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È possibile dipingere il silenzio?
Gavia ci prova con le immagini dei mondi che lo evocano.

In un tempo fatto di parole, porre l’attenzione sul silenzio è riflettere su quello che forse più manca oggi: l'ascolto, il saper ascoltare. 
Questa nuova mostra di Gavia vuole essere come l'artista stessa ama, uno spazio di incontro e di condivisione di un senso comune all’interno di una situazione pittorica, materiale e artistica ma anche il luogo dove possa emergere una realtà di emozioni 

Fino ad adesso non mi sono espresso sulla "svolta" .....
Cani: quando è obbligatoria la museruola?
La museruola .....
Le “forti piogge che alterano la qualità dell’acqua .....
. . . gli Usa non sono il mio paese di riferimento, .....
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Abbiamo  scelto di diffondere il materiale del Festival di bioetica non solo per il tema di questo anno che riguarda così da vicino il futuro anche di noi donne ma  per onorare  la numerosa partecipazione femminile nella organizzazione e in tutti i  vari ambiti degli interventi che ne farà un Festival di grande interesse per noi donne .

per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
diMarcella B Serpi
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Di Daniela Sbrollini, senatrice
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Di Umberto Mosso
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Di Mario Lavia
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Di Mario Lavia
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di Emanuele Cerullo
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Incontrati per caso...
di Valdo Mori
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Dal Wueb
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Incontrati per caso...
di Valdo Mori
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E settembre vien danzando
vien danzando alla tua porta:
sai tu dirmi che ci porta?
Tante uve, bianche e nere
fichi e mele con le pere
e di zizzole .....
Nel paese di Pontasserchio la circolazione è definita "centro abitato", quindi ci sono i 50km/ h max

Da dopo la Conad ci sono ancora i 50km/ h fino .....
la Pagina di Michele
"La vita"

19/5/2018 - 19:04

      
Dopo ogni nebbia, in quella bassa val di Serchio, pioveva.


            Anche quella sera il tempo si era messo a brutto. Grandi nuvoloni neri si ammassarono all’orizzonte, il buio scese lesto e l’aria gonfia di umidità non faceva sperare nulla di buono. Tanto fece che la notte piovve.


            Concetta, come ogni mattina, si avvicinò ai vetri della finestra. Pioveva ancora. A quell’ora la via dei Ponti era molto transitata. Prima passavano gli operai diretti a Pisa, poi quelli della zona industriale di Migliarino e per ultime le operaie destinate alla raccolta giornaliera delle verdure, prevalentemente spinaci. Quando pioveva, come quella mattina, Concetta appoggiava la fronte al vetro per osservare attentamente quest’ultimo passaggio. Le spinaciaie, così si potevano anche chiamare, erano ingoffate sotto enormi mantelli impermeabili, tanto da sfigurarsi. Le biciclette sembravano spinte da un ammasso di forza informe. Silenziose, quasi sottomesse a un volere misterioso, sparivano come fagocitate dallo scuro orizzonte.  Di loro aveva compassione.


            Lei non sapeva cosa fosse quella vita, ma la sua sensibilità le faceva avvertire i disagi di quelle persone che riteneva condannate, come avessero la stessa sua malattia. Si, da più di quindici anni una brutta poliartrite e un’asma cronica l’avevano costretta in casa. Non era mai riuscita a rassegnarsi e in quelle giornate sentiva il peso della sua condizione. I vetri piangevano e tutto fuori era morto. Le pareva di specchiarsi in se stessa. Aveva voglia di passeggiare, di vedere gente, di amore, di dimostrare il suo valore, non ne aveva avuto mai l’occasione. A trentacinque anni era già in quelle condizioni. Mentre i suoi pensieri si slanciavano lontano il suo corpo era rimasto immobile sulla solita poltrona, ad aspettare Adele. L’unica amica che l’aveva capita e che riusciva a consolarla.    

 
            Adele non aveva un orario preciso. Spesso l’attesa era lunga e c’era anche la possibilità che non venisse. Quei momenti erano i peggiori. Riaffiorava il suo atteggiamento di rifiuto nei confronti della realtà, in cui era costretta, che si affiancava a sdegno e rabbia perché l’aveva sempre vissuta come un’ingiustizia. Navigava in quella burrasca di emozioni da quando aveva preso coscienza di ciò che le era accaduto e tutto, in qualche modo, aveva compromesso anche il suo intelletto. Era convinta che non ci fosse una attenta ripartizione del bene e del male e che non fosse necessario comportarsi bene per meritare il bene. E’ strano pensava, ci viene data la vita e poi essa giorno dopo giorno ti uccide portandoti dolori, rinunce, tragedie, tormenti e disgrazie di ogni genere. Perché?


            Non volle insistere. Si portò allora davanti allo specchio e si ravviò i capelli. Un operazione che richiedeva pochissimo tempo perché non sopportava di vedersi. La pelle olivastra, le borse grigie sotto gli occhi e le evidenti rughe sulla fronte avevano trasformato la Concetta di qualche anno prima, di quando il futuro, per lei, era attesa e speranza. Di quando aveva desideri e scopi, insomma di quando era felice. Poi la malattia, improvvisa e devastante. Da subito capì che non si sarebbe potuto fare molto. Negli anni aveva perso quella che lei chiamava la mia spinta perché quell’evento l’aveva allontanata sempre più dagli altri, dalla vita!
            In quel momento sentì suonare il campanello della porta! 
           
Michele Baglini         

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19/5/2018 - 19:37

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Bravo ma un po' ridondante.