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Un paese che amo, il paese della mia mamma.Anche ora quando vado a RIPAFRATTA  sono la figlia della "Cocca".

Un paese con una storia importante che conserva vestigia di grande rilievo.

Un paese rimasto inalterato nel tempo, non ci sono insediamenti nuovi, potrebbe essere il set di film d'epoca perché  anche le case, le facciate conservano la patina del tempo.Un paese che è  ancora comunità.  

Ricordate il tubo di refrigerazione della nuova pista .....
. . . come minimo si risponde due volte altrimenti .....
. . . siamo a M@ sterchief. Sono anni che giri/ ate .....
. . . Velardi arriva buon ultimo.
Il primo fu il .....
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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di - Mazzarri (Lista Boggi Sindaco)
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CNA AREA VALDERA
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Qualcuno mi sa dire perche' rincoglionire
viene considerato un inevitabile passaggio
alla fine del faticoso viaggio
vissuto da tutti con coraggio?
Il .....
ad oggi la situazione è peggiorata
ora anche tir, pulman turistici , trattori, camion con cassoni per massi,
etc. . E ad alta velocita,
inquinamento .....
LIBRI
Le emozioni letterarie di Lily

12/6/2016 - 13:42



I libri che i figli scelgono di leggere rappresentano per i genitori che possiedono la stessa “passione“, almeno per me, la curiosa idea di ricercarvi una impronta genetica comune. Che naturalmente viene disattesa, più o meno. Perché noi genitori; tutti quanti, siamo consapevoli che i    nostri figli sono “altro” da noi ma tutti, indistintamente, per un atavico senso di prosecuzione della specie, sappiamo che loro rappresentano la nostra “immortalità”. “Io vivrò in te e tu nei tuoi figli ed io in tutti voi” diceva Romana Petri in “Ovunque tu sia”.

Detto questo le “diversità” cavalcano spesso su sponde opposte. Io “vivo“ i miei libri, li porto al mare, ci faccio le pieghe, non li divido per genere. Qualche volta li perdo nel “transito”, come per “Una città proletaria“, lasciata per un improvviso temporale sulla spiaggia di Tavolara. Con successivo senso di colpa e rammarico.

Mia figlia non fa uscire i suoi libri dalla camera, usa rigorosamente i segnalibri, li cataloga. Entrambe non li prestiamo. Una volta che ci appartengono siamo estremamente gelose di loro. Tanto che alcune volte abbiamo avuto una “doppia” copia di uno stesso libro, soprattutto perché lei detestai miei, troppo vissuti e “personalizzati”. Comunque, cosa estremamente positiva per me, sono alcune scelte dei suoi libri ad aprirmi nuovi orizzonti letterari. Di solito siamo così arrogantemente arroccati nella nostra “genitorialità” che pensiamo che debbano essere loro, i nostri figli, a condividere le nostre scelte letterarie. Invece dovremmo anche fare il contrario. Qualche volta sono incondivisibili, perché frutto di un momentaneo periodo di crescita o di provocazione (Moccia, Palaniuk), altre volte ti aprono un “mondo”. Come nel caso di uno scrittore giapponese, Haruki  Murakami.  Noruwei no mori (Norvegian Wood) è  un  libro dai tempi lunghi, dallo sguardo  abbacinato sulla vita e sulla morte. E’ un percorso interiore, di formazione, di straniamento su una realtà che ti passa accanto senza coinvolgerti veramente, alla quale tenti disperatamente di “agganciarti“ attraverso il dolore degli altri.  Attraverso un amore difficile perché anch’esso superficiale al contenuto vero del condividere. E’ quindi un romanzo che ad una prima lettura ti “respinge”, perché sei tu che non accetti la difficoltà a relazionarsi del protagonista, questo stare sempre “fuori”. Perché è difficile mettersi in gioco nel cercare di comprendere “questo” non appartenere al mondo. Ma poi lo scopri bellissimo nella descrizione dei paesaggi e degli stati d’ animo, nell’osservazione della vita. Che è più “passionale” di tutta la passione esteriore che abbiamo noi italiani nel vivere i sentimenti.

Perché ne coglie l’essenza, nel suo rovescio e nella sua duplicità.

La morte.

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