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Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative. 

E non c'è da cambiare idea. Dopo aver sostenuto la .....
. . . sul Foglio.
Secondo me hai letto l'intervista .....
L'intervista a Piazza Pulita è di 7 mesi fa, le parole .....
Vedi l'intervista di Matteo Renzi 7 mesi fa da Formigli .....
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Arabia Saudita
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Incontrati per caso...
di Valdo Mori
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Dalla pagina di Elena Giordano
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storie Vere :Matteo Grimaldi
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Indaco il colore del cielo
non parimenti dipinto
Sparsi qua e là
come ciuffi di velo
strani bioccoli di bambagia
che un delicato pennello
intinto .....
tutta la zona:
piscina ex albergo
tutto in stato di abbandono

zona SAN GIULIANO TERME
vergogna
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La beffa goliardica
(preparazione: Brodo e Pulenda)

2/10/2016 - 17:07

“Defecari iurisdicendo" 
Ho fatto cenno, nel precedente capitolo - dedicato alla goliardia - ad alcune “beffe”» portate a compimento dai desperados dei miei colleghi di Università (la disciplina di giurisprudenza era - ironia di un sostantivo –  la più indisciplinata), che ebbero risonanza nonché cittadina, anche regionale o addirittura, nazionale.
Una di queste ebbe un titolo che (come tutte le Bolle pontificie che si rispettino) cominciava con due parole latine. Si chiamò  “Defecari iurisdicendo”; e poiché Lucca (specie a que’ tempi) aveva fama di tenere in altissima considerazione conserviera e fecondativa quelle sostanze che il laboratorio umano trasforma standard nella catena di montaggio faringo-dottorettale, così la beffa (Dio ci liberi, stavo per dire: Penciclica) fu dedicata ai colleghi Lucchesi. I quali (usi da secoli a fare il saggio linguistico delle conserve, per giudicare il tasso di fosfati del contenuto delle medesime) accettarono tale dedica con malcelata soddisfazione. Cosicché, a ragion d’esempio, si potesse dire come a un artigiano saggiatore di vini la frase: “Il signore sì, che se ne intende".
Tracciato questo cappello, sarà bene, altresì, tracciare una necessaria premessa.
Quanto alla goliardia spinta (un farmacista l’appellerebbe goliardia urto) le vere e uniche vessillifere università italiane erano, illo tempore, Padova e Pisa. E’ facile trarne motivo di concludere che tra queste due Sapienze fosse sorto un sistema di gemellaggio; un gemellaggio che tanto più si sentiva allorché dovevano essere poste in atto le “burle”, tanto più risonanti quanto più feroci.
Motivo per cui quando in una delle due Università era stata minuziosamente progettata una beffa, giungeva sempre il momento in cui si sentiva la necessità di chiamare a parteciparvi una rappresentanza dell’università gemella. Infatti era quasi sempre necessario che almeno due o tre studenti arrivavano dall’altra Università. Ciò si rendeva indispensabile perché, se fossero state messe in vista facce “nostrali” (bisogna considerare che allora si era 600 studenti: e oggi 29.000!!!) sarebbero state note a gran parte dei cittadini, e per ciò, facilmente individuate: Ondeché il “trucco” sarebbe stato altrettanto facilmente sventato.
Ecco il motivo per cui, in una serena giornata di avanzata primavera, uno dei “nostri” partì alla volta di Padova  (L. 13,40 andata e ritorno) classe terza, panino imbottito (L. 1,15) pacchetto di sigarette Popolar (lire 0,25): totale L.14,80, onde andare a prelevare due o tre universitari-tutto-fare; cioè pronti a tutto fuorché a soffrire la fame ed essere rimpatriati dalla Questura.
Sotto queste determinate garanzie, spedimmo Artidoro Nieri a Padova. Artidoro Nieri (caro collega, se sei ancora vivo batti un colpo) era il classico franellista-urto: era addetto alla requisizione di tipi adatti in quel di Padova, che dovevano essere coraggiosi e ottusi, cioè pronti a passare, senza battere ciglio, una o due notti in Questura.
Artidoro, dunque, ci telegrafa da Padova – “Trovati due scemi-geniali, uno chimica, l’altro legge, disposti  qualsiasi trasando purché garantito chilo spaghetti fiasco vino giornaliero, stop, servizio  gratis dalla “zia” due volte per  settimana, stop; merenda et  spuntino, stop; disposti dormire sala d’aspetto .stazione. Attendiamo imbarcarci  carro bestiame  ultimi  spiccioli  viatico assorbiti  questo telegramma, stop!” Rispondemmo: “Imbarcali  et salpa clausole contrattuali garantite  collette Chianese, Pipi et Irene”.
E qui cade acconcio avvertire che, in quel momento essendo chiuso l’Ussero, era in auge goliardica il Caffè Chianese (ora Salza); Pipi era il biscazziere dei biliardi del Caffe Pietromani, e Irene era la consolatrice delle nostre richieste fisiologiche settimanali.
Dunque, alle 22, doveva arrivare a Pisa il merci da Padova, col negriero e i due schiavetti. Ma il carro bestiame che era servito da Wagon-Lits ai tre derelitti, era stato dirottato alla stazione di S. Rossore, motivo per cui potemmo rifocillare i tre “digiunatori” soltanto al mattino dopo (e ci volle supplemento perché i ventri erano disabitati dalla mattina precedente: una spesa imprevista nel bilancio preventivato.
A quei tempi quasi ogni studente di fuori Pisa aveva pensione presso famiglie le quali quindi un mezzo letto lo potevano benissimo trovare per gli ospiti. E quanto a spaghetti e fiaschi di vino, ci si fidava della colletta (a cassiere era stato nominato uno studente di legge, Papeschi, claudicante, semiparalitico, onde rimanesse dissuaso dal tentare la fuga). Dall’appetito che i due padovani dimostravano, era facile supporre che essi fossero a semi-dieta fino dall’epoca del loro svezzamento.
Mi accingo a descrivere questi due tipi, poiché, volere o volare, furono i protagonisti della beffa, e la condussero in porto con perfetta aderenza ai programmi del regista. Il regista fu il povero Guglielmo Tornabuoni. Egli aveva tali riserve di energie psicofisiche da poter tenere testa, di leggeri, agli impegni dello studio e a quelli dello sport, e a quelli del  “furto” di talami . . . riservati.
I due Padovani, chi fossero e come si chiamassero non ve lo saprei dire (era usanza che i soggetti umani, scambiati in prestito, per le beffe, tra una Università e l’altra rimanessero incogniti, o al più avessero il solo soprannome di battaglia,  come gli aderenti alla Carboneria o alla resistenza o alla mafia).
Uno di loro ce lo consegnarono col nome di "Consumato in tazza", poiché (magro come Don Chisciotte) portava sul collo un colletto più alto di una tazza: perciò “Consumato in tazza”
L’altro era basso-grassottello e talmente giallo da poterlo considerare uno dei più formidabili consumatori di granoturco (macinato, burattato, annacquato e cotto a bolle come il fango ai Campi Flegrei): vulgo"Polenta".
Ce lo consegnarono col certificato di origine “Polenta e osei”, nato venticinque anni prima (ma non li dimostrava) a Flambro di Udine, e cioè la culla della farina gialla.
Per motivi di Lessico-pisano, dopo due minuti  “Consumato in tazza” diventò, nel nostro dolce idioma:”Brodo”; l’altro  “Pulenda”.

Come si disse sopra, (e si spiegherà qui appresso) Brodo e Pulenda assolsero l’arduo compito  a loro assegnato con  fedeltà ed onore, e non senza pericoli, patemi e dolori (voglio dire: viscerali) come qui in appresso apprenderete.

 

(segue)

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