Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative.
Molto prima dell’a.C.
Gli etruschi camminarono verso est e sul mare fondarono una città cui venne dato il nome di POPLUNA come una delle loro dee buone, traversarono il mare e incontrarono un'isola aspra, brulla e sterile che chiamarono URGO come uno dei loro dei cattivi. Quelli che erano andati a nord incontrarono un fiume che presero come confine delle loro terre e lo battezzarono AESAR, dio né buono né cattivo, ma l'uno o l'altro a seconda delle stagioni.
Anno 400 d.C. circa
Il fiume rovinava dalla gola di Ripafratta nella campagna pisana, allagando campi e paesi, senza prima non aver risparmiato la valle lucchese e fatto allontanare mercanti e bestiame che, dalle città del nord, usavano quella via per raggiungere la costa tirrenica.
Le paludi sommergevano il farro appena nato, gli agnelli morivano rimasti impastoiati nel fango lasciato dalle acque ritiratesi dai pascoli, i cereali marcivano dalla troppa umidità e le vie divenivano sempre più insicure per gli smottamenti e per la mancanza di sicure segnalazioni.
Le montagne che facevano da confine al territorio pisano facevano anche da diga a quelle acque che i generosi monti apuani riversavano copiosamente da mille ruscelli. Tutta la valle era, in certi periodi dell'anno, invivibile e quello che l'estate prometteva, l'autunno con le sue piogge e la primavera con i disgeli, annullava.
La strada da Roma, arrivata a Pisa e traversato l'Arno, proseguiva verso i monti, toccava le Terme pisane, correndo ai piedi di quella catena di piccole montagne, verso Luni e la Francia. Era l'ultimo tratto di una via consolare, la Via Emilia Scauri, che era nata a Roma e terminata a Civitavecchia, ma ripresa e fatta arrivare a Ventimiglia ad opera di Aurelio e di cui prese il nome per l'intero percorso.
A Pisa passava a metà città su un ponte di legno dietro l'Oppidio, più avanti del punto d'incontro di due fiumi che, nell'anno 6, Strabone vide congiungersi con una violenza tale che, chi stava in piedi su una riva, non vedeva l'altra sponda. Un fiume era l'Arno, che veniva da Firenze attraverso fertili campagne e l'altro era un fiume di minore importanza, ma non da sottovalutarne la portata.
Dalla strettoia di Ripafratta, il cui nome ci rende bene l'idea della struttura del luogo, le acque che avevano impaurito e recato danno ai lucchesi, non ancora paghe né dome, non risparmiavano neanche la zona pisana.
Rutilio Namaziano, in un suo viaggio da Roma a Luni nel 424, approdò nel Sinus Pisanus, prese un cavallo da un suo conoscente che abitava a Pietra ad Gradum e si recò a visitare Pisa. Anche lui narrò del violento congiungimento dei due fiumi e nel suo racconto dice anche di aver sentito dire che la zona a nord della città, quella al di là dei due fiumi, era "ricca di rane".
Anno 550 circa
Lampi e tuoni illuminavano e scuotevano i poveri contadini. Scrosci d'acqua entravano dalle fessure dei tetti, un fiume di fango correva per le strade portando con sé mucchi di fieno ed animali che non avevano avuto tempo di entrare nelle stalle. Tutta la notte vi furono pianti ed urla, le lacrime dei poveri lucchesi si mescolavano alle gocce di pioggia e le strida ai tuoni.
Al mattino non ci furono danni da misurare, era distrutta ogni cosa e la fortuna che non vi fossero state vittime umane fu attribuita non al caso, ma alla provvidenza divina. La nuova religione cristiana aveva preso largamente piede tra quella gente che fu subito pronta a pregare Dio affinché fosse ancora più benevolo nei loro confronti. Andarono in corteo a Lucca a supplicare quel sant'uomo del vescovo Frediano che pregasse per loro. Frediano aveva studiato ingegneria a Roma ed aveva già fatto per suo conto sopralluoghi nei dintorni di Lucca per studiare la natura del terreno e, in special modo, l'aspetto idrologico della valle.
Il terreno in leggera pendenza e una minore lunghezza del fiume avrebbero fatto defluire più velocemente le acque evitando straripamenti e ristagni. Bastò una piccola fossetta e la violenza dell'acqua fece il resto. La corrente portò via detriti sassosi e terra, allargando l'alveo e facendo azione di colmata nelle parti più basse. Il nuovo corso verso nord-ovest non era più ostacolato dalla confluenza ortogonale all'Arno che ne impediva il normale deflusso, ma ebbe ora una sua foce traversando la selva Palatina a Migliarino.
Il popolo non sapeva nulla di idrologia, non voleva credere che sarebbe stato così facile rimediare ad anni di inondazioni e disastri, la loro fede in Frediano fece del suo lavoro un miracolo, la costruzione del fossato del nuovo corso, anche se non grande opera, non pesò su di loro con nuove gabelle per la paga degli operai, ma fu tutto attribuito al Santo che tutti giurarono aver visto prendere un rastrello, tracciare un solchetto e pronunciare le sante parole :
"Acque, seguitemi."
Nell'iconografia popolare, da secoli, San Frediano è riprodotto con un rastrello in mano, simbolo del suo lavoro miracoloso.
Anno 1162
Pisa fece una strada fino a Pontasserchio dove fu costruito il primo ponte, in legno, sul Serchio.
Anno 1493
Leonardo da Vinci tornò in Toscana per disegnare una pianta dei paesi e fare uno studio delle acque. Visitando la nostra provincia disse che si doveva prenderla a modello "affinché non vi siano o fatti essere terreni umidi in talo modo".
Dopo mille anni non si era ancora arrivati ad una sistemazione delle acque.
Anno 1824, luglio
Carlo Lodovico, Infante di Spagna, Duca di Lucca, paga 12.900 lire per la sistemazione delle rive del Serchio nel tratto Ripafratta-Pontasserchio.
Anno 1858
Dalla Società Anonima del Ponte sul Serchio presso Vecchiano viene aperto il nuovo ponte in pietra dopo 500 anni dalla distruzione, ad opera dei Fiorentini, di quello in legno di fronte al Castello di Avane (o di Rosaiolo).
(questa solo un po' di storia, alla prossima... si vedrà!)