Una vicenda tutta personale viene descritta in questo nuovo articolo di Franco Gabbani, una storia che ci offre un preciso quadro sulla leva per l'esercito di Napoleone, in grado di "vincere al solo apparire", ma che descrive anche le situazioni sociali del tempo e le scorciatoie per evitare ai rampolli di famiglie facoltose il grandissimo rischio di partire per la guerra, una delle tante.
In una bella mattina di primavera, esattamente 730 anni fa, il 18 aprile 1287, Dante Alighieri venne a Migliarino, allora chiamato semplicemente “Tenuta di Milliarino”, ospite di Alemanno di Jacopo Salviati per cercar conforto dalle pene d’amore per la riluttanza della bella Beatrice, sua musa in poesia e sua spina nel cuore.
Il Sommo aveva già in mente la stesura de “Vita nuova” che si rivelerà opera magistrale, di lì a pochi anni, con un sonetto dedicato appunto a Beatrice:
Tanto gentile e tanto onesta pare
la donna mia quand’ella altrui saluta,
ch’ogne lingua deven tremando muta,
e li occhi no l’ardiscon di guardare.
Ella si va, sentendosi laudare,
benignamente d’umiltà vestuta;
e par che sia una cosa venuta
da cielo in terra a miracol mostrare.
Alla vista di una biscia nei pressi della capanna di caccia, e alla risposta della domanda di cosa fosse quel “tal rettile” tanto bello e affascinante: ”La Natrice”, Dante sussultò e ripiombò nella mestizia di chi le sembrava simile anche nel nome: Beatrice.
Presa una penna di fagiano per scrivere, un rametto di fitolacca per inchiostro e una manica della sua camicia per foglio, buttò giù questi versi:
Tanto gentile e tanto lesta pare
la biscia mia quand’ella altrui saluta,
ch’ogne lingua deven tremando arcuta,
e li occhi no l’ardiscon di guardare.
Ella si va, sentendosi mirare,
malignamente di cangià vestuta;
e par che sia una cosa venuta
da sotto la terra a pericol mostrare.
Poi ricadde nel pessimismo e se ne ritornò a Florentia giurando che avrebbe smesso di pensare sempre a chi non lo aveva mai guardato con quegli occhi.