Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative.
Il referendum è uno strumento di democrazia partecipativa dove gli elettori possono pronunciarsi sul tema in oggetto esercitando quasi direttamente il potere legislativo.
Gli aventi diritto al voto, conoscitori del contenuto referendario, esprimono un libero giudizio in relazione ai propri convincimenti. L’esito finale, frutto di una maggioranza di voti espressi senza condizionamenti da elettori consapevoli, rappresenta il trionfo della democrazia.
Questo è il teorico percorso di un normale e democratico referendum che al termine dovrebbe celebrare la sovranità popolare.
Pertanto, affinché l’esito di un referendum possa avere un reale valore, necessità di una condizione imprescindibile: la corretta conoscenza del tema referendario.
Conoscenza che sarà tanto più difficile da acquisire quanto più complessa si mostrerà la materia oggetto di referendum.
Per il referendum che ci attende il 4 dicembre siamo sicuramente in questo contesto di difficoltà. Un vasto e articolato contenuto che per qualità e quantità non agevola la completa conoscenza su quanto dobbiamo esprimerci. Ridurre tutta la complessa materia a una scelta binaria rischia di generare un voto su qualcosa di completamente diverso, ovvero un voto frutto di una miscela composta dalla comprensione dell’argomento referendario e qualcos’altro, in percentuali che possono variare moltissimo in ognuno di noi.
La percentuale di comprensione deriva dal nostro impegno nel cercare di afferrare il contenuto di ciò che viene sottoposto a referendum, mentre la rimanente parte è frutto dell’aggressione (il termine è forse improprio, ma rende l’idea) cui siamo sempre sottoposti quando dobbiamo fare una scelta.
Ecco allora che il dibattito pubblico viene creato solo su pochi passi dell’intero tema, quelli che più fanno presa, da una parte e dall’altra, in positivo e in negativo secondo i singoli convincimenti. Giornalmente nei talk show, sui giornali, nei canali d’informazione televisivi e radiofonici siamo bombardati su tali punti che rischiano di diventare i soli sui quali una parte dell’elettorato si esprimerà, semplificando inopportunamente e sminuendo l’intero argomento oggetto del quesito.
Oppure ridurre il referendum ad un giudizio politico sull’operato dell’attuale Premier e dell’ Esecutivo che presiede. Diversi personaggi politici lo stanno orientando in tal senso e anche il Premier, almeno agli inizi della campagna referendaria, ci ha messo del suo. Per questo giudizio ci sono le elezioni politiche, no questo referendum.
Economia, finanza, immigrazione, fisco, occupazione sono tematiche importantissime, ma in questo momento stiamo parlando di un’altra cosa. Se continuiamo a esercitare l’arte del mescolare non ne usciremo mai.
Se in questo quadro inseriamo il particolare momento storico dell’attuale politica (non solo in Italia) dove i grandi partiti tradizionali che hanno dominato la scena degli anni passati sono in sensibile difficoltà, dove si riscontra un’attività politica sempre più frammentata, comportamenti degli addetti ai lavori non sempre irreprensibili e conseguentemente elettori sempre più scettici e disillusi che tendono a spostarsi verso un pericoloso individualismo, ecco che l’impasto è servito.
E i risultati a sorpresa nelle competizioni referendarie sono conseguenti: Colombia (accordo governo-Farc), Inghilterra (Brexit), Ungheria (migranti) e forse ne dimentico qualcuno.
Il voto è il momento culminante della vita democratica, è l’atto che sancisce la sovranità che appartiene al popolo.
Ma perché questo atto abbia un effettivo valore occorre che, chi lo compie, sia veramente interessato e coinvolto alle questioni che riguardano la collettività in uno scenario di piena libertà, privo da condizionamenti.
Se quando andiamo a votare abbiamo scarse conoscenze tecniche, peraltro gravate da chiacchere faziose che incrementano l’esposizione al condizionamento ideologico, se restiamo per lungo tempo esposti a propaganda politica molto spesso maliziosa, se tutto questo accade comincio ad avere qualche dubbio su questo momento culminante.
È vero che il voto è il momento massimo della democrazia, ma lo è a condizione che tutto il percorso fatto in precedenza non sia stato minato.
Ovviamente tutti noi pensiamo di non incorrere in questi rischi, siamo convinti di ragionare sempre con il nostro cervello, di essere scevri da condizionamenti, di avere una cultura politica e una indipendenza di pensiero blindata.
Bene, ciò vuole dire che con il voto raggiungiamo il culmine del processo democratico.
Se, però, per qualcuno di noi non fosse così, significa che la sola espressione del voto non può essere sinonimo di una democrazia matura.
Significa che forse entriamo in cabina non come persone libere….