Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative.
Il Diario di Trilussa
Era il 2007, l’anno della nascita del giornale, e Trilussa pubblicava i primi articoli di fondo. Sono prima della crisi economica, del problema grave dell’immigrazione, della chiusura delle frontiere in Europa, della crisi della Grecia. Sono vicini nel tempo ma sembrano lontani per il modo di affrontare i problemi, che in gran parte sono rimasti i soliti, alcuni in parte risolti, molti ancori insoluti se non peggiorati. Alcuni si riferiscono a casi di cronaca del tempo, ma sembrano mantenere una loro validità riguardando comunque problemi di ordine generale.
Gli articoli vengono pubblicati come furono scritti, con i segni grafici necessaria all’impaginazione. Il giornale era appena nato, aveva suscitato molta curiosità ma aveva ancora poche visite e molta incertezza sul suo futuro. Anche con questi intendiamo celebrarne i dieci anni di vita.
Presentazione.
“Cinema” è un piacevole amarcord dei vecchi cinema periferici e parrocchiali, quelli della nostra infanzia, ben diversi da quelli odierni. Andare al cinema non era solo vedere un film ma partecipare ad una festa collettiva. Erano diverse le sale ma eravamo molto diversi anche noi.
In “Conservatore” oltre a far emergere i primi importanti segnali di una deriva che ora ha raggiunto livelli preoccupanti esprime il dubbio se considerarsi progressisti al giorno d’oggi, e per come vanno le cose, sia ancora un segno di intelligenza e di lungimiranza. “Forse siamo andati troppo avanti ed abbiamo perso la memoria. Siamo andati troppo veloci ed abbiamo scartato tutto, anche quelle cose che bisognava conservare come il rispetto, la capacità di ascolto, la valutazione del merito, l’educazione e i valori della famiglia”.
CINEMA (24.1.2008)
Chi ricorda ancora quelle piccole e fumose sale cinematografiche dei piccoli paesi? Quei vecchi locali con le panche di legno pieni di umanità chiassosa, maleducata, irriverente e spensierata?<br>
Erano le sale di seconda serata, dove venivano proiettai i film già passati nelle città, nei grandi centri, già visti dai signori, dai cittadini e alla fine, prima di scomparire negli archivi delle case produttrici, mandati in giro per i piccoli paesi a fare ancora un po’ di cassa.<br>
Spesso pellicole vecchie, rattoppate, consumate che spesso si rompevano e dovevano essere aggiuntate sul momento dal cineoperatore nello stanzino di proiezione, fra i mugugni e le proteste della sala.<br>
Panche di legno a ribattuta, che rumoreggiavano battendo quando ti alzavi dal posto, sgranocchìo di noccioline, sputi di seme, battutacce, interruzioni, scappellotti ai bimbi più inquieti. Spesso occasioni di incontro intimo fra ragazzi, ma al massimo una toccatina, un bacetto fugace in fondo alla sala fra le occhiate dei parenti e le prese in giro degli amici. Andare al cinema era sempre una festa, un’occasione di incontro collettivo, un rito domenicale che andava spesso oltre l’occasione di conoscenza o, talvolta, di evento culturale.<br>
C’era un viavai continuo nei vecchi cinema. La gente usciva e rientrava in continuazione, anche a spettacolo iniziato perché il primo tempo veniva ripetuto e potevi vedere il film al completo anche se sapevi già cosa succedeva alla fine. C’era poi chi doveva andare in bagno, chi si ricordava di dover dire urgentemente a quello di due file indietro qualcosa che si era dimenticato, la mamma che portava il golfino al bimbo, in prima fila, che aveva freddo, quello che veniva a vedere se al cinema c’era suo fratello che la mamma lo cercava, l’altro che voleva vedere se c’era anche la Patrizia.
Non era uno spettacolo cinematografico, era una sagra, una festa collettiva, una straordinaria occasione di incontro e socializzazione in cui il film diventava quasi un elemento secondario.<br>
I vecchi cinema hanno anche rappresentato, per molti anni tramite i cinegiornali, le uniche opportunità di avere un minimo di informazione e cultura nei piccoli paesi, nelle periferie ancora molto lontane geograficamente dalle città. <br>
Con il varo negli anni 60 delle nuove leggi sulla sicurezza dei luoghi pubblici molte sale furono costrette a chiudere, altre tirarono avanti per qualche tempo specializzandosi nella proiezione di pellicole pornografiche, ancora poco diffuse, ma fu una vita anche questa assai breve legata fondamentalmente alla progressione inarrestabile del porno in ogni ambito mediatico.<br>
Oggi si entra negli edifici moderni, le cosiddette multisala, che sembra di entrare in una stazione spaziale. Poi scopri che le sale sono invece piuttosto modeste, a volte solo per pochi intimi. Non puoi più scegliere il posto che ti pare ma dove posizionarti viene deciso dal computer che regolarmente ti strippa in mezzo alla sala, tutti insieme, lasciando vuoto tutto il resto in attesa di ulteriori spettatori che mai arriveranno. Ti sdrai in compenso su poltroncine ergonomiche spaziali dove puoi appoggiare la testa e fare tranquillamente un pisolino, se solo riesci a sopravvivere al volume degli altoparlanti sparsi dappertutto che ti fanno rimbombare e sobbalzare con le scene più drammatiche della pellicola. Non c’è più bisogno, per chi come un mio amico non ha l’udito proprio a posto, di andare a posizionarsi proprio sotto l’altoparlante per non perdere le battute, è l’altoparlante stesso che ti cerca e viene da te.<br>
I film sono mediamente molto migliori di quelli di un tempo. A parità di contenuti la tecnologia in fase di ripresa, di proiezione, di resa della realtà, di effetti speciali, di atmosfere, non ha confronto con le vecchie pellicole. Rimane sempre però alla base del prodotto il valore dei contenuti perché qualunque film miliardario e pur zeppo di effetti speciali non potrà mai allontanarsi dal videogioco se non offrirà insieme a tutto questo anche una storia credibile o un’idea che faccia da base solida al prodotto.<br>
Però andare al cinema oggi è un’altra cosa. E’ semplicemente andare a vedere uno spettacolo e la riuscita della serata è legata solo al gradimento del film. Si sta in silenzio, isolati, non si parla se non sottovoce e al massimo a quello accanto, non si ride, non ci si muove dalla sedia, non si saluta nessuno, non si litiga con l’operatore (ma esiste ancora? C’è da qualche parte nelle multisala? Ce n’è uno solo per tutte? E’ un alieno?E’ un extracomunitario?), non si danno patte a quelli davanti, è assolutamente proibito emettere qualunque tipo di suono dall’apparato digerente. Si è passivi, automatici, incolonnati, inattivi e silenziosi. <br>
Assolutamente niente a che vedere con la festa popolare dei vecchi cinema di periferia dove il film poteva essere bello o brutto, recente o vecchiotto, entusiasmante o noioso ma la serata era comunque sempre, sempre, una bella e divertente serata trascorsa con gli amici.<br>
<b>Trilussa</b>
CONSERVATORE<br> (12.6.2008)
Sto leggendo un libro che mi sta mettendo in difficoltà.<br>
Mi sono sempre considerato un progressista, o meglio un moderato che valutava il campo progressista quello giusto, il campo dove ritenevo ci fosse quel giusto movimento in avanti che riusciva a portare miglioramenti sensibili nella vita dei cittadini, come maggiori possibilità economiche, maggiori aspettative di vita, migliori opportunità per i giovani di realizzarsi nel campo del lavoro o della scuola.
Il progresso quindi, con la P maiuscola, come fonte di emancipazione del popolo dalle difficoltà del passato, difficoltà in campo economico, sociale, scolastico, sanitario eccetera. Un modo per progredire, evolversi, svilupparsi, andare oltre le necessità di base delle famiglie rappresentate fino ad ieri solo dalla possibilità di mangiare e sopravvivere.<br>
Negli ultimi 20 anni invece, con una fortissima accelerazione in epoca molto recente, il progredire delle civiltà occidentali e l’avanzare delle tecnologie in tutti i campi e in tutti i settori, hanno comportato una tale influenza sul nostro modo di vivere quotidiano da ribaltare completamente il problema.<br>
Se in campo medico e scientifico ci sono stati progressi sicuramente positivi per l’umanità la banalizzazione della scienza, il mettere cioè a portata di tutti le tecnologie più sofisticate semplificandone la gestione, ha innescato una serie di fenomeni negativi che vanno dall’uso improprio delle stesse, alla loro spasmodica e affannosa rincorsa, alla perdita delle normali relazioni personali con nuove ed evidenti forme di maleducazione mediatica, fino alla perdita dei più elementari valori di convivenza civile.<br>
E’ chiaro a tutti infatti come, specie i nostri giovani, siano attirati da questi nuovi e accattivanti oggetti tecnologici e preferiscano il loro uso alle normali relazioni parentali, allo scambio relazionale fra simili, al gioco di movimento fondamentale per la loro formazione fisica e psicologica. <br>
La scuola compensa solo in parte questa mancanza ma è evidente che il tempo che i giovani e i bambini dedicano alla TV, alla Play station o al telefonino sia veramente eccessivo. I genitori che dovrebbero controllare e moderare questo comportamento spesso compiono gli stessi identici errori e diventano essi stessi involontariamente (e scioccamente) modelli di comportamento errato.<br>
Del resto basta guardare le ginocchia dei cinquantenni e confrontarle con quelle dei nostri ventenni. Coperte di cicatrici le prime, intonse come quelle di un bimbo quelle del ventenne. I giochi di strada e di movimento hanno lasciato il posto al cellulare, all’Ipod, e gli SMS hanno preso il posto delle discussioni accanite e avvincenti sul futuro, sulla politica, sull’esistenza, sul mistero del sesso ancora da scoprire dei bei ventanni.<br>
Ecco perché leggendo questo libro mi metto in discussione.<br>
E quei conservatori che guardavo sempre con un po’ di ostilità perché mi sembravano contrari allo sviluppo della società, del Paese, cominciano ora a sembrarmi meno antipatici. Perché è giusto domandarsi se non sarebbe il caso di riscoprire alcuni vecchi valori, alcune vecchie tradizioni della famiglia di una volta quando era obbligo pranzare tutti insieme senza televisione e con tutti i figli a tavola e non a letto perché tornati al mattino alle 6 dalla discoteca.<br>
Perché a scuola si lodava il merito e i più bravi erano stimati e considerati invece che derisi o addirittura minacciati, si giocava a pallone in campi sportivi aperti e non recintati come lager, si correva nei campi e per le strade sbucciandoci gomiti e ginocchia e si godeva la nostra gioventù senza i desideri dell’ultimo telefonino dell’amico, della maglietta firmata, del motorino che va più veloce. <br>
Forse siamo andati troppo avanti ed abbiamo perso la memoria. Siamo andati troppo veloci ed abbiamo scartato tutto, anche quelle cose che bisognava conservare come il rispetto, la capacità di ascolto, la valutazione del merito, l’educazione e i valori della famiglia. Non i valori familiari religiosi, che sono una cosa a parte, ma quei valori tradizionali della famiglia dove esisteva una figura paterna autorevole senza essere autoritaria ed una materna di mediazione e riferimento. Una vera famiglia come centro di riferimento per i figli, vicini o lontani che siano, un posto dove uno sa sempre di poter tornare e sa anche cosa può trovare, dove non ti chiedono niente e ti danno tutto, dove ti puoi sempre rifugiare e trovare conforto.<br>
Una grande perdita, una vera emergenza su cui tutti dovremmo attentamente riflettere.<br>
<b>Trilussa</b>
FOTO. Più che una "band" una banda!