Una vicenda tutta personale viene descritta in questo nuovo articolo di Franco Gabbani, una storia che ci offre un preciso quadro sulla leva per l'esercito di Napoleone, in grado di "vincere al solo apparire", ma che descrive anche le situazioni sociali del tempo e le scorciatoie per evitare ai rampolli di famiglie facoltose il grandissimo rischio di partire per la guerra, una delle tante.
Le foibe sono particolari pozzi naturali tipici delle aree carsiche. Attraverso questi pozzi l’acqua che scorre in superficie sprofonda nel sottosuolo. Recuperare qualcosa che ‘cade’ in una foiba è difficilissimo. “Proprio per questo – spiega il sindaco Sergio Di Maio - le foibe, assieme ad altre cavità naturali, vennero utilizzate durante la seconda guerra mondiale per liberarsi dei corpi dei caduti negli scontri tra nazifascisti e partigiani. Il movimento di liberazione sloveno e croato utilizzò poi le foibe per occultare le vittime della sua violenza.
Dopo l’8 settembre, con il crollo delle strutture dello stato italiano, la zona di Trieste, Gorizia, Pola e Fiume fu caratterizzata infatti da un movimento partigiano i cui tratti caratteristici furono un giustizialismo sommario e tumultuoso, un nazionalismo morboso, un forte senso di rivalsa sociale e un chiaro disegno di sradicamento della presenza italiana.
L’avversione verso tutto ciò che era italiano nasceva dal programma di distruzione integrale dell’identità slovena e croata realizzata dal governo fascista e che portò alla semplificazione, nelle masse, dell’equivalenza fra fascismo e Italia”.
Come scritto nella relazione della Commissione storico-culturale italo-slovena sui rapporti tra i due paesi tra il 1880 e il 1956, la violenza slovena e croata si verificò in un clima di resa dei conti per la violenza fascista e di guerra e pare in larga misura frutto di un progetto politico preordinato che prevedeva l’annessione della Venezia Giulia al nascente stato jugoslavo.
“È importante ricordare – precisa l’assessora Sonia Pieraccioni – che sebbene il termine ‘foibe’ sia consolidato come sinonimo dei massacri perpetrati al tempo, soltanto una parte delle vittime finì i suoi giorni nelle cavità carsiche: molte morirono nelle carceri e nei campi di concentramento jugoslavi.
Una quantificazione precisa delle vittime peraltro non è possibile: approssimativamente si parla di 10.000 persone”.
In loro memoria la Repubblica Italiana ha istituito il 10 febbraio come solennità civile al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e delle altre vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale.
“In occasione del Giorno del ricordo – prosegue Sonia Pieraccioni – l’amministrazione comunale ha organizzato un incontro dedicata propeio alle storie dei confini orientali tra il 1925 e il 1954”.
L’incontro, a cura di Daniela Bernardini e Luigi Puccini e che vedrà la testimonianza di Teresa Benussi, si terrà venerdì 10 febbraio presso la Sala del Consiglio del comune di San Giuliano Terme, con inizio alle ore 17.00.
“Il Giorno del ricordo – conclude il sindaco Di Maio – deve essere l’occasione per una riflessione su quei tragici eventi, sulle loro cause e le loro conseguenze. Sono convinto che la memoria debba essere la base per la costruzione di nuovi percorsi di riconciliazione tra i popoli e per la costruzione di una società sempre più integrata e rappresentativa delle sue molteplici tradizioni”.