Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative.
Uno screzio dentro un locale, qualche parola di troppo, qualche guardo truce, qualche spinta e poi la resa dei conti fuori dal locale. Un’accesa discussione, qualche contusione, un livido passeggero, poi la ragione prende il sopravvento e tutto finisce lì. Chi non si è mai trovato, da ragazzo, in una situazione simile a questa dove lo scontro fisico si riduce a poco e serve soprattutto e manifestare un dominio, a far valere una supremazia, a esercitare un potere. Forse anche e semplicemente per affermare se stessi, per ravvisare nella debolezza dell’altro la propria forza, vera o presunta che sia. Spesso da mostrare agli altri, specie se ci sono di mezzodelle ragazze.
Ma ad Alatri siamo andati molto oltre, ad Alatri si è ucciso. Non solo calci e pugni ma qualcuno ha preso una sbarra di ferro o qualcos’altro e ha colpito alla testa la vittima sfondandogli il cranio e uccidendolo. Erano in nove contro uno, anche questo non depone in favore degli aggressori.
Sono in corso indagini e vediamo a cosa portano ma l’episodio colpisce non solo per la violenza del gesto, spinta fino alle più tragiche conseguenze, ma per il suo significato profondo. Un significato che può sfuggire ad una valutazione superficiale se ci limitiamo a considerarlo semplicemente uno dei tanti fatti di cronaca nera che ci fanno compagnia sui giornali. Oggi siamo abituati a convivere con la violenza e anche a capirla, in un certo modo, senza mai arrivare però al punto di giustificarla. Dietro la violenza troviamo infatti sempre qualcosa di profondo, qualcosa che la nostra mente riesce comunque a capire, a spiegare.
La violenza può nascere da una diversa fede religiosa, da una diversità etnica, da una diversità di genere, di condizioni economiche, da un fatto di corna e addirittura, in questo mondo al rovescio, da una semplice rivalità sportiva. Ma qui, ad Alatri? Come la giustifichiamo? Cosa c’era di profondo nell’aggressione fino all’omicidio? Forse una lite per una bevanda, come dice la ragazza, può spiegarci l’omicidio? Ci troviamo spiazzati da questa futilità, da questa esasperazione e dobbiamo ricorre all’unica spiegazione possibile, che chi ha ucciso ha usato la violenza a causa del suo malessere personale. Nella violenza ha scaricato tutte le sue frustrazioni, le sue delusioni, i suo problemi personali e poco conta se i due arrestati erano già segnalati alla polizia. Qui ci vuole qualcosa di più dell’atteggiamento del piccolo delinquente senza cultura e senza educazione, o del disperato che delinque per pura necessità ma che non ha l’animo dell’assassino.
Gianrico Carofiglio scrive che la violenza nasce da un complesso di inferiorità, dal sentimento di inadeguatezza, oltre che dalla naturale aggressività di cui speravamo di esserci liberati.
Il vescovo di Alatri dice che “ si è perso il senso della comunità, le radici del rancore sono seminate ovunque, come spazzatura” e ricorda che da anni la Chiesa denuncia come l’emergenza educativa sia uno dei più grandi mali del nostro paese. Emergenza che coinvolge scuola e famiglia, e forse anche la stessa Chiesa. Ecco che nasce la violenza cieca, quella che non ha un limite.
Come Stato e come Società abbiamo un doppio problema. Il primo è quello di dare una nuova speranza ai tanti giovani per bene che studiano, si laureano, si danno da fare e cercano un lavoro che spesso non trovano. Quello che oramai da tempo non riusciamo a trasmettergli è la speranza nel loro futuro, ed è un problema che prima o poi i nostri governanti dovranno affrontare quando sapranno staccarsi dalle loro spesso incomprensibili beghe politiche.
Il secondo è quello di questi giovani così sbandati, con un malessere di vivere che non ha niente di poetico ma che si manifesta in questi gesti assurdi che la nostra mente riesce difficilmente a capire mancando un motivo vero, profondo, valido per giustificare tanto odio e disprezzo per la vita. Qui quel motivo viene a mancare e resta difficile capire come si riesca a superare tutte le barriere che normalmente si frappongono fra la normale aggressività e il gesto estremo. Barriere culturali, civili, razionali, religiose che in questi casi sembrano mancare, superate da un malessere talmente profondo da trasformare giovani esuberanti in carnefici violenti.
Viviamo oramai in una società arrabbiata, egoista, senza educazione, senza cultura, senza memoria storica e dove il senso della bellezza è sceso talmente in basso da vedere oltraggiate da imbecilli opere millenarie solo per il gusto del gesto, opere che facevano della nostra società l’avanguardia della civiltà. Non ci si deve quindi meravigliare di questi fatti, una conseguenza inevitabile di un problema educativo vasto e profondo, un problema molto serio e difficile che sembra non venir percepito con la necessaria urgenza da chi se ne dovrebbe occupare e preoccupare.