Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative.
Viva la restanza
Il futuro ci affascina e ci intimorisce. Parlare al futuro, pensare al futuro e pensare il futuro sono da sempre parole d'ordine connesse alle politiche di liberazione, ma anche più semplicemente modi di stare nel presente, attenuandone il disagio. Non so bene quando è successo, ma da un po' di tempo si ha la sensazione di una sorta di esagerazione. Evocare il futuro, vivere al futuro ci sembrano sempre più slogan pubblicitari, come quelli dove si precisa che “l'immagine ha il solo scopo di rappresentare il prodotto”, una furba espressione truffaldina che vuol significare il contrario di quello che dice. Nelle ricorrenti e roboanti evocazioni del futuro, però, neppure i più scaltri imbonitori delle coscienze hanno più un'idea di quali sarebbero, quali dovrebbero essere le immagini da associare. Quale futuro vuole la gente? O anche, più modestamente, quali cose del suo presente ognuno di noi vorrebbe portare nel futuro? O, più difficile, quali cose del nostro passato, della nostra memoria, vorremmo portare nel futuro?
Io sto dalla parte della restanza. Si, restanza, come “restare”, non per rifiutare il futuro, ma per avere un futuro dove ci siano tante cose che restano. Non le voglio inventare io, cito il Censis che elenca valori diffusi (e in pericolo): la sobrietà e la pazienza del vivere contadino; l' impegno personale nel protagonismo aziendale e familiare; la famiglia come supplente rispetto al welfare pubblico; la prossimità che permette di vivere relazioni cruciali e funzioni individuali; l’associazionismo e la solidarietà diffusa; la valorizzazione del territorio e la capacità delle realtà locali di promuovere valore. Ecco, la restanza a cui penso.
Ci sono nel nostro paese più di otto mila comuni il settanta per cento dei quali ha una popolazione inferiore a cinquemila abitanti. In questi risiede il 17 % della popolazione italiana, più di dieci milioni di abitanti. I segni dello stato che si identificano con quelli della comunità sono cose semplici: la fermata dell'autobus, l'ufficio postale, la farmacia, il centro sportivo, la scuola elementare. Ma poi, sempre come segni dove comunità e Paese si ritrovano, la chiesa, il circolo, una banca. Una volta le sezioni di partito. Nessuno dei modernizzatori che propongono di sopprimere i piccoli comuni dichiara di voler distruggere anche tutto questo, ma quando i piccoli comuni non ci saranno più tutto questo sarà tremendamente più debole, pronto per essere distrutto.
Alfio lo trovi alle due al circolo a fare la briscola, è lì che a lui, volontario della Pubblica Assistenza, dici che alle cinque c'è da fare un servizio a casa della Idona, che sono tre giorni che sta male. E il sindaco, il Poggi, è a lavorare sulla frana alla curva sulla provinciale, con l'assessore al traffico, ad aspettare i mezzi. E mentre te lo racconto, mi ricordo che dobbiamo vederci per quel progetto di educazione ambientale con le scuole... Quando tutti questi servizi che noi facciamo gratis dovremo trovarli sul mercato, non avremo la possibilità economica di pagarli.
In un'epoca in cui tutti sono proiettati in un futuro inesistente e in viaggi in posti sempre meno speciali e sempre più uguali a quello che ci vogliono far diventare...viva la restanza, che ci consente di trovare un senso nel futuro.