Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative.
“C’è qualcuno che si sentiva in guerra, che lo aveva deciso da solo, che si mise a sparare“.
Questa è la folgorante verità che è contenuta all‘interno del libro di Mario Calabresi “Spingendo la notte più in là“. La pronuncia la figlia di una vittima del terrorismo, per spiegare ai suoi figli la morte del nonno, medico che aveva denunciato gli infermieri che sabotavano l‘ospedale in cui lavorava. Marangon, così si chiamava, fu ucciso il 17 febbraio 1981 dalle brigate rosse. La moglie assisté dalla finestra all‘omicidio e accorrendo non poté che dire al marito già morto, mettendogli le mani sul viso coperto di sangue “Ci dobbiamo salutare“.
In questo libro c‘è tutta l‘umanità, il dolore, la disperazione di chi si è visto squassare la vita da una violenza che molti di noi tacitamente giustificavano in qualche modo. Ma non c’era una guerra civile in quegli anni, c‘erano ingiustizie e sete di cambiamento, sacrosante lotte, voglia di libertà ed eguaglianza. Qualcuno ha pensato che dovesse passare attraverso la violenza ed il sangue versato. In nome di tutti, con l‘arroganza e la presunzione di imporre un‘idea della libertà declinata nella loro versione. Nel libro la vicenda del commissario Calabresi di cui l‘autore è il figlio, è emblematica del clima d‘odio, di vendetta, di intolleranza che c’era in quegli anni. La morte del padre ha devastato la vita di Mario Calabresi e della sua famiglia. Per anni si è sentito prigioniero dei pregiudizi rivolti a suo padre, considerato l‘assassino dell‘anarchico Pinelli. Per anni, nonostante un giusto processo svolto dal giudice D‘Ambrosio avesse stabilito che il commissario Calabresi non poteva aver commesso il fatto, la sinistra ha mantenuto un atteggiamento connivente con questa tesi. Tutto questo poteva portare un uomo come Mario a chiudersi in uno sguardo torvo e avvelenato verso il mondo. Lo ha salvato sua madre, giovane donna all‘epoca dell‘omicidio, che ha insegnato ai suoi figli la tolleranza ed il rispetto delle opinioni altrui. Mai l‘odio.
“La giustizia appartiene allo stato non sono questioni private“ afferma Gemma Calabresi.
Non tutti coloro che hanno vissuto questo dramma e le cui storie sono riportate insieme alla sua in questo libro, hanno avuto la stessa fortuna. La figlia del poliziotto Custra, ucciso nel 1977 durante una manifestazione di piazza da quel ragazzo che fu immortalato mentre a piedi divaricati impugna la P 38, non ha avuto più una sua vita. Lei è nata dopo pochi giorni la morte del padre ed ha sopportato il dolore ammutolito della madre e il silenzio dello stato. Qualche volta, molte volte la mancanza di decenza degli ex brigatisti. Avrebbero dovuto scegliere un basso profilo, perlomeno non cercare di entrare nelle istituzioni che avevano sempre combattuto. La sua scelta, la scelta obbligata di questa piccola donna, è stata l‘anoressia e la bulimia. Non sempre la vita ti permette di sciogliere il nodo che hai dentro, e le scelte sono “obbligate“.
Ti chiedo perdono Antonia Custra, da parte mia e di uno stato latitante. (Non sono sicura che Sofri abbia “ordinato“ l‘esecuzione materiale di Calabresi. Sicuramente è responsabile del clima d‘odio fomentato da Lotta continua). D‘altronde non posso neppure dimenticare Franco Serantini, ucciso barbaramente dalla polizia a Pisa. Erano tempi difficili, i nemici andavano uccisi. Non erano persone portatori di una vita unica ed irripetibile.
Adesso serve pacificazione ma anche memoria.