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Un paese che amo, il paese della mia mamma.Anche ora quando vado a RIPAFRATTA  sono la figlia della "Cocca".

Un paese con una storia importante che conserva vestigia di grande rilievo.

Un paese rimasto inalterato nel tempo, non ci sono insediamenti nuovi, potrebbe essere il set di film d'epoca perché  anche le case, le facciate conservano la patina del tempo.Un paese che è  ancora comunità.  

Ricordate il tubo di refrigerazione della nuova pista .....
. . . come minimo si risponde due volte altrimenti .....
. . . siamo a M@ sterchief. Sono anni che giri/ ate .....
. . . Velardi arriva buon ultimo.
Il primo fu il .....
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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di Micol Fiammini, Il Foglio, 17 apr. 2025
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Cena per la Liberazione 24 aprile
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Assemblea soci Coop.
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Cascina, 27 aprile
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CNA AREA VALDERA
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Pisa, 18 aprile
San Giuliano Terme, 24 aprile
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Qualcuno mi sa dire perche' rincoglionire
viene considerato un inevitabile passaggio
alla fine del faticoso viaggio
vissuto da tutti con coraggio?
Il .....
ad oggi la situazione è peggiorata
ora anche tir, pulman turistici , trattori, camion con cassoni per massi,
etc. . E ad alta velocita,
inquinamento .....
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Pane secco.

19/9/2018 - 16:25


 
II pane secco
 
Una volta i poveri dovevano comportarsi da poveri...
Dovevano mangiare il pane nero e all’occorrenza anche secco, e il companatico, se c’era, doveva essere per forza una sardina o una aringa, magari con una fetta di polenta.
Dovevano vestire abiti rammendati e portare scarpe alte, di vacchetta, invecchiate dalla sugna. La povertà nei paesi agricoli abbracciava specialmente le persone anziane, gli inabili, i disoccupati e i vagabondi. I contadini, anche se poveri, erano i più fortunati tra i poveri, avendo almeno il necessario pcr sfamarsi.
La povertà, allora, era uno stato di vita e per alcuni un mestiere, per altri un vizio.
Di poveri, di tal genere, al mio paese c’era Laurina, una vecchietta arzilla, svelta, furbacchiona. Vestita con una gonnella nera, lunga e pillaccherosa, precipitava parole e gesti senza misura.
Passava le sue giornate nell’accattonaggio alle case dei contadini.
Partiva, cantando di buon mattino, con una saccoccia legata alla vita e con un bastone per appoggiarsi.
Si fermava alle case dei contadini chiedendo un pezzo di pane in cambio di un rosario da recitare per i defunti.
E quando la saccoccia era colma di pane, se ne ritornava canticchiando verso casa.
Nel ritorno doveva attraversare un ponticello di un torrente e si dice che, giunta nel bel mezzo del ponte, Laurina si fermasse e facesse la cernita del pane raccolto.
Quello nero e secco lo gettava nell’acqua del torrente accompagnandolo con queste rituali parole: <<Accidenti a te e a chi me l’ha dato...>>.
Alla sera, al rientro, Laurina si ritrovava con una ventina di rosari da recitare.
 Ma non si perdeva d’animo: povera sì, ma onesta!
Sui tardi, nella penombra della chiesa, si inginocchiava nell’ultima panca e, piamente, in quattro e quattr’otto recitava i rosari promessi.

Una sera che potei seguirla mentre sulla corona bisunta snocciolava svelta svelta, i grani del rosario, mi avvicinai e le chiesi:
"Ma come fate, Laurina, a recitare cosi in breve tempo tanti rosari?".
E lei candidamente:

"Bene, guà... ad ogni grano della corona dico:

-Gesù..., Giuseppe... e Maria, Gesù..., Giuseppe... e Maria... e quando arrivo al grano più grosso... vi dono il cuore e l’anima mia".
"Ma Laurina, osservai, cosi non e dire il rosario!".
E lei di rincalzo, piamente convinta:
"Pecché, pecché o’ un ci sono tutti e tre... no!".
 
(I tre erano Gesù, Giuseppe e Maria).
 
E cosi furbizia e candore, ingenuità e opportunità, si mescolavano alla fede e alla miseria.

 
Tratto da “Toscana contadina” di Evaldo Cacelli.   Lucio Pugliese edit. (FI) 2001

    
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24/9/2018 - 9:28

AUTORE:
Mencio

Crescendo con la sacralità del pane, difficilmente si riesce a stragiarlo nella mia famiglia.
Da sempre in casa mia si riutilizzano gli avanzi ma comunque mai si getta, regalarlo ai proprietari dei pollai o di altri animali che lo consumano è d'obbligo, è un dovere sociale visto che dietro al cibo c'è tanto lavoro e tanta fame repressa.
Personaggi come Laurina, singolare vecchietta scaltra e leale quanto basta, non ne ricordo ma mi piacerebbe conoscere la sua storia e soprattutto che cosa faceva da giovane o da adulta per capire come mai si è ritrovata a mendicare.
Anche nel mio paese vi erano persone ritardate o handicappate ma delle prime se ne occupava la comunità, cioè venivano ingaggiate dal macellaio nel mattatoio per esempio o dai contadini per la raccolta dei prodotti della terra o per accudire gli animali ecc e ricordo ancora l'espressione serena di quella gente benvoluta da tutti...dei secondi però se ne occupavano le famiglie che comunque venivano aiutate dai vicini dagli amici o da chi avesse buon cuore.
Quello che mi piace ricordare è che nessuno si prendeva gioco di loro né si sognava lontanamente di offenderli o denigrarli, si accettavano così com'erano affidando loro mansioni adatte e permettendogli di vivere nel miglior modo possibile.