Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative.
Non capita spesso, ma qualche volta resto coinvolto da un evento, più o meno lontano dalla mia vita reale, che fa nascere al mio interno quella che generalmente si chiama commozione. Quella strana emozione che attanaglia, qui, alla gola, che toglie il respiro e genera lucciconi.
E se quel macigno che si origina in fondo alla laringe non si sposta velocemente, i lucciconi si tramutano in pianto.
Ma cos’è il pianto? Perché si piange?
Si nasce piangendo, così inizia la nostra vita, così presentiamo il nostro biglietto da visita al mondo. Il pianto è il primo modo di comunicazione e lo utilizziamo per esternare i primi bisogni e poco dopo … i primi desideri.
Si piange perché non sapendo ancora parlare, quella è l’unica cosa che in quel momento sappiamo fare.
Però, contrariamente ad altri comportamenti neonatali che nel tempo perderemo definitivamente, il pianto ci accompagnerà per tutta la vita e anche quando sapremo utilizzare un linguaggio verbale, pure il più forbito, per esprimere alcune nostre emozioni torneremo a quella prima manifestazione che aveva caratterizzato il momento della nostra nascita, priva di parole ma ugualmente espressiva.
Nel frattempo, tuttavia, saremo stati capaci di elaborare e organizzare anche questa nostra prima espressione, ingegnerizzandola e ripartendola in varie categorie.
Avremo così il pianto determinato dal dolore fisico, o quello indotto da fattori esterni come quando si sbuccia una cipolla. Il pianto bieco, simulato per raggiungere un obiettivo, o quello professionale delle “Piangenti” utilizzato nei rituali funerari di certe culture. Oppure il pianto a scopo commerciale che troviamo negli spot pubblicitari.
Questi tipi di pianto sono forme di reazioni a stimoli, oppure stili codificati, parti recitate che mai raggiungono la nobiltà di un pianto emozionale che invece nasce da un bisogno interno tendente ad eliminare un accumulo di stress.
A volte, e senza ragione, si ha imbarazzo o vergogna di mostrare così apertamente le nostre debolezze e i nostri turbamenti profondi, forse perché spesso il pianto viene considerato come precarietà o instabilità e non come manifestazione di una sensibilità, per cui coloro che sono assaliti da un pianto emotivo rischiano di non essere presi sul serio, anzi corrono il pericolo dell’intolleranza, non della comprensione.
Non dobbiamo aver timore del nostro pianto emozionale, in quel momento siamo autentici, siamo noi stessi, non assumiamo atteggiamenti di circostanza o facce per l’occasione. Cosa c’è di più genuino e più bello nel liberare quelle tensioni che abbiamo ammassato nella mente o nel cuore e che attraverso le lacrime diventano per tutti leggibili. Col pianto mettiamo a nudo la nostra anima quando si spoglia dell’angoscia nella quale si trova immersa.
Diffido di colui che ostentando apparente durezza dice di non piangere mai. È un eroe arido, attaccato alla propria immagine ed alle sue manifestazioni esteriori, prigioniero di un comportamento ostinatamente autoimposto. Uno così può essere capace di far piangere gli altri.
Ben vengano quelle lacrime sincere che si manifestano attraverso gli occhi ma che derivano dai nostri angoli più remoti, spesso sconosciuti anche a noi stessi. A volte quei lucciconi sono più comunicativi di mille parole.
Fra gli adulti sembra che gli uomini piangano meno delle donne, perché? È forse un problema biologico dovuto ad alcuni ormoni, così come sostengono alcuni studiosi, oppure perché nell’età infantile ci hanno detto che per un maschio piangere “è da femminucce”. È solo un problema culturale? Ma gli eroi del passato piangevano, piangeva Achille, Orlando, Lee e molti altri.
Perfino Gesù piangeva.
Oggi in TV vediamo intere trasmissioni congegnate sull’effetto del pianto e l’evento fa audience. E allora? Perché non farlo per le nostre emozioni. Il nostro self-control deve essere basato sull’equilibrio interiore non orientato all’autolesionismo.
Il pianto può accompagnarci nei vari episodi della vita fino al momento dell’ultimo respiro, quando l’inizio del nostro silenzio sarà più esplicito di ogni discorso, allora forse non piangeremo e vorremmo tanto che le parole di Paulo Coelho potessero rappresentarci:
“Quando sei nato, stavi piangendo e tutti intorno a te sorridevano. Vivi la tua vita in modo che quando morirai, tu sia l’unico che sorride e ognuno intorno a te piange”.
Già, non è da tutti.