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Un paese che amo, il paese della mia mamma.Anche ora quando vado a RIPAFRATTA  sono la figlia della "Cocca".

Un paese con una storia importante che conserva vestigia di grande rilievo.

Un paese rimasto inalterato nel tempo, non ci sono insediamenti nuovi, potrebbe essere il set di film d'epoca perché  anche le case, le facciate conservano la patina del tempo.Un paese che è  ancora comunità.  

. . . come minimo si risponde due volte altrimenti .....
. . . siamo a M@ sterchief. Sono anni che giri/ ate .....
. . . Velardi arriva buon ultimo.
Il primo fu il .....
Nulla obbligò a buttar giu il Conte 2, se non la .....
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Incontrati per caso...
di Valdo Mori
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di Angela Baldoni
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Qualcuno mi sa dire perche' rincoglionire
viene considerato un inevitabile passaggio
alla fine del faticoso viaggio
vissuto da tutti con coraggio?
Il .....
tutta la zona:
piscina ex albergo
tutto in stato di abbandono

zona SAN GIULIANO TERME
vergogna
La Pagina di Michele
Ansia da prestazione

3/5/2018 - 17:49



Quella mattina uscì di buon’ora.
            Prima di salire in macchina, come sempre, dette uno sguardo alla sua casa. Una graziosa villetta a due piani circondata da un tappeto erboso con due corridoi di pietra grezza che si snodavano fino alla porta principale ed al garage. Una architettura raffinata, ma nello stesso tempo semplice ed efficace. Il professor George Bamin era un noto fisiologo che aveva sacrificato tutto per lo studio, ma gli piaceva il bello. Ammirare il bello, diceva, ti rende immortale. Con la ricerca aveva iniziato subito dopo la laurea nel dipartimento dove ora lavorava. In principio, si impose con studi sulla memoria, in seguito riuscì a capire il metabolismo e il meccanismo di trasmissione degli impulsi elettrici nelle strutture nervose. Proprio queste esperienze lo avevano portato al suo ultimo lavoro. Si trattava di provare la funzionalità di un cervello umano espiantato e conservato in laboratorio. Studi tanto appassionanti quanto superbi, quasi a sfidare la giustizia della morte.
            George arrivò al laboratorio, ma data l’ora, non c’era ancora nessuno. Si infilò il camice. A breve distanza, però, entrarono anche Bob Helthery e Luis Pepper e poi il resto dell’equipe Flory Beck e Terence White.
            Ora c’erano tutti.
            L’organo, contenuto in una teca di cristallo, era tenuto in attività da un’apparecchiatura, simile ad una cuffia, che lo circondava, progettata per la nutrizione e la respirazione delle cellule nervose. Da tale cuffia partivano centinaia di piccoli fili che andavano a riunirsi in un computer con il compito di regimare la distribuzione degli elementi che dovevano arrivare al cervello. Luis seguiva il tutto dai tre monitor.
            Anche Bob, Flory e Terence erano presi dal loro lavoro. George, intento a seguire i vari passaggi sperimentali, guardando l’organo, di un bel colore avorio, si chiese, per la prima volta, se in quel cervello ci fossero rimasti ancora i sentimenti. Non l’aveva ancora considerato sotto quell’aspetto. Lì dentro era ancora racchiusa ogni sorta di emozione? Non ebbe il tempo di abbandonarsi a queste riflessioni che fu chiamato da Luis. Il cervello aveva aumentato la sua attività come fosse stato nella sua sede naturale. Era una reazione positiva. Il professore si avvicinò a Luis e gli disse che doveva essere abbassato l’afflusso di ossigeno semplicemente premendo il tasto rosso sul pannello.
            “Lo posso fare io” chiese. “Certo professore” rispose Luis.
Ebbe appena il tempo di appoggiare il dito sul pulsante che un tremendo bruciore lo investì. La stanza scomparve ai suoi occhi e una voce arrivò da molto lontano: “Giorgio, Giorgio svegliati sono le sette. Ti ho lasciato la colazione. Attento hai il dito nella tazza del latte caldo. Ci sono Flora e Luigi che ti aspettano sotto il portone. Dovete dare l’esame di anatomia. Lo sapete bene il sistema nervoso? Il vostro professore ci batte duro”.

 

Michele Baglini
 
 

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