Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative.
RABACCHIOTTO
Lett: RABACCHIO.
Termine arcaico [derivato dal verbo rapare, forse tosare. Rapax-cis in latino significa fanciullo].
In dialetto è stato modificato con l’aggiunta di un suffisso di valore vezzeggiativo, come in ragazzotto, bambinotto, scemotto ecc.
Si attribuiva questo aggettivo ad un bambinetto robusto e ben fatto, sveglio ed intelligente.
RAFANI
Lett: RAFANO.
Il rafano è il [ravanello] e in floricoltura anche la costola longitudinale delle piante.
Entrambe le cose non hanno niente a che fare con il significato dialettale del termine che è quello di essere nei guai.
“Son proprio ne rafani!” : sono proprio nei guai!
E’ espressione usata ancora oggi con identico significato.
RAMARE
Lett: RAMARE. [In agricoltura spargere il solfato di rame sulle viti o simili].
Ramare indicava appunto l’atto di spargere sulle viti un composto di solfato di rame e calce spenta che prendeva il nome di ramato o, in questa zona, semplicemente rame o verderame.
Il composto si otteneva sciogliendo in un capace recipiente dei cristalli di solfato di rame, una polvere azzurrina, che veniva messa dentro un sacchetto di balla e legato in cima ad un bastone, come un manico di scopa, ed immerso nell’acqua.
Si lasciavano sciogliere i cristalli girando il composto di tanto in tanto, talvolta con l’aiuto di una granata molto consumata conservata appositamente per questo scopo, badando a girare sempre nello stesso verso per non far impazzire il rame e farlo diventare bruscoloso. Quando era pronto si aggiungeva della calce spenta, bianca, e si mescolava fino ad ottenere un composto che assumeva una colorazione verdastra.
La calce viva (ossido di calcio) era una sostanza caustica che veniva comprata a zolle e spenta mescolandola con dell’acqua, in modo da farle perdere il potere caustico. Questo veniva fatto semplicemente scavando in terra una fossa poco profonda, di solito in forma rettangolare, e aggiungendo alla calce, ancora viva, la quantità di acqua necessaria. Si formava così un composto bianco, morbido, che si depositava sul fondo lasciando alla superficie un velo d’acqua. Quando serviva veniva prelevava con una pala e mescolata al rame.
La stessa calce, con una maggiore diluizione, serviva anche ad imbiancare le abitazioni, la famosa imbiancatura a calcina, che aveva anche un utile effetto disinfettante in un periodo in cui ancora le malattie infettive mietevano molte vittime.
Le fosse della calcina erano spesso trappole per i bambini che correndo ci cadevano dentro, con grande spavento dei genitori.
Il rame veniva poi sparso sulle viti con un attrezzo chiamato semplicemente macchina del rame, formato da un contenitore per il liquido, una leva che serviva per pompare l’aria ed un tubo di gomma che proseguiva con un’asta metallica terminante in punta con un ugello, per vaporizzare la miscela.
Il rame aveva una funzione preventiva contro l’attacco della peronospora, un parassita delle viti assai temuto dai contadini.
Per curiosità riportiamo che questa miscela veniva chiamata anche “poltiglia bordolese” perché scoperta casualmente nella città di Bordeaux circa un secolo prima.
RANNATA
Lett: RANNATA. [Bollitura nel ranno che si dà ai panni o altro in una pentola o paiolo].
In dialetto si identificava con il ranno che si otteneva facendo passare l’acqua bollente sulla cenere per lavare i panni nella conca o nella massaia.
Foto. Lamberto e il Bigongiali