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Tornano, dopo la pausa estiva, i racconti storici di Franco Gabbani.
Un articolo, come per altri in precedenza, legato interamente  alle vicende personali di una persona dell'epoca, una donna che ha vissuto intensamente una vita, ragionevolmente lunga, che potremmo definire di ribellione al ruolo che ai tempi si riconosceva alle donne, in aperta opposizione ai vincoli, alle scelte e al giudizio che la società di allora le riservava. 

Fino ad adesso non mi sono espresso sulla "svolta" .....
Cani: quando è obbligatoria la museruola?
La museruola .....
Le “forti piogge che alterano la qualità dell’acqua .....
. . . gli Usa non sono il mio paese di riferimento, .....
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Abbiamo  scelto di diffondere il materiale del Festival di bioetica non solo per il tema di questo anno che riguarda così da vicino il futuro anche di noi donne ma  per onorare  la numerosa partecipazione femminile nella organizzazione e in tutti i  vari ambiti degli interventi che ne farà un Festival di grande interesse per noi donne .

Di Luciano Nobili
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Di Mario Lavia
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Di Umberto Mosso
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Di Roberto Zangheri
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Intervista a Maria Elena Boschi
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di Emanuele Cerullo
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Incontrati per caso...
di Valdo Mori
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Dal Wueb
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Incontrati per caso...
di Valdo Mori
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E settembre vien danzando
vien danzando alla tua porta:
sai tu dirmi che ci porta?
Tante uve, bianche e nere
fichi e mele con le pere
e di zizzole .....
Nel paese di Pontasserchio la circolazione è definita "centro abitato", quindi ci sono i 50km/ h max

Da dopo la Conad ci sono ancora i 50km/ h fino .....
Le Parole di Ieri
Da Sgalembo a Sipe

11/11/2017 - 15:35

SGALEMBO
Lett: nc.
Malfermo, come un mobile con le gambe non in equilibrio, che dondola.
Anche sgangherato che però ha un significato negativo più rivolto alla funzione dell’oggetto in causa, forse meglio traducibile in malmesso, mentre sgalembo si limita ad indicare un mancato equilibrio statico.
 
SGARGE (o GARGE) MOTOSE
Lett : nc.
Modo di dire originato dal fatto che un pesce con le branchie o garge (sgarge in dialetto) motose proviene da acque fangose, probabilmente inquinate e non ha quell’apparenza di pulizia e freschezza che un pesce di qualità deve avere.
Avere le scarge motose quindi significa non essere proprio genuino, avere qualcosa che non va, qualcosa da nascondere, una storia personale non troppo limpida.
Riferito ad una terza persona indica in sostanza una mancanza di purezza senza specificarne o indicarne il motivo, una sorta di messa in guardia nei confronti dell’altro.
Non ha uno specifico significato sessuale, come invece possiamo cogliere nella curiosa espressione dialettale:“c’ha l’orecchi polverosi” ma può, in linea generale, venir usato anche con questo intento pur avendo, solitamente, un significato più generale.
L’orecchi polverosi (notare l’apostrofo sul plurale) stanno ad indicare invece un possibile interesse sessuale per una persona dello stesso sesso.
 
SFOROGNA
Lett : nc.
Parola dialettale di conio recente e formata dall’unione delle due parole sfortuna e scalogna a formare un unico lemma con valore rafforzativo.
Chi ha avuto sforogna ha avuto non solo sfortuna, ma anche scarogna!
 
SIPE
Lett: nc.
SIPE era l’acronimo di Società Italiana Polveri Esplosive ed era una marca molto famosa di polvere da sparo che tutti i cacciatori acquistavano per confezionare artigianalmente le cartucce.
Ogni cacciatore degno di questo nome preparava infatti da solo le proprie cartucce.
Misurini, staderine, stoppacci, borace, pallini di varie misure e SIPE si trovavano nelle baracche di quasi tutti i cacciatori del paese.
Le varie dosi di polvere, il loro tipo, il numero dei pallini (il numero stava ad indicare le loro dimensioni), variavano secondo il tipo di caccia, cioè delle dimensioni dell’animale contro cui erano rivolte e del clima, secco od umido, che incideva sull’efficienza della carica.
Per i tordi ed uccelli di dimensione simili si usavano le cartuccine con dose 1,50-31 (un grammo e cinquanta di polvere e trentuno grammi di piombo), per gli animali più grandi 1,80-36 (più polvere e più piombo) (Dosi di Nardi Odasco di cui l’Autore non si  assume responsabilità-ndr).
Per alcuni cacciatori il segreto per avere cartucce artigianali efficienti era il periodo della preparazione: tassativamente durante i solleoni, cioè dal 15 luglio al 15 agosto, quando la polvere era asciutta e la pesatura perfetta e non condizionata dall’umidità dell’aria.
La polvere più usata era appunto la SIPE ma forte andava anche la DN, mentre altre marche erano meno diffuse (Siem , Apcania, Excelsior). Mentre un tempo era pratica comune attualmente è quasi del tutto scomparsa per più di un motivo: la polvere da sparo si reperisce con sempre maggiore difficoltà, le cartucce sparate dal cacciatore in un anno sono sempre di meno ed anche la spesa è diventata accettabile, i bossoli di plastica attuali non sono considerati efficienti come i vecchi di cartone.
Un tempo la preparazione delle cartucce era anche motivo di confronto e discussione fra cacciatori perché ognuno riteneva, naturalmente, che le proprie fossero le migliori. Anche mio nonno Oreste un anno provò a fare delle cartucce per il 32 (era un tipo di fucile, di calibro abbastanza piccolo). Sparò ad un passerotto ma il botto e il rinculo dell’arma fu così forte che lo scaraventò a terra ed il passerotto se la cavò solo con un grande spavento. Lui disse perché era umido e la cartuccia era da asciutto, tuttavia rimasero molti dubbi sulla perfezione della preparazione.
Siccome i cacciatori migliarinesi erano anche grandi fumatori, sipe diventò anche sinonimo di sigaretta. “Dammi una sipe” era equivalente a dammi una sigaretta.
Anche le sigarette, come le cartucce, potevano essere fatte artigianalmente. Esisteva persino una specie di macchinetta che le arrotolava, ma di solito i fumatori preferivano farle manualmente. Si sceglieva il tabacco, di solito trinciato forte, si metteva nella cartina, si arrotolava, si leccava ed ecco fatto. Forse non era perfettamente rotonda ed uniforme e ci voleva un po’ di tempo, ma prepararla era una soddisfazione ed il tempo scorreva molto più lento di adesso.
Una persona che si diceva fosse un artista nella preparazione delle sigarette con le cartine era Lazzeri Oscar, conosciuto da tutti come Bagarana, celebre pescatore di Serchio senza fissa dimora. Teneva il tabacco in una tasca e testimoni riferiscono di averlo visto con una mano girare il burberino, e con l’altra arrotolare la cartina e tirare fuori la sigaretta.
Di Bagarana rimane famoso il detto: “la miglior pasta è il riso”.
Nel periodo a ridosso della guerra, la seconda mondiale, le sigarette più diffuse erano le Milit, facendo parte anche della dotazione dei nostri militari con il liquore e le gallette. Erano nella dotazione chiamata “viveri di conforto” che veniva fornita agli ufficiali e che comprendeva tra l’altro anche cinque Milit giornaliere ed una grappa profumata, servita solo la domenica.
La sigaretta però non era molto apprezzata, aveva anche un odore poco gradevole tanto che per lei fu coniato l’acronimo:  MILIT  Merda Italiana Lavorata In Tubetti.
Poi ci fu l’avvento delle Nazionali ma cominciarono a comparire anche marche diverse. Ricordiamo le Alfa, le Tre Stelle, le Moresca, le Macedonia, Aoi, Zara e le straniere Turmac, Camel, Luky Strike, Chesterfield. Più tardi comparvero le Esportazioni, le Aurora, le Giubek con una sfinge sul pacchetto, le aromatiche Edelweiss dalla caratteristica forma ovale, le Stop, le Linda, le Colombo, le Mentola, alla menta, che quando le aspiravi ti mancava il fiato. Si compravano anche sfuse, a numero, e il tabaccaio le infilava in quelle piccole bustine, che si mettevano nel taschino. Fra le straniere Peter Stuyvesant, Astor, Jhon Player Special, Pall Mall (lunghe, senza filtro, una boccata di catrame!), Ernte 23, Milde Sorte, Marlboro, Benson and Edges ecc. di cui molte sono ancora sicuramente presenti sugli scaffali sempre più ricchi dei tabacchini.
 
Aneddoto.
Alla stazione di Migliarino si divertivano spesso a fare degli scherzi a mio nonno Oreste, che di solito li accettava di buon grado. Un giorno su di un treno fermo sul binario morto capitò un vagone carico di pulcini tutti sistemati in grandi gabbie. Il Di Fatta, il Gasperi e lo Spadoni non si fecero sfuggire l’occasione e nascosero le gabbie con gli uccelli pigolanti nel canneto lungo la rampa del ponte. Corsero poi a chiamare mio nonno dicendo che nel canneto c’era un branco di uccelli e che prendesse subito il fucile. Quando mio nonno arrivò col fucile gli offrirono delle cartucce speciali, come speciale era l’occasione di quell’enorme  branco di uccelli che pigolava nel canneto. Le cartucce erano caricate a salve e mio nonno sparò molti colpi nel canneto ma di uccelli a terra non ne cadde nessuno. A terra erano invece caduti, dalle risate, quei disgraziati che avevano organizzato la burla.

 

Foto.

Misurazione del Serchio 1929.

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