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Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative. 

E non c'è da cambiare idea. Dopo aver sostenuto la .....
. . . sul Foglio.
Secondo me hai letto l'intervista .....
L'intervista a Piazza Pulita è di 7 mesi fa, le parole .....
Vedi l'intervista di Matteo Renzi 7 mesi fa da Formigli .....
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Arabia Saudita
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Incontrati per caso...
di Valdo Mori
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Dalla pagina di Elena Giordano
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storie Vere :Matteo Grimaldi
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Indaco il colore del cielo
non parimenti dipinto
Sparsi qua e là
come ciuffi di velo
strani bioccoli di bambagia
che un delicato pennello
intinto .....
tutta la zona:
piscina ex albergo
tutto in stato di abbandono

zona SAN GIULIANO TERME
vergogna
Il Diario di Trilussa
Spiagge libere-L'isola che non c'è

18/9/2018 - 18:13



Il Diario di Trilussa
Era il 2007, l’anno della nascita del giornale, e Trilussa pubblicava i primi articoli di fondo. Sono prima della crisi economica, del problema grave dell’immigrazione, della chiusura delle frontiere in Europa, della crisi della Grecia. Sono vicini nel tempo ma sembrano lontani per il modo di affrontare i problemi, che in gran parte sono rimasti i soliti, alcuni in parte risolti, molti ancori insoluti se non peggiorati. Alcuni si riferiscono a casi di cronaca del tempo, ma sembrano mantenere una loro validità riguardando comunque problemi di ordine generale.


Gli articoli vengono pubblicati come furono scritti, con i segni grafici necessaria all’impaginazione. Il giornale era appena nato, aveva suscitato molta curiosità ma aveva ancora poche visite e molta incertezza sul suo futuro. Anche con questi intendiamo celebrarne i dieci anni di vita.
 
In Spiagge Libere si prende spunto dalla scellerata decisione dell’appena eletto nuovo Presidente della Sardegna Castellacci che consegna ai privati (che lo hanno votato e fatto votare) migliaia di ettari di spiagge libere. L’occasione è ribadire il concetto dell’importanza del suolo e del territorio che può avere un valore illimitato nel tempo solo se viene salvaguardato e difeso. Anche da un uso improprio come quello, si intuisce nel testo, della Marina del nostro Comune. Servirebbe, come si dice, uno sguardo più lontano.
 
Nell ‘Isola che non c’è si parla di Pianosa. Di quello che c’è e di quello che non c’è. Un esempio di conservazione assoluta dell’ambiente, un esempio coraggioso di un Amministrazione come tutte sempre alla ricerca di fondi anche solo per la normale conduzione ordinaria e che ha resistito alle tante proposte di trasformazione a scopo turistico. Siamo sicuri che l’isola in questo modo rimarrà patrimonio di tutti e sarà meta solo di un turismo bello e rispettoso della natura, dell’ ambiente, della pace e della tranquillità. Chi ama la confusione, le feste e lo champagne ha la mia commiserazione e Pianosa non fa per lui.
 
<b>SPIAGGE LIBERE</b><br><br>  (11.7.2009)
 
Cappellacci lo aveva promesso in campagna elettorale, proprio per quello lo avevano votato in massa e lui, dopo solo pochi giorni di insediamento, l’ha subito fatto. Done!<br>
Quarantamila ettari di spiagge libere della Sardegna, un patrimonio che per l’isola si potrebbe paragonare al petrolio per il Texas, o ai diamanti per il Sud Africa, concesse dall’oggi al domani ad imprenditori privati. Praticamente privatizzate, regalate quasi e anche per un periodo che sembra molto lungo, sei anni. Non per un anno e sulla base di progetti di rispetto dell’ambiente e soprattutto dei cittadini a cui quel bene è stato tolto, no, per sei anni e chi s’è visto s’è visto.<br>


Non vorrei buttarla in politica e non dico nemmeno a quale schieramento faccia riferimento Cappellaci ma non si può non prendere posizione di fronte ad un avvenimento del genere, ad una decisione che lascia sgomenti. Come si fa a togliere all’uso pubblico e gratuito di tutti i cittadini un bene e concederlo ai privati affinché ne traggano profitto proprio a scapito degli stessi cittadini, quelli che da domani in poi si vedranno costretti a pagare quello che ieri avevano invece in maniera gratuita? E che magari improvvisamente, per i motivi più vari, ne saranno esclusi?<br>


Chi ci guadagna in tutto questo? La risposta è piuttosto scontata.<br>
L’episodio deve far riflettere sia su una certa idea della sviluppo del territorio (e il termine, sviluppo, non va mai confuso con quello di sfruttamento, vocabolo molto più brutto che ogni Amministratore deve sempre temere), e sulla progressiva scomparsa delle cosiddette spiagge libere, le spiagge cioè mantenute all’uso pubblico, a disposizione di tutti i cittadini.<br>


Si può tranquillamente dire che sono specie in via di estinzione e proprio per questo andrebbero tutelate come se fosse specie animali. Gli stessi ambientalisti se ne dovrebbero occupare magari anche con un movimento tipo Movimento Salvaguardia Spiagge Libere (MSSL) con richiesta di accredito e di fondi per la loro difesa.<br>


Qui da noi abbiamo la fortuna di averne una, molto bella, inserita in un ambiente spettacolare, salvaguardata dall’inserimento in un Parco Naturale, veramente a portata di mano. <br>


Ma è specie rara e quindi da difendere.<br>

In questo caso non va difesa dalla speculazione poiché fortunatamente da alcuni anni è di proprietà pubblica (è stata acquistata) e di questo non possiamo che ringraziare la lungimiranza degli amministratori che fecero quella scelta, ma va difesa invece dal suo uso eccessivo che può sconfinare nello sfruttamento. Perché ogni spiaggia, come ogni abitazione, ogni struttura recettiva, ha una sua capienza massima, oltre il quale l’uso si trasforma inevitabilmente in abuso, lo sviluppo in sfruttamento, la bellezza in confusione.<br>


Ci vorrebbero leggi che con maggior rigore facessero mantenere all’uso pubblico tratti più estesi della nostra costa proprio per evitare tutto quello che ogni domenica succede alle poche spiagge libere rimaste. Il numero di bagnanti convenuti supera abbondantemente il numero che rende piacevole una giornata di mare con persone a contatto di gomito, code estenuanti per arrivare, lotte per trovare un parcheggio e file chilometriche al ritorno.<br>


Purtroppo invece ancora oggi per molti amministratori il territorio da loro amministrato (e non vale solo per Castellaci) non è un bene da salvaguardare e valorizzare, e trovare in esso anche motivo di sviluppo e benessere, ma solo uno strumento per ottenere consenso e soldi da spendere.<br>


Soldi da spendere magari in opere pubbliche, magari in strutture sociali come asili nido, scuole, servizi pubblici, quindi soldi in una certa maniera ben spesi, ma che inevitabilmente divengono spesi malamente nei tempi lunghi. Il territorio infatti non ha la capacità di rigenerarsi ma inevitabilmente si consuma, non può essere sufficiente in eterno e prima o poi, come un conto in banca, avrà purtroppo la sua fine.<br>


Ed allora il problema non sarà per noi ma per i nostri figli che abiteranno in comunità caotiche, sovraffollate, soffocate dal traffico e dalle auto, pieni magari di Centri Commerciali, pieni di luci e di colori ma poveri di umanità, popolati da zombie senza anima anche se dotati dei più moderni ritrovati tecnologici in cui  cercheranno quella felicità che non potranno mai avere perché noi gliela abbiamo rubata, gliela abbiamo strappata a forza di piani regolatori, PEEP o PIIP come diavolo si chiamano, strade, parcheggi, asfalto e costruzioni.<br>


Solo allora diventeranno palesi i nostri errori e solo chi avrà saputo conservare avrà il vantaggio di poter offrire. E non offrire a basso costo e a grande impatto ambientale come un semplice parcheggio sul mare o una seconda casa in zona protetta ma offrire un pezzo di vera natura, un ambiente incontaminato, uno sguardo che può arrivare fino ai monti innevati lontani e non che si debba fermare alla prima antenna di un ripetitore a forma di abete o ai nuovi palazzi in costruzione autorizzati magari in cambio della realizzazione di un parcheggio e un campo di calcetto.<br>


Serve uno sguardo più lontano, e serve nella vita come nella politica. Ma serve soprattutto in campo amministrativo perché noi passiamo e siamo sostituiti ma il risultato dei nostri atti amministrativi rimarrà per sempre e sarà non solo la testimonianza della nostra opera, ma condizionerà la vita dei nostri figli e di tutti quelli che verranno dopo di loro.<br>
<b>Trilussa</b>
 
 
<b>L’ISOLA CHE NON C’E’</b><br>   (1.8.2009)
Sull’isola di Pianosa non c’è niente. Solo un carcere in abbandono, qualche casa male in arnese, poche stradine malmesse e non asfaltate, nessuna macchina ma solo tre cavalli per fare il giro dell’isola. O bici a noleggio per i più sportivi.<br>


E’ un isola che va in malora dirà qualcuno, che non serve a niente e a nessuno dirà qualcun altro, magari si potrebbe sfruttare per il turismo con qualche bel locale, un po’ di musica, qualche bar e ristorante e questo lembo di terra sperduto in mezzo al mare potrebbe rivivere e decollare, diventare “in” , attirare VIP nazionali ed internazionali, la bella vita italiana insomma, e forse ospitare anche qualche onorevole o capo straniero durante le vacanze estive.<br>


A Pianosa per fortuna ci sarebbe anche poco o niente da bruciare, non servirebbe nemmeno quello per liberare i terreni, far perdere in questo modo il loro valore perché si sa un bosco è un bosco e non si può toccare, un terreno bruciato invece prima o poi cambia destinazione d’uso e qualcosa ci si può fare.<br>


Sull’isola del diavolo, come viene anche chiamata, rimangono i vecchi telefoni a gettone che sporadicamente la collegano con la terra ferma, una caserma nuova e appena inaugurata che non ospita nessuno, le celle vuote e cadenti del vecchio carcere, i muri a secco lungo le stradine polverose, il muro “Dalla Chiesa” che isolava i mafiosi dai detenuti comuni. Rimane un paese di case decadenti, erose dal sole e dal salmastro, stradine bianche, zecche che si attaccano ai piedi.<br>


Ci sono stati progetti in passato (le casse dei comuni, si sa, sono sempre più vuote) ed oltre allo sfruttamento turistico si era pensato magari ad un impianto fotovoltaico, addirittura qualcuno l’ha indicata come un possibile sito per la costruzione di una centrale nucleare.<br>
Perché non c’è niente e non produce reddito e quei pochi che arrivano non hanno molte occasioni di spendere e lasciare denaro. Quattro euro per un giro a piedi dell’isola, quattordici per un giro in calesse trainato da quei malmessi cavalli che si vedono godersi il fresco sotto un albero.<br>


Perché oggi è questo il modo di vedere e giudicare ed anche il territorio non sfugge alla barbara legge di essere visto alla luce del denaro, della resa economica, della possibilità dello sfruttamento per fare cassa mentre altre cose nel sentire comune perdono valore. <br>


L’assenza, purtroppo e al momento, non premia.<br>
Cosa dire agli amanti della movida notturna, dell’ebbrezza alcolica come condizione indispensabile per il divertimento, della musica ossessiva e stordente della discoteca, della passeggiata lungomare del dopocena ben unti di olio doposole che sfavilla sotto le luci dei lampioni? <br>
Che l’isola di Pianosa non fa per loro.<br>


E ai patiti della “barca”, dei club esclusivi dove speri sempre arrivi la troupe di “Lucignolo” per far vedere agli amici invidiosi che tu c’eri, dei pasti a ostriche e Champagne, delle macchine di lusso, dei gioielli ostentati con noncuranza? Cosa dire a tutti costoro? Che Pianosa non fa per loro.<br>


Perché a Pianosa tutto questo non c’è.<br>
 
Sulla sperduta isola dell’arcipelago toscano, piatta che quasi non si vede, dopo due ore e mezzo di traghetto dalla terra ferma e dove il tempo si è fermato alla metà degli anni 90 quando è stato chiuso il carcere di massima sicurezza queste cose non ci sono. Il carcere ospitava boss mafiosi e criminali comuni ed in passato è stato anche carcere politico e ha visto reclusi anche uomini illustri come, uno per tutti, il rimpianto Sandro Pertini.<br>


Perché Pianosa è un mondo a parte, l’isola che non c’è. <br>
A Pianosa puoi trovare solo un mare cristallino, piccole spiagge deserte, scogliere sempre battute dal vento, puoi sentire i rumori degli uccelli, vivere il contatto con la natura, la calma piatta e il silenzio che ti circonda.<br>


Ci sono dei progetti di recupero degli edifici affinché chi viene sull’isola possano trovare un minimo di recettività e creare posti di lavoro e proventi da un certo tipo di turismo. Ma l’isola fortunatamente fa parte del Parco dell’Arcipelago Toscano e non potrà essere snaturata perdendo quel valore che in questo momento riesce a mantenere.<br>
Perchè il suo valore è proprio quello di essere rimasta lontana dalla cementificazione, dallo sfruttamento edilizio che l’avrebbe fatta somigliare alle mille altre isole del nostro paese dove la brama cementizia ha portato alla trasformazione dei luoghi tramutando le coste in condomini e le aree a verde interne in parcheggi per auto.<br>


Quando il ritmo della nostra vita sempre più moderna sarà arrivata alla esasperazione finale, quando saremo veramente stanchi di correre sempre e sempre più in fretta, quando avremo capito che essere in contatto telematico col mondo vuol dire, in fondo, essere sempre più soli, allora questi saranno i luoghi che avranno il maggior valore turistico e potranno essere sfruttati, sia pure con tutti gli accorgimenti e le limitazioni del caso.<br>


Saranno proprio i luoghi che avremo saputo conservare meglio respingendo tutte le richieste che con la giustificazione del recupero e del risanamento di fatto li trasformano, di fatto ne modificano gli ambienti, violentano la natura e aprono le porte all’invasione del turismo di massa anche nei posti più integri, luoghi biologicamente e culturalmente fragili, rappresentando uno dei mali peggiori della nostra società moderna come ebbe a dire uno dei maggiori scrittori del nostro novecento che portava il nome di Tiziano Terzani.<br>


Il territorio è un bene fragile e irripetibile. Arriva a noi da migliaia di anni e attraverso milioni di piccoli attacchi da cui si è sempre saputo difendere. Noi ci siamo creati la tremenda possibilità di distruggerlo con un semplice atto amministrativo.<br>
<b>Trilussa </b>
 
 
 

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