Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative.
Guardando un poco indietro, magari non tanto poco, le differenze fra le varie generazioni sono a volte molto grandi e spesso testimoniate da piccole cose, frammenti di memoria che ci riportano indietro, quando la vita di ogni giorno era veramente diversa. Ho fatto il mio primo bagno in una vasca che ero ormai un ragazzetto, prima usavo la tinozza, quella ellittica, di stagno grigio-verdarstro presente in tutte le famiglie, oppure mia madre mi portava sul Serchio munita di saponetta e asciugamano. Questa seconda possibilità, estiva, era di gran lunga la più gradita perché occasione di giochi e risate.
Ma il segno più evidente di questa rapida trasformazione è sicuramente l’ automobile. Perché possederla era un sogno che si realizzava dopo che la famiglia aveva fatto molti pensieri, molti conti e un buon programma di finanziamento rateale tramite cambiali per diluire nel tempo la spesa non indifferente.
Le cambiali si acquistavano al “tabacchino”, si riempivano e si firmavano una ad una secondo il numero di rate sostenibili dalla famiglia. Erano comunque una garanzia per il venditore perché se non venivano onorate (pagate alla scadenza) “protestavano” e il tuo nome veniva inserito in una lista che quando andavi in banca nemmeno ti guardavano. Erano tempi in cui non solo l’automobile ma anche la lavatrice, il televisore in bianco e nero e poi più tardi a colori, avevano bisogno di una programmazione nel tempo e dovevano fare i conti con la busta paga mensile.
Per le vacanze estive non erano di moda (!) i posti esotici, si andava al mare in Bocca di Serchio e solo i più abbienti (per modo di dire, magari semplici operai della Saint Gobain, ma con lo stipendio sicuro) potevano permettersi una cabina alla Stella Nord a Torre del Lago per una settimana o due.
Il telefono era considerato un lusso, gli utenti non erano molti e poi anche semplicemente telefonare a Pisa voleva dire fare un interurbana e pagare di più. Interurbana è parola oramai scomparsa e sembra proprio appartenere ad un’altra epoca. Il telefono si usava solo per telefonare ai parenti, e quando lo si faceva era quasi sempre per un avvenimento importante come una nascita, un matrimonio o per una disgrazia o altro grave motivo di famiglia. Anche durante il servizio militare era utile per sentire, ogni tanto, una voce familiare da casa, quella di un genitore o della fidanzata. Per farlo si usava il telefono pubblico, di solito situato in un bar o in un esercizio commerciale. Si chiamava, si indicava con chi si voleva parlare e il commerciante riferiva la richiesta all’interessato. In molti paesi mancava anche il telefono pubblico e prima di chiamare bisognava guardare sull’elenco del telefono se la località era servita.
Comunque di tutti questi lussi l’auto era il sogno principale di tutte le famiglie. Si poteva utilizzare per andare al lavoro, ma la benzina incideva non poco sul bilancio familiare, per cui si usava principalmente per andare tutti insieme a fare delle belle gite nei dintorni, con tutta la famiglia, portando qualcosa da mangiare e un tavolino dove veniva apparecchiato e poi serviva per una partita a carte prima del rientro.
Erano tempi che potremmo definire eroici , specie se le gite comportavano lunghi spostamenti. Le auto erano ancora lontani dalle efficienza di oggi. Talvolta non partivano, si ingolfavano, si fermavano improvvisamente per qualche guasto. Per farla partire bisognava prima “tirare l’aria”. Specialmente in inverno, a freddo, andava tirata giusta: se la tiravi poco non partiva, se invece la tiravi troppo si ingolfava ed erano dolori. Se si tirava giusta, la macchina partiva e poi bisognava aspettare che si scaldasse il motore. Bisognava partire lentamente e, sempre lentamente e per gradi poi si poteva togliere. L’aria, in effetti, con quel meccanismo veniva ridotta, questo per avere una miscela più carica di benzina e favorire così l’avviamento. Poi c’erano le puntine da regolare, lo spinterogeno che poteva avere la rotellina consumata o ossidata, la calotta che ogni tanto creava problemi.
Ma sia pure con questi limiti l’automobile rimaneva il sogno e di ogni famiglia e, nel tempo, fino quindi dagli anni 60, ha voluto essere sempre un po’ la rappresentazione di noi stessi. E’ una caratteristica che rimane ancora oggi, sia pur con ben diversa modalità. Oggi sono le ruote maggiorate, lo spoiler posteriore, il cambio cromato, la marmitta maggiorata, il passo abbassato mentre negli anni 60 era semplicemente un adesivo da mettere sul cruscotto con la foto della bimba e la scritta “Papà non correre”.
Non si metteva sul cruscotto infilato nelle griglie di ventilazione ma si attaccava direttamente alla carrozzeria, a quel tempo di semplice lamiera senza plastica, come una calamita. Serviva a ricordare al capo famiglia che a casa aveva una moglie e magari una bambina che lo invitavano alla massima prudenza. Spesso accanto alla foto della bimba c’era anche posto per un santino, di solito un’effigie di San Cristoforo, protettore degli automobilisti che sarebbe dovuto entrare in azione se il consiglio della bimba non fosse andato a buon fine.
Più tardi fece la sua comparsa anche il canino ciondolante. Veniva di solito posizionato dietro, che si affacciasse sul finestrino posteriore in modo da essere visto dall’auto successiva. Era di plastica rivestita con un collo snodabile e bilanciato che si muoveva in sincronia con gli spostamenti dell’auto simulando una vita che certamente non aveva. Era piuttosto curioso e c’è n’erano di tutte le razze e dimensioni.
Anche lo specchietto retrovisore (interno, quelli esterni vennero dopo) reclamava una personalizzazione e veniva corredato di un cornetto o un ciondolino, una catenella, o anche qualcosa di simbolico che attestasse la passione per una squadra di calcio o altro. Per un certo periodo fu di moda appendere un oggettino fatto a mano, lo “scubidù”, che era formato da quattro nastrini di plastica colorati intrecciati ( mano) a formare un oggetto quadrato oppure rotondo e con cui si potevano realizzare braccialetti, portachiavi, piccole collane o altro. In seguito questi piccoli oggetti appesi allo specchietto vennero sostituiti dal famoso “arbre magic”, specie in quelle automobili dove si fumava e non c’era troppo tempo per lavare l’auto (i lavaggi automatici arrivarono dopo).
Abbastanza recenti sono invece gli avvisi agli altri automobilisti per avvisare che a bordo dell’auto c’è un bambino piccolo, con un semplice avviso della presenza di un baby fino alla personalizzazione estrema con tanto di nome e foto dell’infante. Rari, ma se ne vedono, anche avvisi della presenza di cani, con tanto di zampa e manine oscillanti che fanno ciao ciao.
Ora il posto sul cruscotto di ogni auto è in mano all’immancabile cellulare, con tanto di navigatore e auricolare per essere sempre “connessi”, informati su cosa accade nel mondo, sul traffico e sul tempo meteorologico. In quei famosi anni il per tempo meteorologico a Migliarino si andava da Secondo del Baglini, al distributore in piazza, lui alzava gli occhi al cielo, guardava e sentenziava. In quegli anni le sue previsioni (contadino dalla nascita e 17 anni di guerra) si facevano un baffo di quelle ufficiali!
FOTO.
Secondo del Baglini in piazza Mazzini.
Guardando la foto si nota un altro particolare che mi era sfuggito, quella specie di "ciabatta" che si metteva dietro le ruote posteriori dell'auto per riparare la carrozzeria dagli schizzi di fango, un tempo frequenti.