Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative.
Ho visto due più ottantenni che settantenni in buona salute pranzare in un ristorante sul mare. Erano in forma, perché per raggiungere il ristorante, in realtà un chiosco chiamato “Tharros ristobar”, dal parcheggio ci volevano dieci di minuti di cammino su una strada sterrata in salita che costeggiava il mare. Non ho chiesto i loro nomi, due pensionati, da come erano vestiti ho pensato che la loro pensione non fosse elevata. Si facevano ancora tanti complimenti. Ho immaginato i ricordi della loro lunga vita. Il giorno del matrimonio, i figli non so se li hanno avuti e mi sono immaginato che non li hanno avuti e se ne dispiacciono, il lavoro. Lui impiegato, lei maestra, me li sono immaginati in questi due mestieri. Ho ascoltato i loro discorsi.
Arriva la cameriera per gli ordini. “Prima il vino”, disse lui con l’aria di uno che se ne intende. “Siamo nell’oristanese, ci vuole una vernaccia,”. “Abbiamo un buon bianco da pasto, il Tzinnigas, dell’Azienda agricola famiglia Orro, lo fanno a Tramatza”, propose la cameriera. “Ce ne porti una bottiglia”. “Purché non sia troppo forte”, disse la signora ottantenne.
Mentre la cameriera stappava la bottiglia senza smuoverla troppo, la signora ottantenne rimase subito colpita dall’etichetta e le disse: “Mi ricorda Canne al vento, il romanzo della Deledda, l’ha letto?”. Il tappo uscì con un rumore simpatico e giocoso, la cameriera lo annusò, chiuse gli occhi e rispose: “Sì”.
Il pranzo cominciò con crespelle di verdure in fiore, i due paragonarono la composizione floreale all’etichetta dello Tzinnigas, facevano sorrisini e cin cin con la vernaccia, anche la giovane cameriera sorrideva. Tra un boccone e l’altro lui la corteggiava. “Sulla costa ci sono molti ristoranti, vedrai che ho scelto quello giusto”, disse. Alzò il bicchiere di vernaccia fresca e andò a toccare il suo. Alzò il bicchiere anche lei e disse del vino: “Profumo di agrume e mela”. Lei sembrava ancora vulnerabile ai corteggiamenti e aggiunse. “Ti approfitti di questa calda giornata, di questo mare scintillante e di questo ristorante ombreggiato dalle tamerici e di questa vernaccia fresca”. Lui rise, rise anche lei. Rise anche la cameriera seppur indaffarata con gli altri clienti, risi anch’io.
“Spaghetti allo scoglio distesi su una foglia di pane carasau”, fece la cameriera e mise il vassoio in tavola. Lui la ringraziò, alzò il bicchiere, alzò il bicchiere anche lei e risero ancora. Il ristorante era una costruzione di legno scuro in cima a un promontorio davanti a una torre spagnola che dominava una spiaggia bianca, poco oltre due colonne di marmo bianco si innalzavano sui resti di una città fenicia dell’ottavo secolo avanti Cristo. La sala aveva tre pareti con vecchie finestre che scorrevano in orizzontale, mi ricordavano i finestrini della vecchia giardinetta di mio padre. Mi alzai e ne aprii una, arrivò un bel filo d’aria. “Preferisco mangiare con un po’ d’aria fresca”, dissi. Vidi la cuoca che mi fece cenno di sì con il cappello bianco in testa. I due ottantenni non furono per niente distratti dal mio gesto e dalle mie parole. A pensarci bene tutto era semplice, ma ben amalgamato con il luogo. Come i due pensionati.
Lui chiamò con un cenno della mano la cameriera: “Muggine in crosta e ancora un po’ di vernaccia”. Arrivò subito la vernaccia, la cameriera ne versò un goccino per uno e partì un altro brindisi, mentre le attenzioni del signore ottantenne verso la sua ottantenne signora si fecero veramente irresistibili. La cameriera portò il muggine in crosta e i due si divertivano moltissimo a guardare il piatto rettangolare, il muggine dorato al centro e sul bordo un filo di finocchietto selvatico su cui erano adagiate delle piccole susine divise in tre parti con la buccia rosso granato e la polpa di un intenso giallo solare, sembravano dei fiorellini appena sbocciati.
Era una delizia osservarli dal mio tavolo. Anche la cameriera era ammirata per la loro felicità e alla fine disse: “Signori, gradite un dolcino? Abbiamo il timballo, un dolce di latte e uova fatto da noi, la ricotta con miele e mandorle o noci, la casada”. La signora ottantenne propose un timballo a metà, la cameriera disse che avrebbe messo due cucchiani nel piatto, il signore ottantenne disse di sì, e ordinò due malvasie di Bosa. “Sentirai il profumo della malvasia”, disse. “Abbiamo la malvasia amabile Columbu di Bosa”. “Dai, amabile”, disse lui.
Appena la cameriera poggiò i due bicchierini di malvasia sembrava che nella sala se ne fosse rovesciata un fiasco intero. A quel punto la cameriera chiese: “Mi scuserete per la domanda personale: festeggiate il vostro anniversario di matrimonio?”.
Guardai la scena attento a non perdermi la risposta, immaginavo fossero le loro nozze d’oro, avrei voluto scoprire il segreto di una vita così felice e mi ero anche preparato una frase banale: “Auguri per il vostro felice anniversario!”. I due vecchietti incrociarono con intensità gli sguardi. La signora ottantenne rispose: “Ci siamo appena fidanzati”. Con i bicchierini di malvasia in mano sorrisero e guardarono il mare dai finestroni della sala.
Ho raccontato questa storiella a cui ho assistito qualche anno fa, perché a quel tempo mi parve curiosa e singolare; ora chissà, magari il fenomeno fra i settantenni e ottantenni si è diffuso. Stiamo attenti alle coppie di vecchietti che pranzano allegri al ristorante.