Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative.
Nel 1684 la città cominciò a pensare agli orfanotrofi; la collocazione di essi nei rispettivi locali avvenne il giorno 13 agosto 1687, andando i maschi all’ospedale dell’Eternità e le femmine a quello di S. Antonio. Però siccome dopo non molto si vide che quest’ultimo riusciva insufficiente e si riconobbe la necessità di ampliarlo, vennero allora temporaneamente trasferite le bambine in una casa presa a pigione, presso l’altro ospizio, nella via Cariola, e dove rimasero per il tempo necessario al compimento dei lavori murari. Ridotti i locali più comodi e più salubri, gli orfani poterono trovare nei medesimi non solo l'alloggio, il nutrimento, la veste; ma i deputati di quest’opera pia ebbero il felice pensiero d'iniziare gli orfani ad apprendere un mestiere che loro potesse riuscire di utilità reale. La magistratura civica invece di quattro deputati volle in seguito che fossero in numero maggiore di sedici, come si apprende da un avviso a stampa pubblicato dai medesimi e con il quale si rivolgono ai propri concittadini perché vengano in aiuto dell’Opera.
In tale avviso si legge che i locali erano completamente riadattati nell'anno 1700 e le fanciulle si facevano occupare nella tessitura delle tele, insegnandosi pure altri lavori femminili. Quando poi si era raccolta una certa quantità di oggetti, si facevano lotterie che portavano qualche utilità all'amministrazione. I maschi pure venivano abilitati in varie arti e mestieri, guidandosi secondo le disposizioni individuali, regolandosi nel modo sopra indicato per ciò che si produceva.
È certo che l’amministrazione in tale epoca si comportò con saggezza perché, malgrado le forti spese per il generale mantenimento, poté ingrandire i locali dove si tesseva; venne fatto lo stesso per il dormitorio, e si costruì un nuovo refettorio. Oltre il mantenimento degli orfani: “si soccorreranno con sussidi di pane gli ciechi, gli storpi, e gli altri poveri inabili, dando ancora a filare ad alcune donne conosciute e mendiche”.
Nell’anno 1781 avvennero importanti cambiamenti ispirati dalla mente del granduca Leopoldo I. Dopo aver fatto eseguire accurate indagini consigliate da persone saggie e oneste, distribuì diversamente i poveri orfani pensando di assegnare a ciascheduno orfanotrofio i mezzi per poter vivere convenientemente. Egli volle che le femmine venissero collocate in un locale più vasto e meglio esposto dando alle medesime il locale delle antiche Stinche, migliorato e ridoto per il nuovo uso cui doveva servire. Ordinò poi che ai maschi fosse destinato l'antico ospedale di S. Antonio.
Per migliorare lo stato economico di questi istituti aggregò al fondo del patrimonio dei maschi tutti i beni che appartenevano alla soppressa canonica di S. Agostino in Calci; con l'obbligo di pagare all'orfanotrofio femminile l'annua somma di L. 2110; la quale però nell’anno 1797, con “motu proprio” del granduca Ferdinando III, venne ridotta a sole L. 921. Per supplire alla mancanza che si faceva sentire in conseguenza di tale sottrazione fu disposto che il sopraintendente alle scuole normali di S. Ranieri pagasse annualmente la somma di L. 3290.
S. Antonio oramai era divenuto orfanotrofio maschile; il suo patrimonio andò aumentando per le donazioni spontanee di vari benefattori. Importante assai fu il lascito di Venanzio Nisi, dottore in medicina e chirurgia, il quale esercitò nobilmente l’arte sua nella città c nello spedale maggiore, essendo stato assunto dall'Università come dissettore anatomico.
Avendo lontani parenti che stimò immeritevoli dei suoi benefizi, destinò il proprio patrimonio a vantaggio dei poveri orfani, lasciando loro la bella somma di scudi diciottomila.
Scrisse Dario Simoni a proposito dell'orfanotrofio volgarmente chiamato Oualquonia o Quarquonia:
Si sa ormai da tutti in Pisa che, nei pressi o quasi, al di dietro dell'antichissima Chiesa di S. Paolo a Ripa d'Arno, esisteva, da anni ed anni, un ampio fabbricato detto da alcuni Oualquonia, da altri Ouarquonia, ma pochi a mio credere, sanno se questo vecchio Conservatorio, destinato ad accogliere fra le sue mura poveri bambini orfani, debba chiamarsi nell'uno o nell’altro modo, o, in altri termini, se, nel pronunciare quella brutta parola, debbasi far uso della l, oppure quello della r.
Questo nostro Conservatorio è uno dei più antichi sodalizi ospidalieri della Toscana. La sua originaria fondazione risale al 1684 ed il merito eminentemente filantropico spetta alla Magistratura Comunitativa di Pisa, la quale, mossa dal nobile intento di provvedere alla sorte dei poveri orfani d'ambo i sessi, costretti a mendicare per le vie della citta, pensò che il modo migliore per ottenere un pratico risultato sarebbe stato quello di ricoverare quei miseri bambini in un conservatorio, dove fosse possibile impartir loro una sana istruzione religiosa e civile ed avviarli in pari tempo ad un mestiere il più confacente alla loro naturale attitudine. Alle volontarie oblazioni, raccolte da quattro cittadini all'uopo eletti, si unirono nel 1686 il mobilio e le cospicue rendite degli ospedali di S. Antonio e di S. Bartolomeo, generosamente largite da Cosimo III De' Medici.
Più tardi, e cioè nel 1781, il Granduca di Toscana Pietro Leopoldo I di Lorena, compreso della missione altamente morale e sociale dell’Istituto pisano, sopprimeva il canonicato di Sant'Agostino di Nicosia nella Valle di Calci ed assegnava gran parte delle sue rendite alla Qualquonia di Pisa. È questa la prima volta, se non erro, che nei documenti ufficiali dell'epoca appare tale nome oltremodo strano.
La spiegazione è semplicissima; ce la fornisce la stessa parola Qualquonia, quando cioè si sappia che gli antichi decreti di ammissione dei poveri orfani nel pio Istituto incominciavano tutti con i vocaboli latini Quare o Quoniam, aventi nella nostra lingua il rispettivo significato di Perché e Poiché.
Nella mente di chi stava a capo delle opere pie della Toscana nacque allora la stravagante ma pur geniale idea di chiamare il Conservatorio pisano con un nome affatto nuovo, tutto speciale, con un nome cioè che si facesse distinguere dai tanti altri del genere, e con siffatto intendimento coniò quello non bello ma originale di Qualquonia, parola derivante come ognun vede dalla unione dei surricordati vocaboli quare e quoniam privati della loro lettera finale per brevità di linguaggio e per creare in pari tempo una parola fonicamente facile a pronunziarsi.
Un ricordo personale: quando ( tanto tempo fa) si voleva sfottere o denigrare qualcuno gli si diceva che "veniva dalla Quarconia".