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In questo nuovo articolo di Franco Gabbani si cambia completamento lo scenario.

Non avvenimenti storico- sociali, nè vicende di personaggi che hanno segnato il loro tempo.Il protagonista è questa volta è il fiume Serchio, l'attore sempre presente nella storia del territorio, con grandi vantaggi e tremendi disastri.

Ma non manca il tocco di Franco nell'andare ad esaminare grandi lotte politiche e piccoli episodi di vita comune legati al compagno di viaggio nella storia del nostro ambiente. 

Il fu presidente Biden lascia la carica e fa un bel .....
E non c'è da cambiare idea. Dopo aver sostenuto la .....
. . . sul Foglio.
Secondo me hai letto l'intervista .....
L'intervista a Piazza Pulita è di 7 mesi fa, le parole .....
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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di - Maestra Antonella
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Arabia Saudita
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Incontrati per caso...
di Valdo Mori
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Dalla pagina di Elena Giordano
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L'onda che dal mare
alla prima sabbia
piano si sgomitola,
mi attrae.
La osservo mentre
si rivolta e si schiuma
formando un'ansa
che mi inghiotte. .....
tutta la zona:
piscina ex albergo
tutto in stato di abbandono

zona SAN GIULIANO TERME
vergogna
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IN VIAGGIO PER VIAREGGIO

1/10/2018 - 22:06

 
Vi ricordate il simpatico contadino lucchese, chiamato Popolo, che voleva andare al mare a Viareggio? Ecco, ora è partito. Arriverà?

  
La notte passe in un lampo. Alla prima luce si destò, capì dal canto degli uccelli, senza affacciarsi, che era una bella giornata.

”Ci mancherebbe altro dovesse piovere proprio oggi”.

Corse a aprire la finestra, era limpido. Un’aria trasparente avvicinava il monte, non c’era una nube all’orizzonte. Versò l’acqua nella catinella, ci tuffò il viso direttamente. Poi toccò al collo e alle orecchie. Raccoglieva l’acqua nelle mani a coppa poi ci scuoteva il viso dentro, facendo con la bocca quello strano rumore che aveva sempre fatto fin da piccolo, una specie di “bruom bruom”. D’inverno questo verso insieme al freddo della stanza lo portava a rabbrividire; d’estate non ce n’era bisogno. Si vestì con cura, raccolse la roba che aveva preparata. La sorella gli aveva fatto una gran zuppa di pane e latte, che lui ingurgitò ansioso di partire. Salutò la sorella che lo guardava andar via quasi con nostalgia.
 “Oeh! Stasera sono di nuovo a casa, non mi perdi stai tranquilla. Prepara cena chissà se mi daranno da mangiare”.
E svelto si allontanò prendendo la via del paese. Alla stazione arrivò molto presto, prima che il treno partisse. Il problema per lui era cosa fare durante l’attesa e in una stazione, specialmente piccola; cosa si poteva inventare? Per lui era importantissimo non perdere tempo, impegnare in qualche modo le mani o la mente o la bocca, cosa che fece in quell'occasione, si tagliò due grandi fette di pane, le riempì di prosciutto e cominciò a mangiare. Stava seduto su una panchina, con la sporta di lato, mangiava a piccoli morsi e osservava le cose intorno. Un campanellino si mise a suonare con insistenza, chiese se era il treno per Viareggio, no, era quello per Firenze. Il suo passava dopo, sul binario opposto. Finì il panino poi decise di attraversare dopo che il treno per Firenze era passato. Mentre attraversava domandò, di nuovo trafelato “Dove lo piglio il treno per Viareggio?”
Qualcuno spiritoso dietro a lui strillò: “Se un ti sbrighi a uscire dalle verghe lo pigli nel groppone”. Era Armando del Poggio che stava andando a Lucca per la fiera del bestiame, un mediatore di mucche.
“Dove vai Popolo — gli disse — è la prima volta che ti trovo al treno”.
“Vado a Viareggio a vedere il mare”.
“ Che non ci sei mai andato?”
“Col pensiero un sacco di volte, ma davvero mai. Bisognerà pure levarsi qualche soddisfazione”
“Te la levi alla svelta. In neanche un'ora ci sei. Io vado alla fiera, a volte rende bene andare a fare il sensale. Io le bestie le conosco. Hai visto qualche bella mucca in giro? Se la vedi e me la segnali, c’è la percentuale anche per te”.
Questa faccenda che la gente poteva guadagnare senza far nulla, soltanto segnalando qualcosa a qualcuno, non gli tornava, ci doveva essere sicuramente un inganno. Però a far comprare del bestiame, qualche volta ci aveva guadagnato anche lui.


“No, non ho visto niente e poi non ci sto nemmeno attento. E te ci sei stato al mare?”
“Al mare c’è i pesci, che non mi piacciano né crudi né cotti e poi c’è tropp’acqua”.
“Allora i marinai?”
“Son come i pesci anche loro”.
“Quindi per te anche i marinai né crudi né cotti!”
“Poi non c’è vitelli, mucche, bovi. E io di che campo?”
“Di pane e d’aria come tutti”.
“No, io campo di bistecche e bicchieri di vino”.
“Speriamo ce ne sia per tutti”. 
“Mi basta ce ne sia per me”.
“Ho capito. Pigliamo il treno, sennò i pesci crudi o cotti che siano non li vedo nemmeno questa volta”.
“Contento te!”
“Contenti tutti!”
 
Montò sul predellino, entrò nel vagone e si allontanò senza salutare.
“Quelli che pensano solo ai quattrini sono tutti come lui. Aveva una mezza idea di rovinammi la giornata, col carattere che ha stamani un vende nemmeno una pecora, altro che bovi”. Cosi pensava indispettito, si mise a sedere sulla panca scomoda e dura. Stava seduto accanto al finestrino, mentre il treno sbuffava e accelerava, ad una certa velocità il trantran delle verghe diveniva ritmato come musica, da potervi accompagnare anche una marcia della banda dove lui sonava il trombone. Provò canticchiando l'inno di Mameli: ci stava preciso. Poi cominciò a guardare fuori il paesaggio che scorreva: gli alberi, il torrente, i campi di fieno da poco tagliati, un laghetto con dentro il capanno e le anatre finte da richiamo, un grande appezzamento con pioppi quasi pronti da tagliare, che era la cosa di resa economica maggiore per quelle zone al limite del padule.
“Rendono bene e non gli si deve fare niente, solo piantarli, da noi vengono stentati: gli manca l’acqua” si disse tra sé. Si aprì la porta del vagone ed entrò il controllore.
“Biglietto signori, prego, signori, il biglietto”.
Il Popolo solerte lo cercò con una certa trepidazione, temendo di non ricordarsi dov’era. Era nella tasca del panciotto, dove lo aveva messo la sorella. Diceva “Deve essere a portata di mano”.
“È di dieci giorni fa!”
“M’hanno detto basta per un mese”.
“E' vero! Facevo per ragionare. Va a Viareggio?”
“Si, vado al mare”.
“A fare il bagnante?”
Capì che quella parola aveva qualcosa da fare col fare il bagno.
“Spero anche di poter fare il bagno, sennò guardo il mare e me lo godo, è la prima volta che lo vedo”.
“Voi siete un contadino, non e vero?”
“E si deve vedere proprio tanto, quando vado in giro. Me lo hanno detto anche a Firenze. Che voi siete il controllore si capisce dalla divisa e il cappello, ma io? Non ho né divisa né cappello”.
“Come se aveste la divisa anche voi”.
“Sono un soldato della terra. E voi un soldato del treno, siamo pari”.
Il controllore bucò il biglietto e disse: “Ora siamo pari, buon viaggio”.
“E un furbo! Deve aver fatto il contadino anche lui. Vogliono tutti avere l’ultima parola, ma a me che me ne frega! Vo al mare, facciamoli discorrere”.
I monti in lontananza non erano più quelli conosciuti e scorrevano lisci dietro il finestrino. Arrivò la stazione di Lucca e il treno si fermò. Era una stazione più grande di quella del paese, ma più piccola rispetto a Firenze. Gente che saliva, gente che scendeva.
“Quello che succede dappertutto — pensò il Popolo — la gente fa sempre le stesse cose, la vita è fatta di momenti, tutto il resto serve a riempire”. L’aver pensato questo lo fece sentire meglio, la faccia finalmente divenne sorridente. Era andato a Firenze poco meno di dieci anni prima, ma molte cose erano cambiate in lui e lo scopriva con una certa malinconia in questo nuovo tragitto. L’entusiasmo per le novità si era affievolito, sopportava meno la gente e i loro discorsi, aveva perso molta della bonomia e dell’indulgenza che aveva verso gli altri, forse anche il mare lo avrebbe deluso.
Quello che lo furono due camicie nere che montarono sul treno, con passo spavaldo e sguardo di sfida entrarono nel vagone. “Saluto al duce” fecero.

“Bongiorno duce” disse tra i denti lui e alzò la mano. Poi continuando a parlare fra sé e sé: “In effetti stamani non l'avevo ancora salutato, speriamo non se la sia presa a male”

Si mise di nuovo al finestrino. Un signore anziano sedette di fronte a lui, aveva una bella giacca e sulla camicia portava un fiocco rosso a pallini neri, aveva pure un bastone con un manico di corno. Al Popolo piacque quella figura, cosi diversa da quelle che conosceva.
Il signore nel sedersi disse: “Bongiorno”.
“Bongiorno! Andate a Viareggio anche voi?”
“Vado dal mio figliolo in villeggiatura, coi miei nipoti”.
“Perché portate il bastone? Non siete zoppo, anzi vi spostate agevolmente».
“È un vezzo, come un modo di essere, a chi piacela chierica, a chi la spada, a chi la patria, a chi gli altri lidi. A me il bastone e a voi cosa piace?”
“Gli altri litri... — disse ridendo -· sto andando a vedere il mare, faccio il contadino e non l’ho mai visto. E voi cosa fate?”
“Quella degli altri litri mi sembra una bella invenzione. Io facevo l’insegnante di lettere all’Università di Firenze, quelli che vi ho recitati sono versi dell’Ariosto. Ed  ora sono in pensione. . . “
“L'Ariosto e il Tasso ne ho letto qualche brano, anch’io anzi ne avevo imparato un po’ a memoria per dirli alle veglie”.
“Siete dunque uno di quelli che fanno le veglie e recitano? Ho sentito anche qualche altro che fa la stessa cosa senza essere attore. Bravi, mi sarebbe piaciuto invitare qualcuno di voi all’Università, ma se andate a Viareggio, vedrete il mare in una città piena di edifici, caffè, gente che passeggia. Il mare va visto senza questi contorni. Venite dopo con me fino alla passeggiata Margherita, poi vi indico la strada per la darsena e la spiaggia libera, lì potrete vedere il mare vero”.
“Non mi par vero, voglio vedere anche le barche”.
“Vedrete anche quelle”.
 
E finalmente dal finestrino del treno lesse “Viareggio”.

 
 

 
 

 
 

    
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