Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative.
In questi giorni è piuttosto difficile, se si accende il televisore, sfuggire a commenti e commentatori politici che analizzano, fanno ipotesi, sondaggi e previsioni sulla soluzione della crisi e sulla formazione di un nuovo Governo. Ogni giornalista che si rispetti avanza la propria tesi, ogni politico intervistato si affanna a difendere il proprio partito, a esporre la correttezza delle proprie proposte e l’inconsistenza invece, passata o futura, delle altre. Per cui, visto anche che oggi è Pasqua, parlerò d’altro e inizierò questo mio articolo con le parole di una canzone:
Teresa
Quando ti ho dato il primo bacio
Sulla bocca
Mi hai detto
Adesso cosa penserai di me
Teresa
Non sono mica nato ieri
Per te non sono stato il primo
Nemmeno l'ultimo lo sai lo so….
Mi basta quello che mi dai
La canzone si intitola Teresa ed è tratta dal LP “Endrigo” del 1966 in cui si vedeva il cantautore con la chitarra sullo sfondo di un campo di papaveri. Sergio Endrigo è stato un grande autore, un bravissimo cantante e un uomo colto, semplice e meraviglioso. Forse un personaggio troppo schivo e riservato per fare audience in televisione. Non era adatto per il gossip, per le comparsate o le liti in TV, non è stato mai sui giornali scandalistici. Non ne aveva bisogno per farsi conoscere, il suo modo di apparire in pubblico erano le sue canzoni: Io che amo solo te, Adesso si, Canzone per te, Mani bucate, Lontano dagli occhi, Girotondo intorno al mondo, L’arca di Noè, Te lo leggo negli occhi. Ed è stato anche quello di canzoni colte e intelligenti dedicate alla fine del comunismo o al razzismo, nonché colui che mise in musica Pasolini, Alberti, Dickinson. La sua modestia forse è in parte responsabile del fatto che sia un po’ dimenticato, che non gli venga riconosciuta quella che è stata invece la sua importanza nel panorama musicale italiano. Forse per questo sua figlia Claudia ha deciso di scrivere un libro su di lui, per chi volesse conoscerlo davvero. Il libro si intitola "Sergio Endrigo, mio padre" , un volume commosso e delicato quanto brioso e stuzzicante, ricco di aneddoti ma anche di verità a volte dolorose o sottaciute, dei suoi rapporti con i cantanti famosi del tempo, sulle musiche a volte rubate. La prefazione è di Claudio Baglioni che mette in risalto la sua semplicità e la sua grandezza.
Ma il motivo delle frasi di “Teresa” è per sottolineare la delicatezza, il tatto e la leggerezza con cui l’autore tratta l’argomento, di per sé piuttosto scabroso. Non è semplice, servono molte qualità per farlo: una grande sensibilità, capacità di esprimere concetti complessi o scabrosi con parole semplici, animo poetico e, trattandosi di lui, anche un po’ di quella melanconia che si sente sempre in tutte le sue canzoni. Teresa non è innocente, lui non è certamente il primo a cui ha concesso un bacio, e forse altro, e ne sono entrambi consapevoli. Ma lei si sente colpevole, ha paura del suo giudizio, di un suo suo rifiuto, ma lui è innamorato, gli basta quello che gli da.
Sembra la canzone di un’altra epoca, quella in cui le ragazze tenevano ancora alla loro verginità (ma il ‘68 era alle porte), come un dono prezioso da concedere solo per amore nel loro primo turbamento. Non vedevano, come sta succedendo oggi, la loro illibatezza come un impedimento al vero divertimento, quello dello sballo in discoteca, della fellatio nel bagno con sconosciuti, dello stordimento con la musica, della canna o anche peggio, dell’alcool che inebria e disinibisce, delle corse pazze con le auto dopo la discoteca.
Ora pare sia diventato indispensabile, leggendo sui giornali, arrivare alla fine del liceo senza questo “impedimento” e quando succede finalmente (e senza la necessità di alcuna partecipazione emotiva), non lo si nasconde come un tempo un po’ vergognandosene (perché in fin dei conti è faccenda privata), ma se ne fa vanto con le amiche perché si può entrare finalmente “nel giro più figo”.
Si è fatta molta strada, in parte condivisibile dagli anni tristi della censura bigotta, ma forse siamo arrivati all’eccesso. Un paio di settimane fa mi è capitato di ascoltare una conversazione telefonica particolare nella rubrica La Zanzara su radio24, condotta dal giornalista Giuseppe Cruciani con la collaborazione di David Parenzo. La trasmissione radiofonica si basa su telefonate a ruota libera con ascoltatori ed è famosa proprio per le offese, le liti furibonde, le parolacce, una specie di marchio di fabbrica della trasmissione che il conduttore cerca sempre di incrementare pensando all’Auditel (e al suo contratto).
L’altra sera mi sono casualmente imbattuto nell’intervista telefonica di un gigolò romano quarantenne. L’ho cercata in Internet e ne ho trovata anche una precedente, ad un tizio più giovane che si chiama Aaron Gigolo, proprio così, un nome d’arte tanto per non far nascere equivoci dopo la prestazione. Una conversazione interessante su questa nuova attività imprenditoriale che comprende molti tipi di prestazioni. Si va dal Casual Lover (la scopata e via) alla Perdita di Verginità, dall’Ingelosimento dell’ex alla Prova di Fedeltà, dalla Prestazione per Over ad altri servizi a seconda del desiderio della cliente (o del cliente) con costi sui 400-500 euro a prestazione. Fino a 1500 euro tutto compreso per un weeck end, esentasse perché la legge italiana non prevede che questo tipo di lavoro possa rientrare nelle prestazioni alla persona.
Una conversazione interessante che fa capire che questo mondo così sfavillante e colorato, fatto di persone abbienti che possono spendere e in apparenza senza problemi, in effetti si possa nascondere una grande solitudine. Come anche scoprire la nascita di queste nuove professioni, che sembrano non marginali. Personaggi che offrono sesso ma anche parole, comprensioni, amicizia talvolta, ascolto. Si sente così parlare di donne che più che di pene (e aperta) hanno bisogno di coccole, di coppie che cercano di riempire col sesso tutto il vuoto che hanno intorno.
Una parte interessante comunque ma rovinata, parlo per la mia sensibilità, dall’uso nudo e crudo di parole volgari, dove ogni conversazione non è gradita se non si parla di mandare a fare in culo, di scopare, trombare, fica, cazzo, dimensioni. O “cazzo durissimo” come quello appartenuto ad un religioso di cui si è parlato in trasmissione. E’ una cosa che mi ha colpito per l’uso disinvolto, e credo voluto e cercato, nell’uso di queste parole che sembrano funzionali e fondamentali per la tipicità della trasmissione. Forse, temo, anche del suo successo. Una libertà di espressione che ritengo eccessiva, e non per moralismo o credo religioso, ma solo per la regola universale del buon gusto.
Ecco che mi è venuto il paragone con la canzone di Endrigo. Come sia stato diverso l’approccio ad un tema sensibile, la diversa sensibilità nel parlare di certi argomenti: in punta di piedi e con molta poesia quella di Endrigo, con rozzezza e desiderio di fare scalpore quella del giornalista.
Io credo che mettere un po’ di leggerezza e di poesia nella nostra vita di ogni giorno, sia un modo piuttosto semplice per vivere meglio.