Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative.
Il Castellaccio, misura lo spessore storico di Filettole……
Filettole a dispetto delle dimensioni e dell’aria dimessa, tipica della periferia urbana di qualsiasi zona grigia ed incolore, periferica per elezione e paradigmatica di una mediocrità aurea, quanto diffusa e analoga a molte realtà anonime e omonimie categoriali dell’anima, apparentemente prive di un passato significativo o almeno degno di essere menzionato, è un insediamento urbano relativamente antico, carico di storia.
Se ne trova menzione già in epoca classica, in corrispondenza della coeva esperienza dell’espansione romana, a lungo bloccata al nord del Serchio, dalle belluine tribù di Liguri, particolarmente bellicose e fiere, gelose della propria indipendenza, che furono sconfitte, ma non assimilate dall’Urbe molto tardi e con affanno.
Solo dopo le guerre puniche, Roma ne ebbe ragione, con un notevole impegno e dispendio di risorse, in una campagna militare durissima, al termine della quale i romani procedettero alla costruzione di nuovi insediamenti per ripopolare l’intera area, con genti provenienti da altre regioni, che da allora costituiscono una vera isola linguistica ed una enclave etnica a sé stante nel contesto regionale, nelle province di Massa e di Carrara.
Il Serchio insieme al Rubicone, segnò a lungo il confine dello stato Romano, che si spinse solo a pochi chilometri a settentrione della riva destra del suo corso, comprendendo anche il piccolo insediamento rurale, appannaggio di coloni romani, qui stabiliti e che probabilmente lo battezzarono con il nome di pianticelle vegetali che vi crescevano abbondanti e rigogliose, simili alle felci… fillix da cui Filettole…
Per altri il nome di Filettole è dovuto agli avamposti militari, detti Fylakterion dai bizantini, che si erano acquartierati nella piccola località, per difendere Pisa, bizantina ed evoluta, dai longobardi stanziati a Lucca.
Questa situazione segnerà il destino futuro dei luoghi, individuandone la vocazione ed il ruolo nei secoli successivi, caratterizzandone le sorti e influenzandone con eventi cruenti, le vicende spicciole e la storia, con il loro sostanziale carattere di frontiera e confine tra realtà alternative, ostili e diverse, teatro di eterna frizione e scontri, guerre e conflitti endemici, che si concluderanno solo nel XVII secolo, per l’inutilità della necessità del contendere.
La gola stretta tra i monti, dove scorre il Serchio, è stata a lungo l’unico punto di contatto accessibile alle armate contrapposte delle due città vicine, stanti anche le estese paludi che difendevano Pisa da lì fino al mare e ciò ha giustificato da entrambe le parti, la costruzione di un vasto ed imponente sistema difensivo, contrapposto a quello analogo dell’avversario…
Il sistema pisano era massiccio e sofisticato, facendo pernio sulla Rocca di Ripafratta e le sue decine di torri ausiliarie dispiegate sui rilievi vicini, ma poteva contare anche sul castellaccio di Filettole, realizzato con la ristrutturazione dell’antico convento di Santa Viviana, a suo tempo un sito di pace e raccoglimento claustrale, per l’amenità del panorama, la vegetazione lussureggiante, la bellezza della natura, la cornice delle colline, in un quadro bucolico che non riusciva a calmare le istanze belliche, ispirando semmai bramosia e sentimenti di rivalsa e di conquista, che sfoceranno più volte in lotta feroce e senza tregua, ponendo il luogo di culto, al centro di furibonde battaglie tra le due fazioni, che consigliarono il trasferimento delle religiose e la fortificazione della loro residenza.
Intorno al 1100, il convento fu prescelto quale luogo per siglare una pace decennale, che però fu usata solo per guadagnare tempo da ambo le parti, che temporeggiando rafforzarono le rispettive fortificazioni per riprendere con maggior lena futuri conflitti, sprecando miseramente l’occasione di una composizione dei dissidi.
Le fortune di alternarono con frequenza, seguite da armistizi brevi e instabilità militare endemica della linea di confine, in guerriglie continue, che comportarono tragedie, migrazioni, morte e distruzione anche tra la popolazione, finche’ Pisa sembrò prendere il sopravvento, dopo aver sconfitto con Siena, i fiorentini, nella battaglia di Montaperti, inviando 2000 balestrieri.
Negli anni successivi al 1265, vengono distrutte le fortezze lucchesi sulle pendici collinari e i pisani riescono a sottomettere gli avversari, imponendo quale condizione per la pace, il disarmo futuro dei castelli di frontiera, peraltro distrutti nelle operazioni e costruendo per aver completa e stabile ragione di Lucca, la maestosa ed imponente torre dell’aquila, all’apice delle colline da sempre contese.
Era la torre più alta e munita che si fosse vista, poderosa e formidabile a vedersi, efficace e temibile in battaglia, costituiva un saldo presidio del territorio, capace di assicurare e stabilizzare il controllo dei rilievi, quale ago della bilancia in grado di mutare gli equilibri locali, decisamente a favore di Pisa.
Dopo una manciata di anni, tuttavia, i lucchesi riuscivano di nuovo a prevalere e occupare le colline arrivando fino a Vecchiano con scorrerie continue, che gli permisero di completare nel 1275 la distruzione della nuova torre, demolita in verticale, per renderla con minimo sforzo innocua e vulnerabile.
Ancor oggi è visibile la sua sagoma sorprendentemente sezionata nel senso dell’altezza, come un gigantesco bignè tagliato da un coltello affilato, mentre le pietre e le macerie furono abilmente riciclate nella costruzione della facciata dell’attuale chiesa di San Maurizio, usando allo scopo anche detriti di origine romana.
I genovesi nel 1284 ottengono una clamorosa vittoria navale, alla Meloria, con esiti che assumeranno per Pisa, dimensioni drammatiche e gravide di conseguenze, scippando la supremazia marittima ai toscani, che si troveranno in grosse difficoltà anche in terraferma, non riuscendo a contenere l’offensiva dei guelfi della regione, che si imporranno distruggendo i castelli e riottenendo dal conte Ugolino la rocca a Ripafratta.
Pisa si riprese sul teatro terrestre e riuscì in diverse occasioni a sconfiggere di nuovo i fiorentini, con Uguccione della Faggiola e Castruccio Castracani degli Antelminelli, arrivando sotto le mura della città gigliata, provando ad allagarla, ed assediandola a più riprese, ma il momento favorevole era passato, l’occasione sprecata non si ripresentò, consentendo a Dante di collocare Farinata degli Uberti, in purgatorio, quale ricompensa per aver salvato Firenze, perorandone la causa per impedirne la distruzione… alla dieta dei toscani ghibellini convenuti a Empoli, per deciderne le sorti…..
Infine Firenze dopo una serie di successi militari, entrò a Pisa da dominatrice, corrompendone i governanti e con astio rancoroso, la sovraccaricò di tasse e balzelli, per stroncarne la vitalità economica ancora vivace, infierendole il colpo di grazia permettendo l’interramento del porto e costruendone uno ex novo, al vecchio imbocco meridionale di quello pisano.
Alla fine del 400, prima del precipitare degli eventi, fuorusciti sovversivi ed esuli, avversari politici, esponenti di famiglie decadute, esclusi emarginati e critici del potere, si affrontarono con le armi a Filettole, senza risultati decisivi, salvo i nuovi lutti e i danni provocati dallo scontro e dalle rappresaglie incendiarie…
In quel periodo fu indetto un concilio per superare la “cattività” di Avignone del papato, restaurandone l’autorità e la sede unica, eleggendo un nuovo pontefice a Pisa, che avrebbe dovuto sostituire gli altri due, individuandone la sede provvisoria a mezza strada fra i rivali, con un compromesso anche geografico.
Papa e anti papa, si rifiutarono però di cedere il passo al nuovo eletto, con il risultato deprimente di averne alla fine tre, a combattersi aspramente con bolle e anatemi, sottili discussioni e trattative felpate, ma anche scomuniche reciproche, guerre e conflitti armati, irose proteste e feroci confronti dialettici, poco consoni all’istituzione.
IL PAPA PISANO, in attesa della decantazione della inflazionata presenza di Vicari di Cristo, trovò degna sede nel palazzo dell’arcivescovado, sfrattando il “Primate” della città, che fu costretto a trasferirsi con armi e bagagli nel “Castellaccio” di Filettole, dove dette riparo anche ad una parte della curia e della corte papalina, per mancanza di spazio adeguato a Pisa…
Filettole per qualche anno è stata sede importante dell’istituzione più influente e prestigiosa del mondo, ed ha ospitato i vescovi di nomina fiorentina che si sono succeduti, durante la preminenza di quella città, finche’ la posizione decentrata non li ha indotti a rinunciare…
Pisa intanto continua a mal sopportare la dominazione gigliata, incutendole rispetto e timore e costringendola a costruire fortezze urbane, come l’attuale “Giardino Scotto”, rivolte contro la popolazione, ad esiliarne la nobiltà e le famiglie influenti, mortificarne l’economia e i commerci, trascurarne gli interessi, coltivare l’ostilità di Livorno per la citta madre, danneggiare e umiliare le velleità di riscatto, assistendo inerti al diffondersi della peste, che dimezza ulteriormente la popolazione superstite.
A cavallo del secolo successivo, ne patiscono la rivolta, favorita in un primo tempo dai francesi, calati nella penisola per altre mire e l’assedio che segue, impegnerà nel decennio successivo, gli eserciti di tutta Italia e mezza Europa, intorno alla città.
Alleati diventano nemici con improvvisi cambi di campo, complotti, strategie contorte, azioni militari, scontri durissimi e tradimenti, accordi sottobanco e corruzioni, con milizie e soldataglia che invadono le immediate adiacenze del fronte e occupano Filettole che diventa retroguardia, più che retrovia della linea di combattimento.
Occupata, difesa, poi saccheggiata in giorni alterni dai diversi schieramenti o dalle medesime truppe inviate a presidiarla, percorsa e incendiata da avversari del momento, che il giorno dopo cambiano disinvoltamente bandiera, con il cambiare del vento e delle convenienze e delle strategie diplomatiche, diverrà terra di nessuno, oppure rifugio ed esilio per cospiratori e cospirazioni fallite, mentre Pisa resiste combattendo con ardimento ricacciando eserciti fiorentini ben più potenti uno dopo l’altro.
Quando anche i veneziani, ultimi strenui difensori di Pisa se ne vanno, per impegnarsi a fondo contro i turchi, subentreranno al loro fianco persino i lucchesi, che da nemici diventano in questo frangente alleati preziosi.
L’eroismo non basta, contro la superiorità di mezzi e risorse e le citta cadrà per fame, quando verrà isolata dal porto con un ponte fortificato che impedisce i rifornimenti, mentre a Filettole, regnano fame, malattie e povertà, l’abitato è devastato, i raccolti saccheggiati, soldati e milizie terrorizzano la gente e prevaricano gli abitanti, taglieggiando e depredando, violentando e uccidendo gli inermi abitanti.
Si distinguono in queste azioni, le truppe di mercenari al servizio di Milano, che già nei primi anni del 1400, dopo essersi acquartierati da alleati, diventano feroci occupanti del paese e comandati da Niccolò Piccinino, impegnarono in battaglia, le truppe di mercenari inviati da Firenze al comando di uno Sforza.
Altro episodio particolarmente cruento, nei primi anni del 500, durante l’assedio di Pisa, quando i fiorentini attraversarono in forze il Serchio a Ripafratta e centinaia di archibugieri seminarono il terrore tra i filettolini indifesi, razziando il paese.
La storia di Filettole è comunque assai più vasta e complessa della breve sintesi che ne ho fatto, ma anche con le semplificazioni estreme cui sono stato obbligato, per opportunità di spazio, lascia intuire un patrimonio imponente di eredità morali e storiche e di esperienze civiche e sociali, confluenti in un passato di spessore significativo, tale da offrire validi motivi di riflessione ed una serie di moniti ancora attuale e pulsante.