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Evento davvero memorabile a san Giuliano Terme il 25 luglio a partire dalle ore 18, all'interno del Fuori Festival di Montepisano Art Festival 2024, manifestazione che coinvolge i Comuni del Lungomonte pisano, da Buti a Vecchiano."L'idea è nata a partire dalla pubblicazione da parte di MdS Editore di uno straordinario volume su Puccini - spiega Sandro Petri, presidente dell'Associazione La Voce del Serchio - scritto  da un importante interprete delle sue opere, Delfo Menicucci, tenore famoso in tutto il mondo, studioso di tecnica vocale e tante altre cose. 

Che c'entra l'elenco del telefono che hai fatto, con .....
Le mutande al mondo non le metti ne tu e neppure Di .....
Da due anni a questa parte si legge che Putin, ovvio, .....
È la cultura garantista di questo paese. Basta vedere .....
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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di Matteo Renzi, senatore e presidente di IV
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Da un'intervista a Maria Elena Boschi
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Di Mario Lavia
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di Roberto Sbragia - Consigliere provinciale di Pisa Forza Italia
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Copmune di Vecchiano - comunicato delle opposizioni
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Incontrati per caso...
di Valdo Mori
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Mauro Pallini-Scuola Etica Leonardo: la cultura della sostenibilità
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Incontrati per caso
di Valdo Mori
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APOCALISSE NOKIA di Antonio Campo
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Di Fabiano Corsini
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Una "Pastasciutta antifascista"
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Pontasserchio, 18 luglio
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Pisa, 19 luglio
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di Alessio Niccolai-Musicista-compositore, autore
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Il mare
con le sue fluttuazioni e il suo andirivieni
è una parvenza della vita
Un'arte fatta di arrivi di partenze
di ritorni di assenze
di presenze
Uno .....
Nel paese di Pontasserchio la circolazione è definita "centro abitato", quindi ci sono i 50km/ h max

Da dopo la Conad ci sono ancora i 50km/ h fino .....
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TEMPO DI CEE

1/7/2018 - 21:17

"Cento, duecento, Canasta di pinoli... Cameriere, un piatto di topa al signore!"
Poi, via, fuori dal locale, sghignazzando, correndo verso la spiaggia per riprendere la pesca.
 
Era cominciata cosi!
D’inverno a Viareggio, si pratica da tempo immemorabile la pesca delle ‘cee’.
Tutti sanno ormai la storia delle anguille, che pur vivendo in acqua dolce, si riproducono in mare. Una volta calate dai fiumi, raggiungono dopo migliaia di chilometri il Mar dei Sargassi, vicino alle isole Bermude e le Antille e lì, dalle loro uova, nascono piccole larve appiattite, trasparenti, dette leptocefali! Di lì questi microscopici esseri, trasportati dalle correnti, migrano lentamente verso le coste del Nord America, dell’Africa e dell’Europa.
 Per giungere a noi di là, passano più di due anni, durante i quali si trasformano divenendo piccoli esseri cilindrici che, sul finire dell’inverno e all’inizio della primavera, cominciano a risalire i corsi d’acqua, nuotando faticosamente contro corrente, per raggiungere i luoghi dove rimarranno a lungo.
I leptocefali che sono noti col nome di cieche, da noi cee, vengono catturati dai nostri pescatori, a milioni di esemplari, con una rete metallica a maglie fitte chiamata cerchiaia.
Sono un cibo prelibatissimo e ambito e, per di più, la loro pesca è divertente, pittoresca e redditizia. Nel periodo in cui viene effettuata, di sera, il canale Burlamacca e tutto il porto risplendono di lumini a petrolio che, fitti fitti, lo circondano per tutta la sua estensione.
Ad ognuno di essi corrisponde un pescatore, munito oltre che di lume, anche di cerchiaia e di canestro. Se ne può trovare uno dislocato ogni quattro-cinque metri per tutto il perimetro del porto.
È uno spettacolo suggestivo e bellissimo che si ripete ogni anno, dalla fine di dicembre ai primi giorni di marzo. Tempo addietro, prima del divieto di questa pesca, centinaia di appassionati affollavano non solo i moli, ma se ne poteva trovare stipati in piccole barche nel canale o all’imboccatura del porto e sugli scogli, o addirittura lungo la spiaggia, dove la pesca veniva effettuata a riva, in acque basse, con una cerchiaia particolare a canna corta, chiamata volantina.
Chi pescava dai moli e dalle barche si serviva di una cerchiaia con una lunga canna di bambù. La immergeva in acqua poi, agendo su un appiglio che fungeva da fulcro, faceva in modo che la rete si spostasse incontro alle cieche che risalivano la corrente, catturandole.
Quelli che invece usavano la volantina, muniti di stivaloni, setacciavano, camminando con l’acqua ai ginocchi, le onde presso la riva, riversando il pescato nei canestri appoggiati sulla battima. Come ho detto sopra, lo spettacolo era tanto straordinario e pittoresco da richiamare un folto pubblico che, specie di prima sera, affollava questi luoghi per una gradevole passeggiata.
Quella sera di gennaio lo spettacolo era eccezionale. I lumini a petrolio, fitti come mai, trasmettevano il loro bagliore tremolante sull’acqua appena increspata dal vento. Il mare calmo, faceva sentire solo il lieve sciabordio della risacca sugli scogli e sulla battima. La luna, dall’alto, illuminava i pescatori, imbacuccati per difendersi dal freddo, in un momento di riposo.
Quando la pesca era scarsa e solo pochi manovravano la cerchiaia, allora, tra canti e richiami, da punti diversi, si sentiva la voce urlata di chi faceva una cala di prova.
"Una, due, punte,..!"

Troppo poche erano le cee contro la luce dcl lume a petrolio si vedevano scivolare serpeggiando dalla rete al canestro; e il grido, propagandosi nella notte, avvertiva che non valeva la pena di insistere.
Allora si accendevano le sigarette e si formavano gruppi di conversazione da cui si udivano risate per cose amene raccontate, o voci litigiose in discussioni sportive e politiche. Qualche moccolo estemporaneo ricordava la atteggiata ignoranza viareggina.
In uno di quei momenti un gruppo di amici che pescava sulla spiaggia con la volantina stavano intirizziti battendo i piedi per scaldarsi, quando un certo Giorgetti, detto Fione, non potendone più perché il freddo se lo beveva, "O ragazzi!" disse "andiamo a prendere un ponce al Brazil tanto per scaldarsi il maone, che qui per ora non vale la pena di insistere... è magra!"

E si avviò verso la passeggiata a mare da dove il ben frequentato bar, effondeva le luci azzurre dell’insegna.
Gli altri, che aspettavano proprio quello, seguirono di buon grado e con mormorii di consenso Fione..., un giovanotto allampanato che era l’anima della compagnia, per la sua arguzia e la saputa ironia che manifestava in ogni occasione.
Alto, sempre elegantissimo, gran ballerino, nelle feste si faceva notare per la sua eccentricità nel vestire. Magro da fare effetto, una volta mentre ballava al Margherita, il suo amico Leone gli tirò tra i piedi uno stinco di vacca straccato dal mare col lavarone.
"Fione, hai perso un osso!"

disse divertito tra le risate degli amici. Il Giorgetti si fermò di colpo. Si scusò con la dama con un inchino; raccolse l’osso e se lo provò più volte alle tibie e ai femori, poi alzandolo in alto e scrutandolo controluce:

"Non è mio...! Portalo a tua madre che ci faccia un brodo come te!"

Fu la risposta immediata prima di riprendere la danza.
Traversata la spiaggia gli amici entrarono, rumoreggiando, nel bar, dove molte persone sedevano ai tavoli verdi intente nell’imperversante gioco della canasta.
Il Brazil era un bar della passeggiata molto frequentato dai Vip che mal gradirono l’ingresso di quei quattro trasandati, bagnati e rumorosi, e manifestarono subito il loro disappunto dandosi reciprocamente delle occhiate significative e facendo gesti di insofferenza verso i camerieri. Ora i giovani entrati non erano dei poveracci, come il loro abbigliamento poteva far supporre, ma appartenevano tutti a dignitose famiglie viareggine ed erano ben conosciuti dal personale del bar, perciò furono serviti del ponce caldo richiesto e cominciarono a sorbirlo in piedi, seguendo il gioco che si svolgeva in un tavolo vicino al bancone.
Il tavolo in questione era composto da tre signore elegantissime, non molto giovani, e da un personaggio viareggino allora molto noto: il conte Basevi, grande frequentatore della passeggiata e degli ambienti più ‘in’ del momento.
Era un distinto signore dai capelli rossicci e ondulati, non molto alto, sempre vestito in modo inappuntabile ed elegante, giacca con stemma al taschino, bocchino con sigaretta, quasi perennemente stretto tra i denti, foulard al collo fermato da una spilla preziosa. La ‘caramella’ all’occhio destro completava il look; la erre moscia ed una educata voce nasale, davano un ulteriore tocco di classe; i modi sempre cortesi e affettati aggiunti al portamento sostenuto di chi si ritiene di essere una spanna al di sopra dei suoi simili, ne facevano un personaggio degno di nota.
Di lui raccontano che durante la guerra, dopo l’8 settembre, al momento dell’occupazione tedesca, fu coattivamente reclutato dal Comando germanico e mandato a lavorare come manovale, con molti altri, alla costruzione del Vialone che unisce Viareggio a Torre del Lago.
Ebbene, si presentò in auto, cosa rara in quei tempi difficili, accompagnato da un vecchio maggiordomo ossequioso che, in presenza di tutti, dopo avergli fatto indossare una tuta impeccabile e i guanti da lavoro, lo assisté per tutto il giorno, servendolo a puntino all’ora di pranzo, tra gli sberleffi dei compagni e le risatine dei soldati sorveglianti. Questa scena si ripeté per parecchio tempo, finché per intercessione di chi non si sa, fu esonerato. È superfluo dire, quanto ad un soggetto del genere, desse fastidio la presenza di quattro tangheri malvestiti, rumorosi e invadenti, dietro le spalle.
Cominciò a dare chiari segni di insofferenza col volto atteggiato in una smorfia di disgusto. Non ne poteva più!
"Cameriere - disse — vorrei cambiare tavolo, se e possibile! Qui c’è una fastidiosa corrente d’aria!"
Poi si chinò verso il centro del tavolo perché le sue amiche lo udissero meglio e bisbigliò: "Spero che capiscano!"
Capirono! I quattro si guardarono in faccia dapprima un po’ sorpresi, poi con aria di sussiego il Giorgetti, sempre lui, imitando la voce del Marchese motteggiò: "Cento duecento, canasta di pinoli... cameriere, un piatto di topa al signore!”
 Per un momento ci fu un silenzio pesante. Pallette disse con voce nasale e affettata ammosciando la ‘erre’: "Fi-co-ne, Porta-gliela tu!"
Poi via fuori dal locale sghignazzando, correndo verso la spiaggia per riprendere la pesca.

Questo un capitolo del gustoso libricino di Armando Mancini: “Violone ed altre storie”, edito nel 2001 da Ibiskos Editrice, Empoli

Il nostro Alessandro Tofanelli qualche tempo fa si cimentò un’altra volta con la regia, avvalendosi di “mano d’opera locale”, per un film dedicato alla gioventù viareggina, “Noi i giovani dell’appartamento” e, conoscendo questa storia del personaggio versiliese, ingaggiò una manovalanza di paese e un autentico, almeno nella capigliatura, “marchese- conte o comunque nobile”, vecchianese, Michelangelo Roncella servito dallo splendido maggiordomo Federico Meini (foto 3 e 4).
 Il Basevi (foto 2) era soprannominato “il Barone”, niente marchese né conte né nobiltà alcuna, ma era un gentile uomo che giocava a fare il signore e gli riusciva anche bene!
Ad aiutare a scavare il “finto barone finto” Michelangelo c’eravamo io, Paolo, Simone, Lido, il poliedrico Maurizio con altri sciagurati “ galeotti” che hanno festeggiato la fine della ripresa, anzi delle riprese, al fresco dei platani del Forcellone con pastasciutta ciccia formaggio dolci vino e ponci in culo alla guerra e ai tedeschi!

 
 

 
 

 
 

 
 

 
 

 
 

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