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Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative. 

E non c'è da cambiare idea. Dopo aver sostenuto la .....
. . . sul Foglio.
Secondo me hai letto l'intervista .....
L'intervista a Piazza Pulita è di 7 mesi fa, le parole .....
Vedi l'intervista di Matteo Renzi 7 mesi fa da Formigli .....
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Arabia Saudita
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Incontrati per caso...
di Valdo Mori
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Dalla pagina di Elena Giordano
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storie Vere :Matteo Grimaldi
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Indaco il colore del cielo
non parimenti dipinto
Sparsi qua e là
come ciuffi di velo
strani bioccoli di bambagia
che un delicato pennello
intinto .....
tutta la zona:
piscina ex albergo
tutto in stato di abbandono

zona SAN GIULIANO TERME
vergogna
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Sfollati da Pisa a Filettole (1944)

27/5/2016 - 15:25





Nistri e Lischi editori in Pisa nel 1945 pubblicarono un libretto: Barbarie tedesca, il martirio delle popolazioni della Val di Serchio sotto il barbaro dominio tedesco dal settembre 1943 al settembre 1944. L’autore era Emilio Pasetto, un pisano che fugge dalla città bombardata e va sfollato a Filettole. Questi capitoli sono quelli che riguardano il nostro comune, ma ve ne sono altri del circondario.
 
  Salvatomi par miracolo dietro l’uscio di casa, corsi al vicino rifugio per vedere certi parenti cha sapevo trovarsi là con certezza e quindi risolsi di allontanarmi dalla città, rimasta senza luce, senz’acqua e senza gas, e che ormai non aveva più tetto per me.  Passai dinanzi al palazzo Paradisi, dove erano rimaste sepolte dalle macerie 35 persone che ivi stavano attendendo il passaggio del tram Pisa—Pontedera e, attraversata la Piazza V. Emanuele dove erano già allineati lungo il ciglio del marciapiede parecchi cadaveri, sempre camminando fra rovine di ogni specie, giunsi a Porta Nuova.
lvi un conoscente da me pregato mi fece sedere sulla canna della bicicletta e mi condusse faticosamente, tra una fiumana di gente che fuggiva ancora inorridita, fino alle vicinanze di Filettole, dove avrei trovato ospitalità presso un parente.
Filettole è la terra classica del fascismo delinquente e assassino. Vi dominò già quel tale, che alle persone di nuova conoscenza si presentava cosi : “Sandro Carosi: 11 omicidi e 18 ferimenti “. L’altro naturalmente .... gli stringeva la mano. Di quel figuro si raccontano cose mostruose; tra le altre quella di aver costretto un contadino a prestarsi all’esperimento che rese immortale Guglielmo Tell. Gli fracassò il cranio e fu per questo processato; ma trovò un giudice che lo assolse, limitandosi a raccomandargli che un’altra volta si mostrasse più... prudente!
Del resto Filettole è un paesino dalla popolazione modesta e operosa. Certamente non mostrava simpatia verso gli sfollati, che considerava degli intrusi e della gente non degna di considerazione; ma ciò si deve all’egoismo ignorante e all’acceso campanilismo della popolazione.
Filettole è sulla destra del Serchio e, prima dell’agosto del ’44, era congiunto con Ripafratta per mezzo di un ponte in cemento armato. Non offre grandi prospettive, ma, disposto come è, a semicerchio, e per tre quarti collinoso, è luogo assai ameno.
I prossimi mesi passarono in relativa tranquillità, salvo che le provviste dei viveri erano difficili e quanto mai costose. Di olio, lardo e burro soltanto quel poco che era concesso dal tesseramento, il vino carissimo ed il latte in minima quantità, e non sempre reperibile. Un tale che a me, malandato in salute e diabetico, ne aveva promesso un litro giornaliero alla presenza del suo padrone, prof. Concetto Marchesi, mi mancò di parola due giorni dopo, appena cioè che il professore, mio ottimo amico, si fu allontanato dal suo eremo, preferendo esso di portarne due fiaschi giornalieri a una signora, che forse glielo avrà pagato un soldo di più al litro, e lasciando cristianamente me in disparte. E questo contadino è — dicesi — terziario francescano!
Ma il disagio maggiore era causato dalla mancanza di qualsiasi mezzo di locomozione. Per recarmi a Pisa a riscuotere la pensione, dovevo andare a piedi fino ad Avane, dove una diligenza mi portava in città; ma poiché il vetturale, per paura degli allarmi aerei, faceva ritorno ad Avane alle 10, accadeva talvolta che la ressa allo sportello della Banca non mi permettesse di riscuotere in tempo. E così me ne tornavo a Filettole, leggero, leggero, senza avere concluso nulla.
L’8 settembre il Maresciallo Badoglio, che già aveva dichiarato che la guerra sarebbe. continuata, annunziava ora al popolo italiano che, interprete del sentimento generale, aveva chiesto l’armistizio di pieno accordo col re. Immense esplosioni di giubilo avevano accolto questo annunzio, sia nella città, sia nei centri rurali, perché effettivamente gli italiani erario ormai esausti ed incapaci di continuare il conflitto, privi come erano di sufficiente armamento e di volontà combattiva.
Ma mentre il governo badogliano si accingeva a mutare il volto del Paese e a sopprimere ogni organo e ogni parvenza di fascismo, sempre nell’intento di salvare la Monarchia, si diffondeva insistentemente la voce che Mussolini, già catturato da Badoglio, era stato liberato in modo veramente romanzesco da emissari di Hitler, che Badoglio era fuggito da Roma e che il fascismo tomava a dominare il Paese.
Tutto questo corrispondeva a verità!
Era dunque stato un puro sogno quello di aver veduta così  vicina la liberazione dalla dittatura e dalla tirannide! un triste sogno!
Kesselring, comandante in capo delle forze tedesche in Italia, pubblicò un violento messaggio al popolo italiano, al quale gridava “ora basta col tradimento! Due volte fummo traditi, ma non tollererò più che si attenti alla nostra potenza! I responsabili di questa situazione la pagheranno ben cara!”
L’Italia tornava sotto l’incubo della barbarie tedesca. E in realtà cominciò da allora una vita sempre più meschina e sempre più angariata, non solo nelle città, ma anche— e forse più — nelle campagne, dove gli sfollati, rifugiati sotto i portici, nelle soffitte, nelle stalle, soffrivano già molto per i disagi e le privazioni di ogni sorta e anche per la mal celata ostilità con la quale per lo più li guardava la popolazione del luogo.
Di lì a poco fu interrotta ogni comunicazione telegrafica e telefonica con le città e i paesi, e in seguito furono chiusi anche gli uffici postali e soppressa la stampa e ogni servizio pubblico. Così chi scrive queste pagine si veniva a trovare nella tragica situazione di non poter più riscuotere la sua pensione, né il sussidio militare dovutogli per un figlio prigioniero né ritirare una piccola somma depositata presso un ufficio postale: a tutto ciò si aggiunga che egli aveva ormai dato fine al modesto gruzzolo de' suoi risparmi.
In questo tempo la citta di Pisa era stata ancora bombardata, e sempre nella parte meridionale, a cagione della ricostruita stazione centrale, il 23 settembre e poi il giorno successivo; attacchi numerosi vennero in seguito anche contro la parte destra della città, e con danni gravissimi; ma specialmente era presa di mira la stazione di Porta Nuova, a S. Rossore, che i tedeschi riuscivano tuttavia a rabberciare assai sollecitamente.
Troppo premeva loro di mantenere in efficienza le comunicazioni con Firenze, dove era il concentramento delle loro forze!
Intanto, poiché l’operato di Badoglio aveva pur rivelato qualche cosa, il reincarnato governo di Mussolini decise di mutare il nome del partito fascista in quello di Partito repubblicana fascista; e poiché ora si fidava poco del corpo dei Reali Carabinieri, istituì anche quello delle guardie repubblicane, che, almeno in Pisa, furono reclutate fra gente senza scrupoli e della peggiore risma.
Una sintomatica operazione, compiuta dall’arma dei carabinieri e delle guardie repubblicane, per ordine del comando tedesco, fu il rastrellamento di tutte le armi da fuoco: denunciata o no, ogni arma doveva essere entro tre giorni consegnata agli organi designati, pena la fucilazione.
Fu questo il primo atto di un piano ben determinato della spietata vendetta teutonica, che mirava :
1) a disarmare il paese e a renderlo così innocuo;
2) a vessarlo e a calpestarlo in modo umiliante;
3) a massacrarlo e, da ultima, a sopprimerlo, lasciando in vita soltanto i compari fascisti e i delatori (de’ quali purtroppo era ben fornita ogni città ed ogni borgata).
L’avvenire si prospettava sempre più minaccioso. I tedeschi falciavano il grano ancora in erba per darlo a mangiare ai cavalli o introducevano addirittura gli animali nei campi o spianavano i filari delle viti coi carri armati; portavano via nei paesi a chi il maiale, a chi le galline, a chi i conigli; e a Pisa, come a Livorno, mentre bande di scassinatori e di ladri svaligiavano le case bombardate e abbattute, le guardie repubblicane facevano comunella con essi: nessuna autorità frenando quelle orde notturne di anarchici delinquenti, che finivano di compiere l’opera terribile dei bombardamenti, togliendo agli sfollati anche la speranza che, tornando alle loro case, avrebbero almeno ritrovato qualche cosa del loro avere. Poi cominciarono le perquisizioni arbitrarie nelle abitazioni cittadine e campestri. Col pretesto di rovistare per trovare nascoste armi o merci clandestine, le guardie repubblicane e i tedeschi portavan via la biancheria e i pochi oggetti preziosi che rinvenivano nelle case, e, per ispregio, sparavano colpi di rivoltella contro le suppellettili tutto fracassando e devastando.
Nel novembre e dicembre del ’43 e nel gennaio del ’44 si poteva ancora andare da Filettole a Pisa con la diligenza di Avane o con quella di Molina di Quosa; ma erano questi mezzi molto scomodi per chi si moveva da Filettole. Si preferiva perciò servirsi dell’unica corsa ferroviaria, che da Lucca per Ripafratta e S. Giuliano conduceva a S. Rossore. Bisognava trovarsi alle 6 precise del mattino alla stazione di Ripafratta, dove si saliva su certi vagoni senza predellino o addirittura su carri bestiame, ed era un problema il salire, lo scendere e lo stare ritti. Poi vi era una sola corsa per il ritorno, verso le cinque del pomeriggio; e la ressa nelle vetture era tale che, a non essere fomiti di buoni apparati respiratori, si correva pericolo di rimanere asfissiati.
Si aggiunga che tali corse erano sempre sorvolate da apparecchi anglo-americani, che costituivano un incubo per i viaggiatori. Intanto nei bollettini di guerra si cominciava a parlare di formazioni di partigiani anche in Italia, e si diceva che non erano pochi: parecchie diecine di migliaia, operanti di conserva con gli alleati, i quali cercavano di rompere ad ogni costo l'ostacolo di Cassino per salire verso il Po.
Ma il passaggio delle forze tedesche provenienti da Viareggio e da Lucca per Pisa e Livorno era incessante; di giorno, e di notte specialmente, lunghe teorie di carri armati, di automezzi, di camion e colonne di soldati si avviavano verso il sud, e già si prevedeva prossima una fase, forse risolutiva, della guerra.
Queste colonne in marcia erano però sistematicamente bombardate e mitragliate lungo il cammino ed è da credere che giungessero decimate alla loro destinazione.
Frattanto i bombardamenti, sempre più potenti nel maggio e nel giugno, interrompevano e distruggevano tutti i servizi ferroviari e le comunicazioni anche secondarie. Pure la ferrovia Lucca-Pisa fu più volte mitragliata in questi mesi, specie a Porta Nuova: tuttavia continuava il servizio, e tutte le sere lunghe file di carri trasportavano materiali e munizioni. Anzi io mi chiedevo spesso perché si permettesse dagli alleati un transito cosi intenso senza che si provvedesse ad interrompere definitivamente anche questa linea ferroviaria, come si faceva per tutte le altre .... Le ragioni vi saranno state, ma non erano visibili a un profano.
Quanto maggiori erano i successi degli alleati, comunicati da Radio `Londra, tanto più cresceva il malanimo dei tedeschi verso le popolazioni.
Ogni tanto si propalava ad arte la voce che un filo telefonico o telegrafico — ne avevano stesa una rete fittissima che univa i loro comandi — era stato tagliato o interrotto; e ciò serviva di pretesto per arrestare quindici o venti persone del borgo vicino, che si tenevano in ostaggio per fucilarle nel caso che si ripetesse l’atto inconsulto, mentre altre persone, presunte anti fasciste o anti tedesche, su designazione dei fascisti locali, dovevano prestarsi a fare un servizio di vigilanza diurna o notturna ai fili medesimi.
Da ultimo furono abbattuti lungo le vie maestre i pali e le antenne reggenti i fili telegrafici e telefonici, che rimasero abbandonati in disordine sul ciglio delle strade, mentre i grossi pali di legno venivano segati e accatastati per arderli nel prossimo inverno. Era uno spettacolo desolante!‘
Si vedeva anche dai tedeschi e dai fascisti con mal celato astio che i successi degli alleati erano sempre più ragguardevoli e che il popolo godeva nell’udire le notizie della vittoriosa avanzata da Anzio a Cassino. Un operaio della Todt raccontò una sera che certi ufficiali addetti alla sorveglianza dei lavori di fortificazione in Tombolo, avevano pronunciate parole di fuoco contro gli italiani, e aggiungeva che tra l’altro avevano detto: “Voi credete, lavorando per noi, di farvi perdonare il vostro tradimento: siete in errore, perché in ultimo non vi resteranno che gli occhi per piangere e i denti per mangiarvi l' un l'altro”.
E non mancò molto che, in seguito, l’oscura minaccia si traducesse in tragica realtà.

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Minimo 5 - Massimo 10000 caratteri

3/6/2016 - 10:13

AUTORE:
Osservatore 3

Molto interessante questo racconto su quegli anni difficili. Sono così lontani dal mondo di oggi che sembra non ci appartengano, e per questo la vita difficile e tragica di qugli anni viene ignorata da tanti nostri giovani. Anche in questo campo, come in quello dell'educazione e della convivenza civile la scuola dovrebbe assumere una maggiore responsabilità.