua frizzante.
Ci voleva una di quelle bottiglie con il tappo formato da una gabbietta metallica attaccata al collo e che si chiudeva introducendo il tappino, con la sua gommina rossa, in cima e facendo leva sulla gabbietta che scattava in basso. Questa assicurava la chiusura ermetica della bottiglia e garantiva lo sviluppo della reazione chimica all’interno. L’operazione era solo apparentemente semplice. Si riempiva d’acqua la bottiglia, si versava poi la prima polverina, la numero1, di colore celeste. E non succedeva niente. Poi si preparava la seconda cartina, la numero 2, rossa, e si cominciava a versare nel collo della bottiglia. La reazione della cartina n° 2 aveva inizio immediatamente e bisognava essere lesti a svuotare tutta la cartina e chiudere rapidamente il tappino a scatto altrimenti tutta la schiuma usciva dalla bottiglia con il risultato che, dopo aver preso un paio di patte, bisognava ricominciare tutto da capo e consumare altre due bustine.
Ora l’acqua della cannella non la beve più nessuno e serve solo per sciacquoni, per rigovernare piatti e stoviglie ed annaffiare orti e giardini. Una fine ben misera per un prodotto che può essere anche di qualità eccellente (come quello che abbiamo dalle nostre parti), e chi vuole acqua frizzante non fa altro che acquistare una buona minerale, addizionata di anidride carbonica, alla bottega.
Sulla confezione dell’Idrolitina era riportata una curiosa filastrocca:
 
Diceva l’oste al vino
tu mi diventi vecchio
ti voglio maritare
all’acqua del mio secchio.
Rispose il vino all’oste
fai le pubblicazioni
sposo l’Idrolitina
del cavalier Gazzoni.
  
Questa filastrocca veniva anche trasmessa, come forma pubblicitaria alla radio, prima di ogni tappa del Giro d’Italia negli anni ‘45/46.

IMBACCHIOLARE
Lett: nc.
Dalla forma della bacchiola, bastone lungo e grosso, è facile capire il significato dialettale di questo verbo, non presente nella lingua italiana.
Lo stesso significato di atto sessuale hanno i sinonimi: mettere, inzuppare, incannare, immaniare, incicciare (vedi).
Imbacchiolato aveva invece il significato di impettito, vestito a festa, in maniera talmente ricercata da apparire rigido ed impacciato nei movimenti.
 
IMBARCATO
Lett: IMBARCATO. [Entrato o preso in barca, nave].
Imbarcato, o meglio ‘mbarcato, in dialetto era invece colui che, per vecchiaia, aveva perso la memoria o la ragione.
Eh’ sì, è ‘npò ‘mbarcato” : si, purtroppo è un po’ fuori di testa. Talvolta utilizzato anche come blanda offesa.
Una tavola di legno si dice imbarcata quando si è incurvata, non è perfettamente piana e rettilinea. Forse questa idea di curvatura, intesa come difetto, può aver contribuito all’associazione con la vecchiaia, entrambe condizioni di una perfezione oramai perduta.
 
IMBRESCARE
Lett: nc.
Imbrattare, schizzare, bagnare.
Verbo molto usato negli anni ‘60 quando il divertimento per eccellenza dei ragazzi di Migliarino, durante l’estate, era quello delle secchiate. Non abbiamo notizie di usanze simili in paesi limitrofi o vicini quindi possiamo considerarlo un fenomeno tipicamente migliarinese. Non sappiamo quando abbia avuto inizio questa usanza, né se possa essere riferita a qualche episodio particolare della storia del paese, certo che in quegli anni era una pratica molto comune. Ancora oggi, soprattutto per ferragosto, qualche secchio ricompare al Teatro del Popolo, ma ormai è un fatto episodico, mentre in quegli anni era un fenomeno che durava tutta l’estate. Imboscate, tattiche di guerriglia, alleanze, tradimenti erano pane quotidiano dei ragazzi che in pantaloncini (costantemente bagnati) e a torso nudo si scambiavano secchiate d’acqua (quasi sempre!) a tutto spiano. Talvolta ne faceva le spese anche qualche distratto passante che, dal silenzio della notte più fonda, si vedeva arrivare addosso un  secchio d’acqua e se ne andava grondante ed imprecante contro i disgraziati (rigorosamente anonimi!) che lo avevano ridotto in quello stato.
Ci furono poi degli eccessi, di acqua e di rumori, che dettero origine a lamentele, qualche parola arrivò anche alla Caserma dei Carabinieri, la cosa diventò troppo estesa e incontrollata, ci furono degli autorevoli avvertimenti e col passare degli anni l’usanza è andata scomparendo.
Col tempo è cambiato anche il modo di divertirsi dei ragazzi, oramai molto più tecnico e tecnologico, ma quello delle secchiate  rimane una forma di divertimento chiassoso, invadente ma innocuo, che al massimo faceva tornare a casa “tutti mezzi”, ma sicuri, senza pericoli di auto o di pasticche.
 
Aneddoto.
Le secchiate non guardavano in faccia nessuno: ne fecero le spese anche Wando del Cinacchi (fine panettiere e primo luminoso esempio di comunista cattolico, in tempi molto cupi) e Don Lelio che passeggiando di notte in amichevole conversazione, si ritrovarono belli “mezzi” (z come in pozzo) per un paio di secchiate arrivate dal buio della notte! (clampete, clampete….. si sentono i passi soffusi degli oscuri malfattori che fuggono nella notte!)
 
IMBUZZARE
Lett: IMBUZZARE. [Mettere nel buzzo. Rimpinzare].
In italiano ha un riferimento di tipo alimentare, mentre in dialetto aveva il significato di mettere qualcosa di estraneo in un tutto omogeneo.
Introdurre, di solito per forza, o ad arte, un elemento estraneo in un contesto o già pieno oppure diverso.
Tipico esempio imbuzzare i “carichi” nel proprio mazzo giocando a briscola!
Per estensione imbuzzare significava anche far entrare un ritardatario, od un estraneo che comunque non ne aveva diritto, in una lista già completa.

 FOTO: Mario del Franceschi

 
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Minimo 3 - Massimo 50 caratteri
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Minimo 5 - Massimo 10000 caratteri

26/12/2015 - 18:45

AUTORE:
F.C.

Dal ponte della ferrovia sconosciuti tirarono una secchiata alla Grazia del Moro che ritornava a casa. La capigliatura , gonfiata come usava, si ridusse inesorabilmente. Dopo dieci minuti apparì in piazza il Moro col fucile..nulla di fatto fortunatamente