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Una vicenda tutta personale viene descritta in questo nuovo articolo di Franco Gabbani, una storia che ci offre un preciso quadro sulla leva per l'esercito di Napoleone, in grado di "vincere al solo apparire", ma che descrive anche le situazioni sociali del tempo e le scorciatoie per evitare ai rampolli di famiglie facoltose il grandissimo rischio di partire per la guerra, una delle tante. 

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per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Bagno degli Americani di Tirrenia
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Molina di Quosa, 8 luglio
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Casciana Terme Lari-Pontedera, 12 luglio-3 agosto
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San Giuliano Terme, 30 giugno
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Marina di Vecchiano -giovedi 4 luglio
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Alzarmi prestissimo al mattino
è un'adorabile scoperta senile
esco subito in giardino
e abbevero i fiori
Mi godo la piacevole
sensazione
del frescolino .....
Nel paese di Pontasserchio la circolazione è definita "centro abitato", quindi ci sono i 50km/ h max

Da dopo la Conad ci sono ancora i 50km/ h fino .....
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Prima dei Pini

8/3/2018 - 9:02



LA TENUTA DI MIGLIARINO E LA MACCHIA LUCCHESE
Il Granduca Pietro Leopoldo, da buon  regnante, In vista della "pubblica felicità", si sforzò di reprimere gli arbitri di giudici e funzionari, sanò dispute, volle conoscere de visu popoli e Paesi da sempre privi di contatti diretti con il principe. Sin dai primi anni di regno la riorganizzazione fiscale comportò una duplice sfida con nobiltà e clero. Pietro Leopoldo non amò la nobiltà toscana, preferendo circondarsi di capaci funzionari ‘borghesi’. Le riforme comunali e giudiziarie favorirono la razionalizzazione degli uffici, dove i ranghi ridotti degli impiegati furono sottoposti a un rigoroso controllo disciplinare. Formati da esperti, i dipartimenti accolsero meno patrizi e nobili di un tempo e videro la costituzione di un funzionariato relativamente moderno, capace di progressione di carriera in base al merito e alle competenze. Interprete dell’esprit de commerce del suo secolo, Pietro Leopoldo aspirò a un definitivo superamento delle gerarchie cetuali e trasformò la Segreteria di gabinetto – luogo del lavoro del sovrano – nel maggior centro decisionale dello Stato. Sistematici furono i viaggi di esplorazione nel Granducato, come mostrano le Relazioni sul governo della Toscana, raccolte nel 1789 e in gran parte edite da A. Salvestrini.
(da Treccani: Dizionario Biografico degli Italiani)-


Gita di Pietrasanta e Viareggio, 16 novembre 1768.

Mercoledì 16 la mattina si partì per Pietrasanta a un mezzo miglio fuori di Porta a Lucca. Si passa il fosso detto il Fiume Morto, il quale fa scolare tutta la campagna pisana da questa parte e passando per San Rossore ne porta le acque ne] mare [...].
“Si passò il fiume Serchio alla piana dell’Albavola. Si osservò detto fiume il quale è molto largo ma di poca profondità, il suo corso è rapido e si può dire essere un torrente essendo soggetto a frequentissime piene […].
“Dopo passato il Serchio s’arriva alla porta della Torretta (distante da Pisa 5 e 6 miglia, appartenente al duca Salviati, ma v’è l’incomodo di dover passar la barca del Serchio (la quale essendo molto cattiva, spesso non ci si passa) ch’è la prima andando verso Lerici. Da quella porta si va per cinque miglia in una macchia bassa simile a quella ch’è fra Pisa e Livorno. Dalla parte manca lungo la spiaggia del mare per tutto quel tratto di strada vi è una macchia di cerri, lecci e farnie, detta di Migliarino. Dalla parte opposta della strada, oltre pochissimi terreni coltivati lungo il Serchio, tutto il resto del terreno è occupato dai due vasti paduli di Macciucoli e di Malavento, tutto il restante del terreno, come anche nella macchia, è pieno d’arena e di lame di mare, essendo tutto questo terreno molto basso e bassissima la spiaggia del mare e non vi è né fossi né scoli, di modo che tutto quel terreno è ridotto a una vera maremma l...l.
“Dopo aver fatto cinque miglia per Migliarino s’arriva al confine lucchese segnato in una casa con cancello; dal predetto confine a Viareggio vi sono quattro miglia: questi quattro miglia erano coperti d’una macchia simile a quella di Migliarino e la campagna adiacente, la quale è ancora molto bassa, ripiena d’acque sin alle colline. Da dodici anni in qua i lucchesi hanno cominciato a tagliare detta macchia ed hanno fatto de’ fossi e scoli coi quali li è riuscito di prosciugare quell’estensione di terreno almeno nell’estate e ridurla, benché maremma, in una maremma almeno coltivabile. Però tutto questo terreno si principia adesso a coltivare, restando sempre incolte le spiagge arenose lungo il mare. Sinora vi si semina poco grano e per la maggior parte son granturco e saggina. Restando detti terreni assai malsani nell’estate, vi si principia a piantar degli alberi, benché pochi, case non ve ne sono, ma parecchie capanne, le quali contengono una famiglia per una.


Gita nella macchia di Migliarino, martedì 29 1768,

dopo aver passato il Serchio, fui a visitare  la macchia di Migliarino che è lunga miglia 4 lungo il mare e larga due, ed osservai ch’era molto buona e composta di cerri, lecci e farnie,  il di cui giandio è molto utile, ed è piena di  bestiame e maiali e rende da 3.000 scudi l'anno al duca Salviati. La macchia però è molto folta, ma vi sono molte acque palustrose e delle lame di mare. Lungo la spiaggia del mare verso la metà del bosco vi e la torre detta di Migliarino la quale è composta di tre piani, armata di spingarde e di cinque invalidi ed è consimile a quella del Gombo ch’è in San Rossore “


Dopo 17 anni il granduca ripercorre la stessa strada e annota:


Gita di Pietrasanta nel novembre 1785.
“Si osservò che il passo della barca del Serchio, che altre volte era sempre stato cattivissimo, per motivo dei lavori ordinati è ridotto buonissimo e comodo, solamente la barca avrebbe bisogno di essere fatta senza ponti né avanti né dietro per poter passare con i cavalli.
La strada fino al confine lucchese sarebbe buona, solo vi sono 2 miglia in Migliarino tutta renosa come era quella di Livorno ed anderebbe rifatta, osservando che, se la repubblica di Lucca non rifarà la sua questo lavoro sarà inutile.[…].
“Si attribuisce a Viareggio la causa delle malattie di quest’anno a delle fornaci di mattoni, dicendo che cavarono la terra dal lago di Macciucoli padulosa per fare i mattoni e che l’odore della terra quando asciugava ed il fumo quando li bruciavano abbia cagionato queste malattie. Essendo ricorsi li abitanti a Lucca, quella repubblica fece portare a Lucca di quei mattoni ed avendoli fatti bruciare sulla piazza ed avendo dato l’istesso fetore, furono proibiti i mattoni per due anni [...].
“Si è osservato che il territorio lucchese intorno a Viareggio che tempo fa era bene coltivato, non lo è più e la coltivazione è totalmente abbandonata e nei luoghi ove vi era macchia è stata devastata e non vi è più nulla. La macchia che vi era nel Lucchese intorno al confine e verso in specie la torre del Motrone, che era quasi di 3 miglia e molto folta nelli anni passati, si è trovata totalmente distrutta e tagliata da non vederne più vestigie e tutto il legname della medesima è stato rubato e venduto dai lucchesi ai pietrasantini.”
 
Pietro Leopoldo d’Asburgo Lorena: Relazioni sul governo della Toscana. A cura di Arnaldo Salvestrini,  Firenze, Olschki, 1969 

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