Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative.
Perché il Pd deve andare al governo
Il 5 marzo sono stato tra i primissimi a sostenere: ora facciano un bel governo insieme, Lega e Cinquestelle.
La vittoria di Salvini e Di Maio era pompata a mille dal circuito mediatico (e non parliamo dello scoramento dei perdenti), anche io pensavo diligentemente che si dovesse prendere sul serio la volontà degli italiani, le somiglianze tra i due vincitori mi sembravano indiscutibili. Tutto plausibile. Ma diciamo la verità vera: la mia era la reazione piccata, stizzita e impolitica dello sconfitto.
Uno sconfitto del genere peggiore: quello che dopo la disfatta continua a pensare di aver subito un insopportabile torto, che i vincitori hanno ingannato il popolo, che il tempo farà giustizia della vergogna, che ora li mettiamo alla prova e ne vedremo delle belle, e via con altre mille di queste sciocchezze.
A partire da quella principale: da questo momento andiamo all’opposizione e gli facciamo vedere i sorci verdi a questi zulu della democrazia, ci rigeneriamo, loro falliscono e noi torniamo a comandare, più forti e belli che pria.
Ho capito piuttosto presto che queste erano stronzate: di tutto mi si può accusare, tranne che di non essere sufficientemente freddo (e di non cambiare facilmente idea, cosa che rivendico con orgoglio). Infatti ho rapidamente elaborato il lutto e, provando a vedere l’accaduto con lucidità, mi sono detto:
a) Cinquestelle e Lega hanno vinto (compatibilmente con il voto proporzionale), ma non è bene lasciare il paese nelle loro mani. Siamo pur sempre un grande paese industriale, una potenza regionale di un certo rilievo. Se a difendere il sistema non ci pensano i cosiddetti poteri forti (i banchieri e gli imprenditori che hanno scientificamente promosso i Cinquestelle per poter continuare a comandare loro) ancora una volta dovrà metterci una pezza la povera politica. Trovando l’equilibrio necessario tra il rinnovamento chiesto a gran voce dagli elettori e le garanzie che l’Italia deve assicurare ai nostri alleati internazionali, ai mercati e al buonsenso;
b) hanno vinto loro, d’accordo, ma non è giusto che la stagione delle riforme avviate dai governi Renzi e Gentiloni venga archiviata con ignominia. Quindi – potendo – bisogna fare in modo che, nel governo, vi sia un presidio riformista, qualcuno che difenda le cose buone fatte e impedisca che si avvii un gigantesco pogrom per distruggere ogni segno del recente passato. Cosa che i vincitori farebbero se avessero campo libero.
Il passare dei giorni ha rafforzato e rafforza sempre più queste mie convinzioni. Ormai si può dire che i vincitori hanno avuto loro stessi un po’ di paura a fare da soli. Dopo il voto il patto Di Maio-Salvini ha funzionato (è sempre così…) per spartirsi qualche posto ma – anche grazie all’ostacolo-feticcio Berlusconi che ha tolto a tutti le castagne dal fuoco – oltre non è andato.
E ora i due sono costretti a concentrarsi su loro stessi: Salvini lavorando su tempi più lunghi per conquistare il centrodestra, Di Maio battendo i pugni sul tavolo nei prossimi giorni per non perdere la propria leadership. E così in campo tornerà pienamente il Pd. Che si è tirato fuori in prima battuta, aspettando il cadavere dell’accordo tra estreme sulla sponda del fiume. E, finito il tempo dei preincarichi e delle esplorazioni, potrà passare all’incasso (la dico grossa: dopo il 4 marzo si sono mossi con intelligenza, i poveri piddini).
Naturalmente il Pd non potrà spendersi per fare un governo con il centrodestra: sarebbe un enorme regalo ai Cinquestelle. Con i quali, invece, potrà andare al governo con l’esplicito obiettivo di fare pesare le ragioni del riformismo. Di quello realizzato nello scorso quinquennio e di quello da realizzare.
Senza abiure, giusto con qualche correzione (non demagogica), il Pd potrà rimanere riferimento per chi pensa che il paese vada modernizzato, potrà diventare una bella spina nel fianco per i grillini e contrastare quotidianamente ogni deriva populista, protezionista, sovranista. Con successo? Si vedrà. In ogni caso tentando. Non sbraitando inutilmente dall’opposizione, ma cercando di fare cose buone al governo. Se sarà possibile, naturalmente. Altrimenti tutti a casa.
E’ una prospettiva che ogni riformista sconfitto il 4 marzo dovrebbe assaporare con interesse, con piacere e con un po’ di cattiveria. Un po’ più di fiducia in se stessi e nei propri mezzi: di questo oggi hanno bisogno i riformisti. E’ una questione di autostima, amici cari.