Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative.
Avevo provato tutti i tipi di trasporto per andare da Metato o da Migliarino fino al mare: a piedi, in bicicletta, col mosquito, la vespa, il carro, barca, camion, auto, ma il più bel viaggio fu quello con la diligenza.
La diligenza, tirata da due cavalli, partiva da Metato la mattina all'alba per arrivare fino a Torre del lago facendo una fermata sulla rotonda di Montioni dove a quei tempi c'era solamente una grande baracca di paglia dove stavano al fresco i ragazzi dei Salesiani, appartati il più possibile perché la gente non vedesse i loro corpi bianchi e loro non vedessero troppa carne abbronzata, specialmente se aveva sopra un costume da donna.
La diligenza aveva il cassone lungo, dove trovavano posto una decina di persone sedute su due panche messe ai lati. A riparare dal sole pensava un telone unto e bisunto che sapeva di cavallo e di stalla. L'odore però non era il solo pensiero che ti invitava scendere alla prima fermata, se ci fosse stata; c'era il pericolo maggiore di finire addosso a quelli seduti davanti quando la ruota entrava in una buca e il tegamino con la pastasciutta rotolava frai piedi insieme alle fette di mortadella che erano uscite da quelle di pane che erano scivolate dallo sportino fra le gambe del viaggiatore.
Era molto difficile che ci fossero fermate intermedie, perché la corsa partiva completa dal paese; anzi, si lasciavano a casa parecchie persone che quel giorno il bagno di sole o di mare non l'avrebbero fatto perché c'era un solo mezzo che faceva un solo viaggio.
I clienti erano perlopiù vecchi con l'artrite che andavano a fare i bagni di rena, con la borsa del mangiare e un immancabile ombrello nero per ripararsi la testa dal sole mentre tutto il resto del corpo sarebbe rimasto tutto il giorno sotto uno strato di sabbia bollente.
Il cocchiere proprietario di tal carro era tal Trottello, quello che abitava in via “Gallonzeri” e aveva, vicino a casa, un gran fico di quelli castagnoli, ma intoccabili. Altro suo mestiere era quello di andare d’estate per le vie polverose del paese, con una gran botte sul barroccio, per annacquare le strade affinché non ci fosse in giro tanta polvere. Andava col cavallo a passo lento, perché le strade non erano certamente lunghe e larghe e il giro sarebbe finito troppo presto e poi lui riscuoteva ad ore.
Ci pensavamo noi ragazzi a farlo andare piano, perché metà dell'acqua che usciva dai fori dall'annaffiatoio fissato dietro la botte, invece di finire nella polvere, serviva da nostra doccia. Correvamo dietro e ai lati del carro come quando passava il gelataio che, per richiamare l'attenzione dei piccoli e delle mamme, suonava una tromba uguale a quella che mio nonno Antonio usava sulla ferrovia, ma che alternava suoni, urli e inviti:
"Piangete bambini che mamma ve lo compra.!"
Trottello non aveva bisogno di trombe per farsi sentire arrivare.
Se non era lo zoccolìo del cavallo che richiamava i ragazzi al bagno, erano i moccoli e le urla del guidatore che facevano da richiamo. Urla contro chi si avvicinava troppo al mezzo, contro chi correva vicino alla bestia che si poteva spaventare, contro le biciclette che incontrava in senso inverso e che lo costringevano a ridurre il getto dell'acqua perché una cosa è bagnare dei bambini che volevano in finfine essere bagnati, ma un altra è annaffiare i passanti che in fin dei conti erano i suoi datori di lavoro.
Ma poi non c'era bisogno che ci fosse un pretesto per urlare. Trottello urlava sempre.
Presentatosi da Salza, una delle rare volte che si spinse fino in città, apostrofò la commessa con il suo maledetto modo di fare e dire che, anche senza volerlo, offendeva chi ascoltava e colui al quale era diretto:
"Oh 'un ce l'averebbe mïa du' pastacce per la mi' bimbaccia?"
"Ma signooore, cosa dice maiii , noi abbiamo solo paste della migliore qualità."
"Sì, vabbè, ma mi basta du' pastacce per quella nata di 'ane che sennò sta sempre appiccïata alle puppacce della maialaccia di su' ma’."
E prese le du' pastacce se ne ritornò a casa con quel suo barrocciaccio tirato da quel cavallaccio che se avesse parlato ne avrebbe dette di più grosse di Trottello.