Un paese che amo, il paese della mia mamma.Anche ora quando vado a RIPAFRATTA sono la figlia della "Cocca".
Un paese con una storia importante che conserva vestigia di grande rilievo.
Un paese rimasto inalterato nel tempo, non ci sono insediamenti nuovi, potrebbe essere il set di film d'epoca perché anche le case, le facciate conservano la patina del tempo.Un paese che è ancora comunità.
Ho ascoltato in streaming Renzi alla Festa di Firenze.
Credo abbia toccato la chiave giusta. Per delineare la collocazione, attuale e futura, del Pd. E anche l’identità’ congressuale della sua posizione. Ha detto due cose importanti, inedite e diverse da quelle che sostengono tutti gli altri dirigenti del Pd.
A cominciare da Zingaretti. Che parla solo di formule generiche e parla del passato, La prima e’ che la Leopolda sarà’ un evento in cui si parlerà’ dei Si.
In un’Italia dove I giallo Verdi hanno imposto il regime dei No ( alle opere, alla Tav, al Tap, alla Gronda a Genova, all’Ilva, al lavoro flessibile ecc), la Leopolda sarà’ l’evento dei Si, del fare, delle idee per la ripresa del paese. Delle riforme possibili per uscire dalla stagnazione e dall’ideologia stagnazionista e di decrescita del paese. Finalmente si torna al riformismo. E si abbandonano le prediche legnose (Veltroni). La seconda cosa detta da Renzi e’ ancora piu’ importante.
Direi strategica. Renzi, invita a non aver paura di battaglie controcorrente. E a prendere di petto la contrapposizione al populismo ( altro che intese con esso)
Il populismo non e’ solo, come sostiene una parte della sinistra, un segnale di protesta sociale, una manifestazione di malessere, di paura di impoverimento.
Da comprendere e accarezzare, come fanno le sinistre che si richiamano al modello di Corbyn. No. Il populismo non e’ un sintomo. E’ la malattia.
E’ la degenerazione di una società’ in cui prevalgono disgregazione, demagogia e l’irresponsabilità dei governanti, il promessismo di tutto da parte di tutti, il saccheggio dello Stato, l’esaltazione dell’assistenzialismo, del sussidio senza lavoro, dell’egoismo. E’ l’ideologia, che la sinistra e il sindacato di sinistra, hanno per prima generato e poi alimentato chiamandola “cultura dei diritti”, del rivendicazionismo esasperato, delle pretese senza corrispettivo, della protezione ( che non protegge ). Sempre e solo “diritti” e’ la fine del civismo. Ecco il populismo. Occorre all’opposto, finalmente, una cultura della responsabilita’ e dei “doveri”. Renzi, unico e diverso da ogni altro leader e candidato del Pd, sceglie di indicare non l’appeasement con il populismo del “dirittismo” ma la contrapposizione frontale: una battaglia etica, politica, culturale per la centralità dei “doveri”. E senza paura che appaia, oggi, una lotta di minoranza.
Deve tornare l’ottimismo: opporsi al populismo si può’. L’Italia e l’Europa, non possono tollerare le ricette populiste. Sono inapplicabili. I governanti populisti mostrano la loro faccia: bulli e sfacciati ma inconcludenti e pericolosi. Tornera’, dice Renzi, la centralità’ della politica, della responsabilita’, dei “doveri”. L’Italia aprirà’ gli occhi. Facciamola questa battaglia. Etica, di idee, di responsabilità. Di un’altra Italia. E al diavolo chi si e’, politicamente, culturalmente e moralmente, arreso al populismo. A me questa battaglia frontale al populismo piace più’ della disputa sui candidati al congresso del Pd.
Renzi, finalmente, recupera il renzismo: il riformismo positivo e ottimista dei suoi 5 anni, della battaglia del Si. Una boccata d’aria. E, con dentro, piu’ Einaudi, piu’ Italia liberale e dei doveri che Corbyn e la sua cupa piattaforma para populista.
Non so voi ma io con un Renzi così’ mi ritrovo.