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È possibile dipingere il silenzio?
Gavia ci prova con le immagini dei mondi che lo evocano.

In un tempo fatto di parole, porre l’attenzione sul silenzio è riflettere su quello che forse più manca oggi: l'ascolto, il saper ascoltare. 
Questa nuova mostra di Gavia vuole essere come l'artista stessa ama, uno spazio di incontro e di condivisione di un senso comune all’interno di una situazione pittorica, materiale e artistica ma anche il luogo dove possa emergere una realtà di emozioni 

Fino ad adesso non mi sono espresso sulla "svolta" .....
Cani: quando è obbligatoria la museruola?
La museruola .....
Le “forti piogge che alterano la qualità dell’acqua .....
. . . gli Usa non sono il mio paese di riferimento, .....
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Abbiamo  scelto di diffondere il materiale del Festival di bioetica non solo per il tema di questo anno che riguarda così da vicino il futuro anche di noi donne ma  per onorare  la numerosa partecipazione femminile nella organizzazione e in tutti i  vari ambiti degli interventi che ne farà un Festival di grande interesse per noi donne .

per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
Di Umberto Mosso
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Di Roberto Zangheri
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Intervista a Maria Elena Boschi
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di Mario Lavia
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di Massimiliano Ghimenti
Sindaco di Calci"
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di Emanuele Cerullo
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Incontrati per caso...
di Valdo Mori
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Dal Wueb
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Incontrati per caso...
di Valdo Mori
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E settembre vien danzando
vien danzando alla tua porta:
sai tu dirmi che ci porta?
Tante uve, bianche e nere
fichi e mele con le pere
e di zizzole .....
Nel paese di Pontasserchio la circolazione è definita "centro abitato", quindi ci sono i 50km/ h max

Da dopo la Conad ci sono ancora i 50km/ h fino .....
Le Parole di Ieri
Da Marmottina a Mattie

8/4/2016 - 17:26

MARMOTTINA
Lett: MARMOTTA.
Diminutivo di marmotta, in italiano il vocabolo è riportato in un detto “c’è la marmottina” per sconsigliare ai ragazzi di non aprire un pacco, una scatola, con la minaccia che all’interno ci sia una piccola marmotta che li può spaventare.
In dialetto aveva assunto un significato completamente diverso ed indicava invece un piccolo malanno, un’indisposizione, comunque una malattia non grave, di solito una forma di raffreddamento.
T’ho preso ‘na marmottina!”: ho preso un bel malanno!
 
MARPIONE
Lett: nc.
Nessun corrispettivo in italiano, marpione indicava in dialetto un furbacchione, un raggiratore, una persona che con abilità, anche se un po’ ai limiti della legalità, riusciva ad ottenere cospicui vantaggi da una determinata situazione.
 
MASA
Lett: nc.
"Fare la masa" era una punizione corporale molto lieve che si infliggeva di solito ai bambini, con l’intento di provocare loro solo un piccolo dolore. Consisteva nello struciare fortemente la mano chiusa  a pugno sul cuoio capelluto causando una sensazione più fastidiosa che dolorosa, un ammonimento, con funzione più correttiva che punitiva.
 
MASCE’
Lett: nc.
Termine probabilmente derivato dall’inglese “mashed” macinato, anche se l’accento finale sarebbe tipico della lingua francese. In francese però è “purè” ed in italiano non esiste un termine unico per indicare queste patate cotte nell’acqua e poi passate con il colino ed unite a latte e burro.
  
MASSAIA
Lett: MASSAIA. [Donna che ha il governo della casa, ne amministra le cose. Moglie del massaro].
Massaia è la donna di casa, che amministra a dirige la vita di tutta la famiglia, riferibile oggi al termine casalinga con un significato però molto diverso.
Se il termine casalinga oggi indica una figura femminile un po’ in subordine rispetto alle donne che lavorano e fanno carriera, il termine  massaia conteneva al contrario un segno di merito, di rispetto, una specie di apprezzamento per il duro lavoro della casa e per l’oculatezza con cui venivano gestiti i mezzi economici, spesso appena sufficienti, dell’intera famiglia.
Massaia veniva chiamato anche il recipiente di rame, o di lamiera zincata, in cui veniva fatto il bucato e che prese il posto delle conche di coccio, assai più fragili e molto pesanti.
Era un grosso recipiente, slargato in alto, in cui venivano messi i panni sporchi con l’acqua e il detergente. Il detergente era rappresentato dalla lisciva o liscivia, potassa caustica e soda, che le massaie compravano dall’acquettaio, venditore ambulante che girava i paesi vendendo prodotti per la pulizia della casa, fra cui anche l’acquetta o varechina e il turchinetto.
Le massaie più moderne presentavano al centro una specie di tubo aperto che comunicava col fondo in modo che, messe sul fuoco, l’acqua potesse circolare dal fondo alla cima, un po’ come le macchinette per il caffè. Alla parte superiore del tubo si collegava un cerchio di ferro, rotondo, da cui partivano dei bracci metallici che si bloccavano ai bordi del recipiente riuscendo a mantenere il contenuto completamente sotto il livello dell’acqua.
Dove non arrivava l’acquettaio, le massaie, le donne di casa, riuscivano ugualmente a fare il bucato anche senza liscivia utilizzando per questo la cenere del camino.
Il recipiente utilizzato molto spesso era la conca, un grosso recipiente di terracotta largo una settantina di centimetri, svasato, che serviva per molti scopi. Prima di tutto era utile per lavare i bambini che vi entravano comodamente dentro, poi per il lavaggio dei panni comuni tramite una tavola che veniva appoggiata sopra detta scolatoio, ed infine per il bucato straordinario delle lenzuola. Sopra i panni, che riempivano completamente il recipiente, veniva adagiato uno spesso telo di stoffa grezza detto cenerone su cui veniva steso uno spesso strato di cenere. Su questo veniva versata acqua bollente fino a riempire completamente il recipiente. Veniva poi aperto il foro situato sul fondo (chiuso di solito con un tappo di sughero foderato di stoffa), l’acqua veniva recuperata con un paiolo, riscaldata nuovamente e ributtata sulla cenere. Questa operazione era ripetuta fino a che anche l’acqua dal fondo non fosse uscita bollente. A questo punto ci si fermava e si faceva riposare il bucato fino al mattino successivo. L’acqua si era raffreddata e le lenzuola e gli altri panni potevano essere estratti dalla conca, strizzati e stesi ad asciugare.
L’acqua residua era diventata viscida e biancastra e prendeva il nome di ranno o rannata.  Non veniva gettata ma mantenendo ancora un certo potere detergente era utilizzata per lavare gli altri indumenti più leggeri. Durava ancora diversi giorni, fino a quando, alla fine della settimana, veniva utilizzava come detergente per lavarsi i capelli.
 
MATTIE
Lett: nc.
Derivato sicuramente da matto, indicava i giochi dei bambini, le ruzze, a volte incomprensibili per i grandi e quindi considerate cose da matti.
A volte usato anche per gli adulti:
ma c’hai le mattie!” “ma c’hai le ruzze!” : hai voglia di giocare?

 

FOTO: Il ristorante da Natalino alla Bufalina

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28/4/2016 - 19:05

AUTORE:
cantieri

la bufalina è a torre del lago
natalino a marina di vecchiano