Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative.
Ho deciso di pubblicare un estratto di un articolo di Matteo Feltri da “La Stampa” per rendere evidente quanto difficile sia, nel nostro paese, portare a termine alcune riforme, cercare di cambiare qualcosa.
Siamo tutti d’accordo che alcune siano necessarie e urgenti ma ognuno ritiene indispensabili sempre quelle degli altri e che quelle proposte siano sempre sbagliate e a volte anche pericolose.
Il sospetto che si vogliano difendere atavici privilegi mi sembra legittimo; che ognuno abbia paura di perdere quello che ha guadagnato come categoria fregandosene dell’efficienza del servizio, anche questo appare evidente. Anche i sindacati, le centinaia di sigle presenti in Italia con le migliaia di appartenenti distolti dal lavoro produttivo (c’è un giusto mezzo anche per questo) non sono indenni da colpe. Basta pensare ai sindacati autonomi del Parlamento e alle loro proteste appena si è pensato (basta solo il pensiero) di toccare i loro privilegi e moderare i loro compensi.
Poi ci si può anche domandare se chi elabora queste riforme sia sano di mente, visto che il più delle volte queste vengono etichettate come peggiorative e in molti casi addirittura pericolose per la libertà e la democrazia di chi le deve subire.
Quindi qui non si tratta di cambiare tutto per non cambiare niente, si tratta di non cambiare niente per mantenere il tutto.
Premetto che raramente nei miei modesti articoli mi spingo oltre spiccioli argomenti di costume ma questo della Stampa mi ha colpito e arriva “a fagiolo” per il momento politico attuale, anche se il senso era quello più generale della strenua difesa di ogni categoria dei privilegi acquisiti in anni di mancato, o volutamente mancato, controllo amministrativo.
Faccio indiretta propaganda per il si? Perché no? Sono libero di scrivere il mio pensiero che a qualcuno non può piacere ma in questo caso non è il giornale, che parteggia, ma semplicemente chi è stato sollecitato a tenere questa rubrica e si sente autorizzato ad esprimere il suo pensiero. Pensiero senza alcun vincolo di partito se non per quella simpatia che ti fa sentire di sinistra, come me, oppure di destra come il mio amico Riccardo.
L’articolo è un elenco parziale dei commenti degli vari attori quando si pensava di fare riforme proprio nel loro ambito. Tutti contro con toni sempre apocalittici, con il risultato che tutti conosciamo.
Con il Paese nelle condizioni che sappiamo.
“La riforma/abolizione delle province non piaceva alle province e ai sindacati dei lavoratori delle province perché racchiusa in «interventi legislativi scoordinati», perché «un’anomalia in Europa», perché «confusa, pasticciata, sbagliata», perché «accentrerà la spesa pubblica», perché «produrrà solo caos», perché «poco coraggiosa» e soprattutto perché le province erano indispensabili per «rilanciare il valore di prossimità territoriale», qualunque cosa voglia dire. La liberalizzazione dei taxi ha inquietato i tassisti («riforma omicida»), quella dei commercialisti ha inquietato i commercialisti medesimi («progetto scellerato»), quella delle farmacie ha inquietato i farmacisti di città («a rischio le farmacie nelle città») e i farmacisti di montagna («a rischio le farmacie montane»). E non è mai una questione egoistica, anzi, altamente sociale. La riforma dei musei va a discapito «dei visitatori», quella dei dentisti compromette la «riabilitazione masticatoria degli anziani», quella dei benzinai favorisce «la potente lobby dei petrolieri».
Riforma della Giustizia. Nel 1997 l’attuale segretario del sindacato dei magistrati (Anm), Piercamillo Davigo, spiegava che «non risolve i problemi, anzi li aggrava»; nel 2004 spiegava che «non aumenta la nostra professionalità, semmai la diminuisce». Per Antonio Di Pietro, non erano riforme ma «un colpo di mano», «una vendetta», «un inciucio», «una deformazione dello stato di diritto», «una truffa mediatica», «un provvedimento criminogeno». Per il sindacato, «inefficace», «un attentato», «punirà i giudici», «pericolo fascista», «gravissima», «regolamento di conti», «incostituzionale», «ingestibile», e per fare sintesi se ne deve pensare «tutto il male possibile» e «va rivista tutta». In genere gli avvocati si limitano a scioperare, ma soltanto se la riforma riguarda gli avvocati.
Riforma scolastica. Quella di sinistra di Luigi Berlinguer non piaceva a Gianfranco Fini: «Va restituita dignità ai docenti», quella di destra di Letizia Moratti aveva un obiettivo: «Si vogliono regionalizzare gli insegnanti». Quella di Stefania Giannini l’obiettivo opposto: «Si vogliono deportare gli insegnanti». Ogni autunno è caratterizzato da cortei di studenti che protestano contro qualsiasi riforma perché qualsiasi riforma fa della scuola un’azienda, e «la cultura non si commercializza». Seguono prese di posizione di Cgil, Cisl e Uil del comparto di pertinenza. «Tutto sbagliato». «E’ tutto da rifare». «Riforma da abolire». «Grosso pasticcio». «Si scommette sull’ignoranza». Perfino un «si smantella lo stato nazionale» (e una riforma non piaceva al leghista Francesco Speroni «perché non è federalista»).
Non osiamo nemmeno mettere gli occhi sulle riforme del lavoro, delle pensioni, della sanità, del welfare. Non abbiamo dettagliato sulle sottocategorie cattoliche delle varie corporazioni - tipo i notai cattolici - che si sono opposte allo «stravolgimento della famiglia» in una delle tante proposte di riforma con risvolti etici. Forse è più istruttivo dare qualche spazio allo scandalo sollevato negli interessati dalla riforma del terzo settore («è senza anima»), delle guardie mediche («ha superato ogni limite»), dell’editoria («incompleta»), della Rai («dalla padella alla brace»), della tv («pasticciata»), della polizia («precipitosa e insensata»), dell’università («effetti devastanti»), dei porti («va nella direzione sbagliata»), dei produttori di vino («inaccettabile»), dei produttori di zucchero («occorre cambiare tutto»), degli operatori del settore del tabacco («effetti dirompenti») e, siccome tocca concludere, lo scandalo sollevato dalla riforma del Coni nella Federazione autonoma pugili, che nel 1999 chiedeva «più rappresentanza» per i suoi iscritti. I pugili l’avranno spuntata, supponiamo”.
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Il pensatore di Rodin