Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative.
Partiamo da qui: 88.000 e rotti milioni di euro la raccolta dei monopoli per il gioco d’azzardo nel 2015 e una previsione di 95.000 milioni per il 2016. E’ vero che una parte viene restituita come premi ma sappiamo bene, e lo sanno anche loro conoscendo i giocatori, che la vincita erogata sempre in piccole somme verrà di nuovo puntata e il conto finale rimane che non ci sarà mai nessun vincitore. Lo sanno tutti, compresi i giocatori.
Si tratta, come tutti sappiamo, di una vera e propria malattia che ha anche un nome scientifico e si chiama ludopatia. Come una droga non si può smettere, come con l’ eroina. La dipendenza è la stessa e la disassuefazione senza aiuto impossibile, serve l’intervento esterno di centri specializzati. Che sono statali (a parte quelli per ricchi diffusi in tutto il mondo e costosissimi) e che pesano sulle casse pubbliche come tutte le altre malattie. A conti fatti esclusi i gestori dei locali delle slot e i monopoli, per lo stato (e quindi per tutti noi) è solo una rimessa.
Perché alle spese mediche bisogna sommare il costo delle giornate lavorative perse, la spinta al ricorso all’usura e alle attività delinquenziali per il reperimento di nuovo denaro, le crisi familiari che spesso sfociano in tribunale, le separazioni, i figli abbandonati che devono essere comunque assistiti.
Come per il fumo, causa di tumori dell’apparato respiratorio con ingenti spese mediche e ospedaliere, se si andasse a vedere i conti finali quello delle slot sembra più una rimessa che un guadagno per il nostro sistema sociale e sanitario. Poi ci sono segnali di una nuova tendenza legislativa che, nelle more di una nuova regolamentazione centrale, pare che tenda a sovvertire molte delle leggi regionali in materia. In alcuni casi leggi ben fatte e molto più limitative nei confronti dell’installazione di questi strumenti di gioco.
I comuni hanno scarso potere di controllo e possono solo cercare di sensibilizzare gli operatori, propagare una cultura di rifiuto e di consapevolezza, proporre degli incentivi per favorire la dismissione di queste macchinette.
Molti circoli per fortuna lo hanno fatto, come quello di Migliarino, che ha allestito anche una piccola biblioteca. Un segnale, poco più, ma importante per indicare una strada. Speriamo che altri seguano l’esempio.
Oltre le slot le possibilità di buttare i soldi in maniera stupida non mancano. In molti bar e rivendite di tabacchi si possono acquistare i gratta e vinci, ci sono sale Bingo che utilizzano le regole (amplificate fino all’estremo) della tombola ma che con questa non hanno niente a che fare. Con una ventina di euro un’anziana può giocare a tombola divertendosi una serata intera, e magari anche vincere come qualcuno che conosco, mentre in una sala Bingo (dove non puoi nemmeno scambiare una parola con la vicina di sedia) con la stessa cifra puoi si e no giocare un quarto d’ora. E ancora le scommesse nelle sale corse, i centri Snai dove puoi puntare su tutto, anche sulla Raggi e sulla sua permanenza o meno al Campidoglio.
Per non parlare delle scommesse clandestine. Soldi buttati su gare tradizionali o anche su altre più bizzarre, come le corse dei cavalli su strade statali nel sud, su corse di automobili (sempre su strade pubbliche) o sulle lotte dei cani. Ma su queste non ci sono dati ufficiali.
Poi ci sono i giochi online. Questi sono rivolti ai più giovani, esperti di computer, e anche a qualche anziano più evoluto. Spot pubblicitari compaiono continuamente durante i programmi televisivi in maniera ossessiva e accattivante, offrendoti anche una somma di denaro in entrata. Certi che perderai non solo quelli ma molti altri dei tuoi.
E’ il segno della decadenza economica, sociale e culturale del Paese. Non c’è niente da fare. Stiamo uguagliando la spesa per gioco d’azzardo dei paesi dell’America Latina, un tempo ben lontana dalla nostra, segno di degrado e di difficoltà sociale.
Sembra che il gioco rimanga l’unica opportunità per molti in difficoltà di uscire da un momento di crisi economica. Il tentativo di affidare ala caso, alla fortuna, la possibilità di risolvere con una vincita inattesa quello che non si è stati capaci di risolvere con un impegno personale. Per responsabilità diretta ma spesso anche per responsabilità di uno Stato non sempre vicino ai suoi cittadini. Un’illusione confermata da dati di fatto. Rarissimi sono quelli che possono dire di avere risolto i loro problemi con una vincita. Se non fosse così non avremmo i monopoli e nemmeno così tante opportunità di gioco.
Ci sono anche molti giocatori benestanti, persone che non lo fanno per cercare di dare, con una vincita, una svolta alla loro vita, ma lo fanno per divertimento, molto spesso cercando di riempire con il piccolo brivido di una vincita la loro vita noiosa e monotona. Gente spesso capace e intelligente ma che buttano via la loro esistenza in attività passive e inutili, che non hanno saputo sfruttare e utilizzare per gli altri la loro conoscenza e la loro formazione.
Insomma opportunità di gioco ne esistono tante e se ne prevedono ancora di più in futuro.
Difficile resistere? Dipende tutto da noi, dalla nostra capacità di riconoscere il pericolo rappresentato da una tesserina da cancellare, o da uno schermo luminoso che promette brivido e piacere. Se alcuni non sanno resistere almeno proviamo a ridurre le tentazioni liberandoci di queste scatole infernali, forse la definizione che più si addice alle "slot machine".
Da “L’uomo d’azzardo” di Piero Ianniello edizioni MdS
“Potevo uscire, guardare la TV, mangiare, fare l’amore, ma in fondo non aspettavo altro che il momento in cui sarei potuto tornare a sedermi al tavolo verde. E ricevere le carte. Era quello il compimento della mia vita, il definitivo appagamento fisico e spirituale. Il mondo parallelo più prossimo all’estasi, all’euforia, al nirvana. Alla vita che perdeva ogni senso. Che poteva diventare morte.
Vivevo nella disperazione, che mi prendeva ogni volta che ero fuori dai locali. Praticamente, ogni volta che tornavo in me. Un senso di rimorso che si andava gonfiando di giorno in giorno, al pari delle cifre che sprecavo.
Mi vedevo inchiodato al muro, messo alle strette dalle mie stesse abitudini. E mi sembrava si parlasse di un’altra persona”