Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative.
“Non so che viso avesse, neppure come si chiamava,con che voce parlasse, con quale voce poi cantava,quanti anni avesse visto allora, di che colore i suoi capelli,ma nella fantasia ho l’immagine sua:gli eroi son tutti giovani e belli”
E invece il protagonista della canzone di Guccini un nome e un cognome preciso ce l’ha: Pietro Rigosi. Sarà lo stesso cantautore a parlarne diverso tempo dopo l’uscita di una delle canzoni di maggior successo della sua storia musicale.
I fatti sono riportati dettagliatamente anche in un articolo del Resto del Carlino il 21 luglio 1893. Il giorno prima alle 16 e 45 il telegrafo della stazione di Bologna aveva trascritto un messaggio proveniente da quella di Poggio Renatico. Il contenuto era chiaro: la locomotiva del treno merci 1343 era stata sganciata dai vagoni e si dirigeva ad una velocità di 50 km orari, parecchio per l’epoca, verso il capoluogo senza alcun permesso. Si sollecitava i colleghi di Bologna e di tutte le stazioni che la precedevano a far transitare il treno su binari sgombri affinché l’azione non provocasse un disastro.
A guidare quella “locomotiva impazzita” il ferroviere Pietro Rigosi, classe 1860, sposato e padre di due bambini. Aveva approfittato di una distrazione del macchinista del treno merci per prenderne possesso e poi, facendo fischiare la motrice come un forsennato, lanciarsi al galoppo verso il suicidio. Si perché l’intento di Rigosi era chiaro: uccidersi. E lo dimostrò quando entrando alle 17 e 10 alla stazione di Bologna e vedendo che era stato deviato su un binario tronco, usci dalla cabina e si piazzò sul fanale di fronte della locomotiva.
Impattò violentemente con i carri merci che si trovavano sulla linea morta. Unico coinvolto nell’incidente, Rigosi ne uscì vivo ma ferito gravemente; perse una gamba e fu segnato da profonde cicatrici al volto. Secondo alcune ricostruzioni il suo obiettivo era un treno di prima classe che in quell’orario stazionava quotidianamente a Bologna.
Tanto la stampa dell’epoca quanto la direzione delle Ferrovie bollò il suo gesto come quello di un matto. Uno squilibrato da pensionare e graziare misericordiosamente. L’azione di Rigosi fu invece, probabilmente, l’eclatante gesto di un ferroviere che più volte aveva dimostrato di mal digerire le durissime condizioni di lavoro e le dure punizioni aziendali riservate a chi non rispettava la ferrea disciplina.
Erano anni in cui i macchinisti spalavano quintali di carbone per percorrere pochi kilometri, facevano turni massacranti che li portavano a guidare spesso per più di 24 ore consecutive e avevano una speranza di vita assai breve. Evidentemente quello di Rigosi era un atto estremo che voleva porre l’accento sul mondo dei ferrovieri, e più in generale dei lavoratori, che in quell’Italia di fine ottocento lottavano non si vedevano riconosciuti i diritti più elementari.
Grazie a Cannibali e Re