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Un paese che amo, il paese della mia mamma.Anche ora quando vado a RIPAFRATTA  sono la figlia della "Cocca".

Un paese con una storia importante che conserva vestigia di grande rilievo.

Un paese rimasto inalterato nel tempo, non ci sono insediamenti nuovi, potrebbe essere il set di film d'epoca perché  anche le case, le facciate conservano la patina del tempo.Un paese che è  ancora comunità.  

Ricordate il tubo di refrigerazione della nuova pista .....
. . . come minimo si risponde due volte altrimenti .....
. . . siamo a M@ sterchief. Sono anni che giri/ ate .....
. . . Velardi arriva buon ultimo.
Il primo fu il .....
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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CNA AREA VALDERA
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Pisa, 18 aprile
San Giuliano Terme, 24 aprile
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Qualcuno mi sa dire perche' rincoglionire
viene considerato un inevitabile passaggio
alla fine del faticoso viaggio
vissuto da tutti con coraggio?
Il .....
ad oggi la situazione è peggiorata
ora anche tir, pulman turistici , trattori, camion con cassoni per massi,
etc. . E ad alta velocita,
inquinamento .....
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Vite Rubate
di Fabiano Corsini

31/1/2016 - 11:48


Vite rubate
Quando cantavamo “C'era un ragazzo che come me amava i Beatles e i Rolling Stones” eravamo coscienti che quella musica, troppo carina ed edulcorata, era solo in parte lo specchio  della nostra rabbia. Dentro l'animo avevamo il tormento, non c'è generazione nascente che non abbia dilaniato il corpo e l'anima nella convinzione presuntuosa di essere la prima a scoprire la insopportabilità del quotidiano così come è. Così, qualche anno dopo,  non ci siamo preoccupati tanto quando  un Vasco Rossi, invocando una vita spericolata, evocava Steve Mac Queen, nottate alcoliche al Roxy Bar e tutto quello che restava detto e non detto.  Avevamo avuto a che fare con il mito di James Dean, di quella gioventù bruciata, Rebel without a cause, arrivata da noi impasticcata e rimasticata da Celentano “ io son ribelle nel vestire nel cantare e nell'amar la bimba mia”, il teddy boy compatibile con l'americano a Roma di Albertone. Così, nelle nostre certezze postsessantottine, abbiamo cantarellato che “solo una sana consapevole libidine salva il giovane dallo sport e dall'azione cattolica,” e abbiamo compatito distrattamente, o comunque senza capire, il nostro conoscente con il figlio morto di droga.
Oggi le parole delle canzoni dei giovani dicono : “Noi che in mezzo a queste vipere ormai ci si può convivere. Ho consumato 21 grammi di felicità per uso personale, per andare via di qua: senza più limiti, senza più lividi. Vite noiose, parchi monotematici. Se il mondo è malato aspettiamo le analisi. Siamo l'effetto collaterale di una vita tagliata male. Guardo le ferite che ci hanno lasciato per poi ricucirle con ago e filo spinato.” E ancora : “Da dove siete usciti, dice una voce incerta. Non lo so ma siamo entrati da una ferita aperta. Le cicatrici dicono di starcene fra i deboli. Parliamo col linguaggio dei segni indelebili. Disturbi ereditari, sfortunati ereditieri perché spesso chi ti giudica è il primo che poi ti trucida .”  E poi ancora “senti il rumore delle macchine arrabbiate, le urla strazianti di vite rubate. Ti guardano occhi senza fantasia, di ragazzi morti  privi di allegria. Hanno creato città desolate fatte di  inferni e vite rubate,  abitate da droghe e da eroina fonte di una vita che non cammina,  fatta di specchi di illusioni vuote e da ricordi vecchi ..una partita a scacchi con la mia malinconia”.

 
Sono giovani, ci diciamo, poi cambieranno.  E non ci sforziamo, nemmeno un po', di decifrare i messaggi, di capire la disperazione che viene gridata. Eppure noi sappiamo che dalla disperazione si può uscire solo verso la rassegnazione o verso la speranza. E siccome siamo progressisti, siamo gente di sinistra, siamo moderni, è alla speranza che pensiamo. Ma se non facciamo nulla, se le cose restano così, la via della speranza resterà preclusa per i giovani. Abbiamo bisogno di costruttori di speranza, abbiamo bisogno di una politica che torni a costruire speranza.

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