Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative.
Tamburini & Confronti: lo schema bipolare plebiscitario
La campagna elettorale vecchianese per le Amministrative 2016 ha subito una brusca impennata ieri sera col faccia a faccia tra la nostra candidata Sindaco - Gabriella Sani - ed i candidati di IPV e di Centro-Destra per Vecchiano al Circolo ARCI di Migliarino.
È stato un confronto sereno - aldilà di tutte le possibili considerazioni politiche - guastato solo dalla latenza di Nicola Tamburini il quale, per carità, trovandosi nel diritto di condurre la campagna elettorale seguendo traiettorie di proprio gradimento e concezione, ed avendo evidentemente programmato un evento pre-elettorale di diversa natura, poteva avere ottimi motivi per non esserci.D’altra parte «nella tana del lupo» non si entra volentieri, ne’ lo si fa con tanta spensieratezza o spontaneità, e se per i «ragazzacci» della mia lista - spesso nati, cresciuti e vissuti nei circoli ARCI del nostro Comune, benché oggidì deprivati della loro cittadinanza - non deve essere stato tanto intellettualmente impegnativo riappropriarsi - seppur per un paio di ore soltanto - di uno spazio appartenente loro ben più di quanto non competa ad una buona parte di accoliti di Massimiliano Angori, per un Fabrizio Grossi è da ritenersi assai meno rilassante entrare nell’agorà migliarinese - un tempo fulcro della Sinistra e cuore pulsante di ogni attività sociale, oggi ridotto ad una proto-impresa come la maggioranza dei circoli - e accettare di confrontarsi «alla pari» con chicchessia.
Dunque comprendo perfettamente che anche per Nicola Tamburini compiere uno sforzo di quelle proporzioni abbia potuto non essere propriamente la prima scelta per l’immediato dopocena dell’ultimo giorno di maggio a 5 giorni dalle elezioni.A occhio e croce il confronto di ieri sera poteva considerarsi - almeno sulla carta - una sorta di «Torneo TIM» calcistico, ospitato al San Siro dal Milan e con la partecipazione del Carpi e del Sassuolo, benché a conti fatti il padrone di casa in pectore si sia rivelato - al cospetto di due competitor per niente timorosi, assai combattivi ed a proprio agio - una sorta di malinconico Golia di fronte a due implacabili David.L’appello al voto di Massimiliano Angori - ciliegina sulla torta di un’infinita teoria di «compitini a casa» ostesi al prof. di turno con martellante e soporifera pedanteria, se non talvolta con impacciato senso di contraddizione - è calato sulla platea migliarinese come lo scolaretto secchione avrebbe vomitato il «5 Maggio» di manzoniana memoria al vertice di una spasmodica arrampicata sugli specchi scolastica, dopo aver trascorso giorni e giorni a studiare a memoria la silloge.
Ma d’altra parte, questo è il succo della democrazia nell’era dei talk show: c’è chi è più incline e disinvolto ad affrontare il «palcoscenico» e chi lo è meno, c’è chi riesce a divertirsi guardando in faccia il consorzio umano alla cui custodia - per qualche interminabile istante - si è sottratto nel tentativo di promuoversene leader e chi è costretto ad appigliarsi agli appunti o a qualunque altra cosa riesca a tranquillizzarlo, c’è chi riesce ad essere autenticamente spontaneo e chi deve ricorrere a qualunque sorta di artificio - se non sortilegio - per sopravvivere allo stress da prestazione.E Massimiliano Angori tra i tre competitor - oltre ad essere il padrone di casa e quello ad avere più da perdere - non aveva dalla sua il conforto dell’omogeneità, l’unità di indirizzo di una lista che lavori alacremente per qualcosa di più che sbarcare il lunario del 5 giugno: gli appuntamenti col destino politico sono assai più fitti di quanto non abbia preteso questo lungo e tortuoso inizio di primavera 2016, a partire da Referendum autunnale che vedrà già un grosso numero di suoi sostenitori abbandonarlo e abbandonare il Governo Renzi (fischiato ieri sera) per pascere le file dei «Comitati per il NO», e la contraddizione con la propria variopinta compagine elettorale incombe come la «nera signora» per il più celebre soldato di Roberto Vecchioni.
Alla fine - rischio probabilmente calcolato da Nicola Tamburini - il Carpi e il Sassuolo l’hanno fatta da padroni al San Siro, divertendosi e facendo divertire il pubblico con un calcio di concezione opposta ma frizzantina, tagliente e briosa, al cospetto del catenaccio in stile Juve perpetrato dai rossoneri; ma se si fa eccezione per qualche isolato accenno di insofferenza per l’«altro» del senescente pubblico casalingo, tutto si è svolto nel massimo rispetto reciproco e con una tendenza proverbiale alla convivialità.Se questo non fosse sufficiente, vale anche la pena ricordare che la vicissitudine non era stata organizzata dalla sezione del PD di Migliarino - la vera eminenza grigia nascosta dietro il Circolo ARCI -, ma dalla redazione de’ Il Tirreno non evidentemente in «campo neutro», ma senz’altro nella migliore arena disponibile sul territorio vecchianese, a denunciare in qualche modo un’altre straordinaria sconfitta politica di IPV: la mancanza di spazi di discussione a buon mercato o addirittura gratuiti, come - del resto - se l’opinione fosse una merce e potesse essere espressa soltanto da chi possa pagarne il prezzo.Ciò che però maggiormente mi ha turbato, se non il pur legittimo boicottaggio dell’unica vera occasione di confronto tangibile, fuori cioè dagli studi radio-televisivi e comunque sul territorio, è stata questa sorta di «Disfida di Barletta» che Nicola Tamburini ha lanciato a Massimiliano Angori per una tenzone di piazza senza però il terzo ed il quarto incomodo, come se - nell’ormai inossidabile logica bipolare e plebiscitaria costruita ad arte attraverso i meccanismi elettorali maggioritari e premiali in barba al principio di rappresentatività costituzionale, e nella piena osservanza dei diktat di Bruxelles e dei mercati finanziari - la questione vecchianese riguardasse “ormai” soltanto IPV e R&F.Devo dire - a scanso di equivoci - che dal candidato ufficioso di Mazzeo non ci sarebbe stato da aspettarsi nient’altro che una richiesta di resa dei conti con quello ufficiale, tanto si augura di misurare la temperatura politica di Vecchiano per capire - dietro le quinte - quali potranno essere gli equilibri locali tra le tante personalità della falange locale del PD pisano: una ragione in più per temere lo spettro del Comune Unico dell’Area Pisana e tutte le meraviglie che si porta ragionevolmente dietro.E tuttavia noi di Cittadini in Movimento, appassionati cultori della nostra Costituzione, se abbiamo deciso - conseguendo la nostra prima vera e straordinaria vittoria politica - di costituire una lista per le Amministrative prossime venture, lo abbiamo fatto prima di ogni altra cosa per non accondiscendere questa maligna logica bipolare, in ragione della quale il partito dell’astensione si aggira oggi su percentuali non inferiori al 45% a Vecchiano come altrove in tutto il Paese, benché sappiamo - ahimè - che lo scenario attuale distribuisca oltre il 70% dei seggi in Consiglio Comunale a chiunque riesca a prevalere - anche di un solo voto - su tutti gli altri.
Sappiamo cioè che, comunque vadano le elezioni, i cittadini sostenitori della minoranza non potranno essere adeguatamente rappresentati, pesando - come numero di consiglieri - in maniera pedissequa rispetto al numero di elettori: ma è forse questo uno dei motivi che maggiormente ha deposto in favore della trasformazione della felice esperienza corsara in una lista elettorale, per dimostrare cioè l’inadeguatezza di una democrazia tarata, minata pretestuosamente alle sue radici dalle smanie di governabilità e - nessuno si faccia illusioni in merito - lo ribadiremo in autunno combattendo a tutto campo l’«Italicum» e le altre [contro]riforme autoritarie cui il Governo Renzi ha condannato suo malgrado il Paese.Eppure, se non un’inaspettata caduta di stile, quello di Nicola Tamburini mi pare un atto di presunzione politica, di chiaro ed inequivocabile indirizzo - nei fatti più che nelle parole - verso questa deriva autoritaria di stampo anglosassone, in ragione della quale devono esistere al massimo 2 schieramenti e non di più: certo, noi Cittadini in Movimento possiamo anche non avere la velleità di entrare in Comune dalla porta principale, ne’ - ritengo - che Fabrizio grossi si aspetti molto di più da questa tornata elettorale.Tuttavia pretendere un confronto del suddetto tipo - escludendo a priori le compagini ritenute di minor peso come si trattasse di una sorta di pseudo-ballottaggio - è a dir poco singolare e in qualche misura offensivo del concetto stesso di democrazia: personalmente non mi sono mai pronunciato sulle modalità di conduzione della campagna elettorale da parte delle altre liste, ne’ su quale apparato promozionale siano state in grado di dispiegare.Non sfuggirà tuttavia a nessuno, considerando che a pagare le campagne elettorali saranno - prima o dopo - i cittadini stessi, quanto sobria sia stata quella di Cittadini in Movimento, giocata principalmente e gratuitamente sui social media (pur nella consapevolezza di non potersi garantire una visibilità capillare) o di persona: c’è una questione etica sia nell’eccesso di produzione di carta stampata, sia nell’impiego di risorse della collettività che - per converso - hanno bisogno di ritrovare la via di casa, anziché altri motivi per perdersi nel mare della politica.
Ma un candidato è libero di offrire tutti gli aperitivi che ritiene, è nel diritto di parlare a tutte le pance che desidera e di costruirsi tutte le occasioni che vuole per poter conferire con una cittadinanza debilitata dalla crisi economica, sopraffatta da scelte politiche nazionali sconsiderate o esule di una democrazia farlocca e più ormai formale che sostanziale.
Tuttavia se sottrarsi al confronto con gli altri può essere di per sé considerato atto di silenziosa prevaricazione, pretenderne uno con uno solo dei competitor significa dire: «dovessi essere eletto Sindaco, non lo sarò per tutti: a partire da quella venticinquina di fanatici dell’estrema Sinistra [secondo il suo modo di vedere CIM] o del Centro-Destra di Grossi e di quanti accorderanno loro il sostegno elettorale…».
Questo è ciò che mi rimane di tutta la vicenda, più appunto come cittadino ed elettore che come promotore e candidato di una lista: l’amaro in bocca.
Tamburini & Confronti: lo schema bipolare plebiscitario