Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative.
“Devo sentire il parere dell’associazione. Sai, noi abbiamo questa regola, decidiamo insieme. Ti faccio sapere.”
Ci siamo lasciati così al telefono con Martina Battaglia, una delle animatrici di Scuola Mondo, la scuola di italiano per immigrati, che dal 2009 si tiene a San Giuliano Terme.
E la cosa mi ha colpito e mi è piaciuta. Era tanto tempo che non mi accadeva di sentire una frase come questa: “Devo sentire il collettivo.”
Poi ci siamo risentiti come concordato e dati un appuntamento.
“Ok, siamo tutte e tutti d’accordo, ci vediamo alla scuola.”
In una fase della storia in cui non esiste nessuna realtà organizzata che ormai non abbia una struttura di decisione verticale, e dove l’apparire la fa da padrone, trovare un’associazione che svolge non solo un ruolo sociale, ma lo agisce espandendo al massimo la democrazia, è una sana novità. E allora bisogna esplorare questa casamatta e fare tesoro di quelle che vengono chiamate “le buone pratiche”. Studiarne le ragioni, approfondire coi protagonisti i desideri e le passioni che le sorreggono.
Arrivo a San Giuliano un pomeriggio di febbraio. L’appuntamento è alle cinque e mezzo. Ovidio Della Croce, che ha deciso di accompagnarmi, e li conosce bene, mi sta aspettando fuori dalla porta della scuola. Ha con sé una macchina fotografica.
“Fai te, io farò le foto.” Ma so che non sarà così. Ovidio come sempre sarà curioso, chiederà, stimolerà, con quel candore intellettuale che conosco da ormai quarant’anni.
Martina Battaglia mi aspetta con altre due ragazze. Marta e Francesca. Tutte e tre hanno idee chiare, occhi sveglissimi, velocità d’azione e di ragionamento. Lo capisco dopo le prime battute. Non sono presenti a questa chiacchierata Laura, Daniela, Viola, Marta, Sara e Carlotta, le altre volontarie che si alternano nelle diverse attività della Scuola Mondo.
Mi faccio raccontare come nasce la scuola. Una reazione istintiva alla stagione violenta della legge Bossi-Fini e ai rigurgiti razzisti che si è portata dietro, mi dicono subito. Militanza pura e ovviamente gratuita. Siamo nel 2009. Cominciano a nascere luoghi di accoglienza che permettono agli immigrati di provare a integrarsi. La scuola pisana sorta a Rebeldia in via Battisti ne è un esempio. Così come alla Casa della donna, sempre a Pisa. A San Giuliano si prende spunto da quegli esempi. Un gruppo di giovani dà il via all’esperienza. Una sorta di aiuto e risposta in positivo, alla comunità migrante che a San Giuliano si è formata. Tutto all’interno di una grande flessibilità. Il permesso di soggiorno non è il lasciapassare. Alla scuola accedono tutti. Anzi, l’intenzione di partenza è dare una risposta ai più fragili. Gli invisibili.
Già il primo anno intorno alla scuola girano una ventina persone. Marocchini, senegalesi, indiani, poi dell’est dell’Europa. Intanto il collettivo comincia a porsi il problema di superare la fase dello spontaneismo e approfondire “il saper fare”. C’è una buona rotazione di insegnanti, tutti studenti o neo laureati, “e poi arriva anche Anna.” Dicono. La grande Anna. Che è Anna Calloni, molinese doc, insegnante di lingue e lettere alle medie locali ora in pensione e sempre impegnata nel volontariato. Nel 2012 il gruppo si dà una struttura più stabile con il passaggio della forma organizzativa in associazione. È il periodo dell’emergenza Nord-Africa. Viene coinvolta a collaborare anche l’associazione de La Zattera, che già ha progetti col Comune. L’associazione aderirà all’Arci diventandone un circolo. Il nome è bello e chiaro: Scuola Mondo.
Mi parlano dello scambio e della restituzione dei saperi. All’imparare l’italiano, i senegalesi rispondono “e si sdebitano” insegnando il francese. Uno sloveno ha insegnato inglese e si è tentato anche di imparare l’arabo. Poi è nata la collaborazione col Centro Nord/Sud della provincia di Pisa con l’attivazione dei fondi FEI (Fondo Europeo per l’Integrazione). Interessante è quando mi raccontano del corso della mattina per donne immigrate e la scoperta di una marginalità (le casalinghe) nella marginalità. Ogni anno, alla fine dei corsi della scuola, fanno un grande pranzo di finanziamento in un circolo Arci.
Martina approfondisce un po’ di cose sulla scuola e poi mi parla del progetto Verdigi (intestato al giovane che annegò a Marina per salvare dal mare due bimbetti) che hanno vinto per due volte. Mi racconta il campo estivo nel centro civico di Ripafratta e le difficoltà del lavoro coi bimbi rom, soprattutto lo scontro con una parte della popolazione contraria.
“Queste cose generano conflitto. A oggi non riusciamo a trovare un luogo per fare doposcuola a questi bimbi”. Parlano di un rapporto dialogante con l’amministrazione e di una posizione ferma tenuta dal vicesindaco in assemblee infuocate. Ma sottolineano che sembra che l’associazione sia richiesta solo nei momenti dell’emergenza. Su questo l’intervento di Francesca Gabbriellini è chiaro: “C’è un problema di progetto delle istituzioni, che va consolidato e fatto programma, non può essere solo contingenza ed emergenza.” E lo dice con passione civile. Con ragioni da vendere.
Alla spicciolata arrivano gli studenti; si siedono intorno al grande tavolo che prende quasi tutto lo spazio della stanza. Ci presentiamo. Martina dice che siamo due giornalisti, io e Ovidio ci guadiamo sorridendo. E poi gli studenti: Islam che parla per prima, chiacchierona ed estroversa, e poi la sorella Amal e la madre Fatima. Dopo un po’ arriva anche il fratello Idriss che era a giocare a calcio a Gello. Lui dice di essere nato a Bologna. E poi Daniel, un rumeno di 26 anni che racconta di aver praticamente fatto il mediatore culturale nell’esperienza coi bimbi rom. Soulye è senegalese, Hamza è un po' taciturno e Lucia, una ventiseienne, slovacca che ci racconta una ricetta (sarà uno dei temi del giornalino di cui dopo parleranno) e Hicham che sta in Italia da otto anni e quattro alla scuola. Altri non ci sono ma ci saranno.
Tutti dicono che le maestre sono brave. Le ragazze si guardano e sorridono per un attimo, e per poco sembrano colte da sano imbarazzo. Poi inizia la lezione e la lettura del giornalino che hanno contribuito a fare. Ogni tanto Ovidio fa lo stimolatore e scatta foto. Si ride e ci si distrae, allora Martina, autorevolissima, richiama all’ordine i distratti. Poi scrive sulla lavagnetta parole trovate e articoli. Martina non ha l’aria della leader canonica, ma lo diventa per come parla dell’esperienza, per come si sofferma sulle cose. Martina ci crede e chi ha davanti lo percepisce.
A poco a poco, mano a mano che il lavoro incalza, la mia presenza intorno a quel tavolo, giustamente sfuoca. Mi alzo cercando di distrarre il meno possibile e saluto. Arrivederci Tuttomondo, mi correggo al volo: arrivederci Scuola Mondo! Apro la piccola porta della stanzina, scendo lo scalino e sono nella strada; solo nell’aria fredda di febbraio. Ormai è buio, sono quasi le otto. D’un tratto come un lampo, mi torna in mente lo slogan che mi ha accompagnato per anni all’Arciragazzi e che non mi ha mai abbandonato. “Cittadini del mondo”. Oggi ho rivisto quello spirito. Se cambierà qualcosa partirà senz’altro da questi luoghi. Queste piccole-grandi casematte.