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Una vicenda tutta personale viene descritta in questo nuovo articolo di Franco Gabbani, una storia che ci offre un preciso quadro sulla leva per l'esercito di Napoleone, in grado di "vincere al solo apparire", ma che descrive anche le situazioni sociali del tempo e le scorciatoie per evitare ai rampolli di famiglie facoltose il grandissimo rischio di partire per la guerra, una delle tante. 

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. . . . . . . . . . . a tutto il popolo della "Voce". .....
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per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Ripafratta, 12 luglio
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Bagno degli Americani di Tirrenia
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Molina di Quosa, 8 luglio
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Casciana Terme Lari-Pontedera, 12 luglio-3 agosto
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San Giuliano Terme, 30 giugno
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Alzarmi prestissimo al mattino
è un'adorabile scoperta senile
esco subito in giardino
e abbevero i fiori
Mi godo la piacevole
sensazione
del frescolino .....
Nel paese di Pontasserchio la circolazione è definita "centro abitato", quindi ci sono i 50km/ h max

Da dopo la Conad ci sono ancora i 50km/ h fino .....
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Primo giorno di scuola di un insegnante al tramonto
di Ovidio Della Croce

18/9/2016 - 12:21

Il primo giorno di scuola quest’anno l’insegnante sentiva avanzare gli acciacchi dati dall’età non più verde. Era un po’ stanchino, perché la notte aveva dormito male e si era svegliato due o tre volte per un sogno strano. L’estate era alla fine ma faceva ancora molto caldo, l’aria era umida e minacciava pioggia. Stava andando a scuola in macchina e si era fermato al distributore per un pieno di gas. L’addetto al rifornimento, un signore con una tuta grigia e le gote rossicce, dopo aver fatto il suo lavoro, lo saluta così: “Ciao, nonno”.
 
L’insegnante sale sulla sua Panda, mette la prima, sgasa, gli martella in testa la parola nonno. Già la sentì garbatamente pronunciare da una nonnetta vera diversi anni fa quando andò a prendere sua figlia piccola a una scuola di danza: “È la sua nipotina?”. Sua figlia è cresciuta, ma niente nipoti, per ora. Allora comincia a rimuginare sullo stare a scuola alla sua età, perché un po’ gli brucia l’idea di tornare in classe a sessantacinque anni suonati. Arriva dopo una decina di minuti, prende un caffè al bar attorniato da ragazzini che forse salveranno il mondo. Entra in una prima media, anzi, in una prima classe della scuola secondaria di primo grado, c’è silenzio, guarda le faccine dei suoi alunni di undici anni, gli sembrano emoticon, per superare l’imbarazzo comincia a raccontare una fiaba che si intitola “Euro”. 
 
C'è un paese dove tantissime persone non vanno a scuola, perché ce ne sono poche e brutte. In questo strano paese, per avere successo, bisogna comprare tutto. Però ci vogliono molti soldi e non tutti ce l’hanno. Poi ci sono due bambini, uno ricco e uno povero, che si innamorano della stessa bambina. Lei sceglie quello ricco, ma si dispiace per quello povero. Dieci anni dopo faranno un figlio e suo padre volle chiamarlo Euro, nome non molto stravagante per quei tempi. Presto però i due si separano. Euro rimane col padre, che si è trasferito in un altro paese molto lontano, e non vede più sua madre. Studia nei migliori collegi privati, parla solo inglese e dimentica la sua lingua di origine, si ricorda solo qualche parola. È infelice, perché non sa più chi è. Un’anima persa. Ma un giorno incontra sua madre…
 
Nel sogno l’insegnante non sa più come continuare questa fiaba, perché si accorge che è triste e poco adatta a dei ragazzini anche se sono solo faccine, quando dal fondo dell’aula spunta una mano in aria e la bocca della faccina dice: “Nonno, ancora”. Allora l’insegnante comincia a sudare, si rigira nel letto e si sveglia. Si guarda allo specchio, pensa: “Che catorcio!”. E si prepara per andare a scuola.
 
Si era svegliato alle sei di mattina, anche se entrava più tardi, per via del suo orologio interno e perché a letto sveglio non ci sapeva stare. Con questo sogno addosso raggiunge la vecchia scuola con in mente le più bizzarre elucubrazioni per la sua posizione di vecchio insegnante, il più vecchio della scuola, che rapidamente l’aria afosa e irrespirabile trasforma in un ritornello che rimanda a vincoli familiari e perfino al gruppo sanguigno: nonnità.
 
Saluta i colleghi e si intrattiene con un giovane amico in completo blu. Gli chiede meravigliato il perché di quell’abito da cerimonia, lui che veste sempre in jeans. “Hai letto l’articolo sul giornale? Se la scuola parte nel caos si dà la colpa agli insegnanti. Che c’entriamo noi con la confusione sull’organico dell’autonomia e del potenziamento? Ci danno tutti addosso, genitori in testa, allora è bene far vedere anche noi chi siamo, con la nostra dignità, fin dal primo giorno di scuola”, gli risponde. Pensò che, invecchiando, anche lui avrebbe dovuto curare di più l’abbigliamento, qualche maglietta bella freschina con la coroncina di alloro ricamata sul petto, sportiva e popolare tra gli alunni; qualche camicia di marca e una cravatta con brand emozionante di quelli che appena arrivi a scuola qualcuno ti dice: “Professore, che eleganza stamattina!”.
 
Scambia due chiacchiere con le bidelle, che ora si chiamano collaboratori scolastici, e in portineria si dà una sistematina ai capelli nel tentativo di togliere dal suo viso l’aspetto stanco di prima. Va nel chiostro grande della scuola, un monastero del XV secolo dove lui forse si troverebbe più a suo agio se ritornasse alla vecchia destinazione d’uso, saluta i suoi ragazzi di terza e scatta la foto di classe, come fa ogni anno. Poi va al bar per un caffè e gli arriva una vignetta su WhatsApp. Un bambino col grembiule blu che dice: “La scuola deve essere aperta, laica, gratuita e inclusiva”. Una donna, forse sua madre, mentre gli infila i bottoni nelle asole, gli risponde: “In aperta opposizione al mondo”. Butta giù il caffè, una sorsata amara, attraversa la piazza attorniato da ragazzini che dovrebbero salvare il mondo, prepara delle fotocopie e dei lavoretti per rendere meno noioso il rientro. Alle nove e quarantacinque si reca in Auditorium dove c’è l’accoglienza delle classi prime. La Preside, anzi no, il Dirigente Scolastico fa l’appello, quando il DS chiama la classe prima attribuita all’anziano docente, dopo aver stretto la mano a tutti i bambini, li indirizza verso di lui e dice gentilmente: “E ora seguite il carissimo professore che insegna in questa scuola da tanti anni”. Il vecchio insegnante le fa un sorrisino, ma non crede di aver saputo nascondere quella leggera tensione data dalla nonnità, accresciuta dal fatto che l’anzianità del servizio svolto è offuscata dalla valutazione del curriculum per competenze dell’insegnante.
 
I suoi quarant'anni di servizio, più la carriera da studente universitario, liceale, delle medie e delle elementari, perché ai suoi tempi la scuola si chiamava così, gli fanno pensare: “Una vita a scuola”. Alla scuola è affezionato e gli dispiace vederne il declino, ci ha passato tanti anni, ha tanti ricordi, e pensa che ne sente già la nostalgia quando, tra un anno o forse due, andrà in pensione, sentirà la mancanza del lavoro perché è vero quello che una volta sua figlia rispose alla maestra che le chiese che cosa facesse suo padre. E lei: “Fa la lezione tutti i giorni”.
 
Ha sempre fatto così il vecchio insegnante: ha sempre studiato e lo studio l’ha cambiato, perché lo studio cambia le persone. Ha sempre preparato le lezioni, e già lo avvertì la sua prima Preside a Morbegno, un paesino della Valtellina: “Professore, prepari le lezioni”. E poi il vecchio insegnante, quando non era ancora vecchio, faceva tanti bei corsi di aggiornamento, per esempio quelli del CIDI in Versilia e delI’IRSAAE a Firenze, che guardavano molto avanti per quei tempi. Ha sognato una bella riforma che però non è mai arrivata come la sognava lui, ha sperato in massicci investimenti nell’istruzione e nell’educazione, ha provato a cambiare il modo di fare scuola senza dire che le cose da studiare sono facili, ha provato a uscire dalla finzione pedagogica, a dare un senso alle cose che insegna, ha cercato di superare il nozionismo di uno studio recitato come un rosario mattutino e ha provato a far maturare l’abitudine a uno studio profondo e che richiede tempo, come i suoi vecchi professori gli avevano insegnato. Non ha mandato a quel paese i genitori che chiedevano di non dare i compiti per le vacanze perché, dicevano, i ragazzi avevano bisogno di svagarsi e divertirsi, non lo aveva fatto non solo per educazione, ma soprattutto perché pensava che non si dovesse mai rinunciare per tutta la vita a un giusto tempo di studio e a un po’ di divertimento. Ha avvertito il bisogno di una scuola in cui gli studenti potessero stare bene e con ambienti di apprendimento stimolanti. Ha pulito, sistemato e imbiancato aule e ha cercato di creare spazi a misura dei ragazzi, che hanno sempre la stessa età ma non sono più gli stessi e uno come lui, che invece sente il tempo stanco e vecchio sulle sue spalle, è distante anni luce dal loro mondo. Anzi, spesso è lui che impara qualcosa da loro, per fortuna.
 
Il turbato ma non ancora rimbecillito professore, mentre riflette sulla sua nonnità innata, si avvicina all’aula augurandosi di farcela anche quest’anno scolastico. È felice di rivedere i suoi studenti del terzo anno cresciuti di colpo dopo solo tre mesi. Entra nell’aula silenziosa, gusta l’odore di umanità e la bellezza dei ragazzini venuti da molte parti del mondo, non sa bene come cominciare. Silenzio. I ragazzini applaudono. Anche lui, nonostante tutto, applaude. Bene. Si ricomincia. Qui. Ora.

Fonte: Foto ODC, Open class 2B. Momento
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23/9/2016 - 0:41

AUTORE:
penna rossa

Ci sono molti buoni insegnanti così come ce ne sono molti cattivi. Il bravo insegnante è sicuramente un fattore importante di una scuola buona.

Ma non credo che i problemi della scuola italiana siano da scaricare sui docenti. Se mai la scuola è stata troppo a lungo privata di risorse con tagli draconiani i cui risultati sono evidenti. Ma l’offerta della scuola italiana rimane tra le più quotate al mondo. Se la scuola italiana nel suo complesso ha funzionato abbastanza bene in questi anni il merito è dei docenti. Ci sono dati internazionali sull’istruzione che attestano come i nostri alunni della scuola materna, elementare e media sono tra i migliori al mondo come competenze e capacità didattiche.

Come si legge nel racconto una vera e seria riforma non è mai arrivata, forse perché la classe politica ha sempre nutrito diffidenza verso l’istruzione e il sapere critico. I politici e gli imprenditori stentano a capire che invece la crescita del livello di istruzione sarebbe un bene anche per loro.

22/9/2016 - 22:59

AUTORE:
Lucignolo

Chi fa l'insegnate ha dovuto studiare, passare esami, impiegare molto del suo tempo per accumulare sapere e cultura.
Sono nato ne 1965 , ho fatto le elementari , le medie in un istituto a Pisa famoso per il corpo Docenti , liceo classico promosso con 58 , laurea in medicina con 110 e lode , specializzazione in cardiologia , con puntatina negli Stati Uniti , per una specializzazione ulteriore , totale 24 anni sui libri !
Ho due figli che frequentano le medie e elementari , roba da non credere , hanno dei docenti incompetenti , persone incapaci di spiegare , presuntuosi , politicizzati . Esperienza pessima !
Ma se c'è tutta questa professionalità , perché la nostra scuola e' 24 esima su 3o in Europa ?

22/9/2016 - 22:13

AUTORE:
La jena

...un par di ciufoli . È stato ritirato perché c'è chi l' ha fatto notare . Qualcuno al ministero , non dico il ministro , lo avrà visionato prima di pubblicarlo ? Se non hanno capito la portata del messaggio assurdo è bene che cambino mestiere . La crisi demografica italiana è troppo seria per lasciarla in mano a dilettanti allo sbaraglio . Però c'è chi si accontenta...

22/9/2016 - 20:14

AUTORE:
Ascoltatore

...alle ore 20,03 del giorno 22-09-2016 ho udito: il manifesto sbagliato è stato ritirato. punto!

22/9/2016 - 17:05

AUTORE:
Viv

Noi a scuola lottiamo tutti i giorni per l'integrazione, poi dal Ministero partoriscono manifesti sugli stili di vita sani da promuovere rappresentati in un manifesto che raffigura bianchi contro neri: da una parte ragazzi bianchi, biondi e sorridenti a illustrare le buone abitudini da promuovere, dall'altra giovani neri che fumano con i capelli ricci e le treccine per rappresentare i "cattivi compagni da abbandonare". Un manifesto che farebbe esultare Mussolini e seguaci.

22/9/2016 - 14:19

AUTORE:
La jena

...parte è risaputo che Pinocchio non fosse una cima . Si fa infinocchiare dal gatto e la volpe , va dietro a un bischero come Lucignolo e nasce da una sega...

22/9/2016 - 12:22

AUTORE:
P.G_

(canzone di Johnny Dorelli)
Il tuo intervento sembra quello tipico dell'italiano medio, esprime cioè i due sentimenti principali che ci fanno essere quello che siamo: invidia e ignoranza, oltre ad una certa superficialità.
Si invidia chi ha qualcosa più di noi, un lavoro migliore, uno stipendio migliore, una 'auto migliore, un cellulare migliore senza pensare che molti di quelli che hanno di più se lo sono guadagnato con sacrificio. A parte i ladri e i truffatori. Chi fa l'insegnate ha dovuto studiare, passare esami, impiegare molto del suo tempo per accumulare sapere e cultura. In più, se riferito allo scrivente dell'articolo, con grande profitto. Sarei stato felice se i miei figli o nipoti lo avessero potuto avere come insegnante, perchè sono certo che avrebbe insegnato loro qualcosa in più delle semplici nozioni scolastiche.
Ignoranza perchè il lavoro dell'insegnante non è più quello di un tempo, quando era forse meno impegnativo, per due motivi che si sommano moltiplicandosi: il maggior carico di lavoro nella preparazione dell'anno scolastico a cui si aggiunge la maleducazione di alunni e genitori che rendono il mestiere (vocazione in molti casi) sempre più difficile.

21/9/2016 - 18:51

AUTORE:
Cri. Mari.

Però regolati, perché io non sono la fata turchina. Non ti posso trasformare in uno che ragiona bene. Quindi se sei d'accordo la chiuderei qui.

21/9/2016 - 14:31

AUTORE:
Gian Burrasca

Tre dati e tre punti di discussione

Giorni di ferie 36 (periodo estivo).
Formazione: laurea, concorso, anno di prova con esame finale, un colloquio da sostenere di fronte al comitato di valutazione, formazione in servizio quasi obbligatoria.
Pensionamento: 68 anni circa.

Primo punto: ricerche accreditate sostengono che ogni euro speso nella scuola ha un sicuro ritorno sulla crescita del Pil, la scuola non va considerata una spesa, bensì un investimento che accresce la ricchezza e alza i livelli di istruzione.

Secondo punto: la crescita di scolarità rafforza il sistema democratico, in certi paesi del sud d’Italia la scuola è l’unico punto dove sventola il tricolore, nel senso che è l’unico caposaldo dello Stato italiano.

Terzo punto: la qualità dell’insegnamento è un fattore importantissimo per avere una scuola buona. Due o tre qualità per un buon insegnante: conoscenza della materia, passione per la cultura, lo studio e per il suo mestiere, inclusione degli alunni, compreso Pinocchio. Don Lorenzo Milani da noi ha fatto scuola.

21/9/2016 - 7:26

AUTORE:
Pinocchio

bello del mondo :
Innumerevoli giorni di ferie
Assenza di qualità formativa
( nelle classifiche siamo nei numeri a tre cifre )
Possibilità di pensionamento , nel passato scandalosa, nel presente ancora scandalosa .
Sindacalizzazione imponente
Beh hai ragione , e' veramente il lavoro più bello del mondo

19/9/2016 - 18:58

AUTORE:
Cri. Mari.

Caro Ovidio,

che pezzo malinconico! Incarna al meglio questo inizio settembre così cupo e piovoso.

Ho sempre pensato che il tuo fosse uno dei lavori più belli del mondo. E delle persone come l'insegnante protagonista del racconto questo mondo ha tanto bisogno, soprattutto i ragazzi.