Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative.
Il Referendum costituzionale è partito, ora bisogna votare.
Io sono decisamente convinto: voto SI (malgrado Matteo Renzi). Nell’affrontare seriamente il merito della questione bisogna però sgombrare il campo da una pregiudiziale: il Referendum costituzionale deve restare assolutamente distinto dalle sorti del Governo.
È essenziale tenere la Costituzione fuori dallo scontro politico e dagli interessi partitici. È stato un errore del premier collegare l’avvenire dell’Esecutivo al risultato referendario. Le due cose non sono correlate né devono esserlo. Trovo però ancor più discutibile l’affermazione delle opposizioni “votiamo NO per mandare a casa Renzi”. Si tratta di una inaccettabile strumentalizzazione partitica della questione costituzionale.
Andiamo all’essenziale: il Referendum riguarda soprattutto il superamento dell’obsoleto e ormai ingombrante bicameralismo paritario di casa nostra, oltre all’abolizione delle Province e (finalmente!) del Consiglio dell’Economia e del Lavoro (CNEL). Non mi si venga a dire che due Camere uguali rafforzano il controllo parlamentare sul Governo: la mia lunga esperienza in Parlamento mi dice l’esatto contrario. Le inutili ed estenuanti procedure, non solo raddoppiate ma spesso moltiplicate, stemperano l’incisività dell’azione parlamentare.
Se c’è veramente una tendenza autoritaria nell’attuale Governo essa non può essere dimostrata a sufficienza fondandosi su un certo cipiglio arrogante (è un po’ vero…) del Presidente del Consiglio. Ma fa sorridere ricercare la soluzione dell’equilibrio fra Governo e Parlamento su questa strada. Questo è eventualmente problema da affrontare ricercandone le possibili soluzioni nei contrappesi, che da noi esistono e vanno nel caso lubrificati e rafforzati. Ora, continuare a tenerci, col NO anti-Renzi, il Senato paritario sembra davvero singolare.
Siamo sinceri: il voto NO mi pare dettato da un’insopprimibile voglia matta di dare una botta a Renzi, di levarselo di torno. Un po’ pochino, mi sembra, a fronte dell’elevatissima responsabilità che il voto referendario comporta: invocherei un po’ più di rispetto davanti alla solennità di una revisione costituzionale. E un po’ più di considerazione rispetto al fatto che quasi tutti i Paesi evoluti non hanno alcun bicameralismo paritario. Al contrario, se ora prevarrà il SI rafforzeremo all’estero l’immagine di un’Italia che marcia risoluta e fa le riforme. Ho qualche timore che se fallisse quel voto qualche effetto negativo lo avrà. Mi pare invece necessario, per ragioni politiche ma anche tecniche, riaffrontare la legge elettorale.
Il vero nodo politico-culturale del Referendum è però anche un altro. Investe la parola d’ordine “La Costituzione non si tocca!”. In questi decenni essa è stata la frontiera indiscussa soprattutto dei progressisti, ma non solo. Si è costruita una vera e propria “mentalità politica”, quasi un (comprensibile) tabù per le forze progressiste: salvaguardare così la nostra civiltà giuridica. Questa idea ha vinto. Eppure, guarda caso, in questi anni il testo costituzionale del ’48 è stato ritoccato più volte, in meglio.
È l’ispirazione profonda della Costituzione che non si è voluta toccare; ma il testo si può ritoccare ove necessario. Così è accaduto, senza alcuna conseguenza eversiva. Fedeltà all’impianto non significa infatti adesione fideistica, acritica, quasi “coranica”; significa adesione convinta perché laica, razionale, capace di cogliere anche le sue (poche) debolezze ed attuali inadeguatezze.
Che la nostra Costituzione sia tra le più belle del mondo, uno straordinario strumento di democrazia, non equivale a dire che sia oggi perfetta. Vi sono norme e procedure dettate dalla cultura del momento, superate oggi da una nuova cultura. Sarebbe sbagliato ritenerla inviolabile in toto. Perciò l’occasione di questo Referendum è un fatto straordinario di democrazia. Sollecitare oggi il popolo, direttamente, significa poter far maturare un’adesione popolare non solo di fedeltà, ma di consapevolezza razionale, lucida soprattutto laica, non fideista, sempre più aperta al nuovo che si va affermando in Italia e nel mondo: un fattore di altissima valenza democratica e morale.
La Costituzione va difesa e migliorata.
È un prodotto di uomini, è frutto di un patto tra le varie componenti della popolazione, del mondo politico, tra il Parlamento ed il Popolo, e come tale è naturale poterlo insieme consolidare, anche migliorandolo, adeguandolo.
Alcuni esempi: i costituenti degli anni quaranta non mi sembra fossero campioni di femminismo, lasciatemelo dire, specie rispetto a come è maturata successivamente la grande conquista delle pari opportunità per le donne. Fino al 1946 le donne non potevano votare, perché erano donne (una barbarie, ma era così). L’art. 51 della Costituzione del ’48 non ha rappresentato un salto, un colpo d’ala, per le donne, fermo com’era all’idea di un’eguaglianza che arrivava ad essere solo formale fra uomo e donna. Giustamente nel 2003 le donne hanno voluto cambiare quell’art. 51, e si è introdotto nel testo il nuovo concetto progressista delle pari opportunità.
Altro esempio: l’art. 34 Cost., parlando di istruzione, non coglie la grande rivoluzione novecentesca della “scuola per tutti” e dell’istruzione come “diritto fondamentale per tutti”. Questa grande conquista non era sufficientemente presente nella cultura educativa dominante di allora, per cui la Costituzione si limita a prospettare solo l’opportunità di far raggiungere gli alti gradi dell’istruzione solo ad una parte dei ragazzi, i “capaci e meritevoli”. Per cui chi non ce la fa, vada a lavorare! Ma l’idea che guida oggi i progressisti è ben diversa: l’istruzione e la scolarizzazione fino ai 19 anni è un “diritto fondamentale di tutti”. La formulazione del ’48 risulta pertanto arretrata, inadeguata. Sarebbe invece giusta una tutela costituzionale di una scuola non solo “aperta”, ma attivamente tale, per cui tutti siano messi nelle condizioni di poter imparare veramente, sostenuti dall’organizzazione scolastica, al fine di evitare la “dispersione”, l’iniquità.
La stessa idea di autonomia scolastica era assente nel testo del ’48, mentre è stata inserita in Costituzione solo nel 2000. Non mancano altri esempi di opportune successive revisioni.
Cito infatti solo alcuni esempi per ribadire che nella Costituzione si trovano spazi che – allo scopo di difenderla e migliorarla – si possono o si devono modificare. Il dibattito in merito al Referendum costituzionale è pertanto un’occasione preziosa per consolidare nel nostro popolo un processo di crescita politico-intellettuale dell’idea moderna di democrazia; non di una democrazia elargita, ma di una democrazia partecipata e conquistata. Un’idea rigorosa ma aperta e laica di Costituzione. Un’occasione per rafforzare l’affetto per la nostra Carta e insieme la lucidità laica di volerla migliorare.
Molto bella l’affermazione di Roberto Benigni, che – interrogato sul voto – ha risposto: “col cuore voto NO, e voto SI con la testa”, riaffermando icasticamente tutto l’amore che dobbiamo alla nostra grande Carta col cuore, e insieme tutta la lucidità politica con la testa per migliorarla, con il SI.
Luigi Berlinguer