Un paese che amo, il paese della mia mamma.Anche ora quando vado a RIPAFRATTA sono la figlia della "Cocca".
Un paese con una storia importante che conserva vestigia di grande rilievo.
Un paese rimasto inalterato nel tempo, non ci sono insediamenti nuovi, potrebbe essere il set di film d'epoca perché anche le case, le facciate conservano la patina del tempo.Un paese che è ancora comunità.
Paura di amare
Quel martedì pomeriggio, dopo la lezione pomeridiana, nell’aula non era rimasto nessuno. Raccolse le sue cose e, prima che arrivasse il bidello per la consegna del videoproiettore, raggiunse la finestra che si affacciava sul vasto cortile e sull’altura che la sera ingoiava il sole. Il cielo si era abbuiato senza nessun preavviso, ma un raggio di luce sembrava lottare dietro alla fila dei cipressi sulla cresta del colle. Le sembrava di specchiarsi nel suo animo. Si. Era infelice!
La sera prima aveva conosciuto, ad una cena, un paleontologo, Duccio, che l’aveva colpita nel momento in cui le aveva aggiustato, sulle spalle, il giacchetto cadente. Non volle farci caso perché ora pensava che se avesse ancora condiviso i suoi sentimenti con gli uomini poi loro si sarebbero approfittati della sua sincerità. In quel modo reprimeva sul nascere i turbamenti e metteva tutto il suo impegno perché il fuoco della passione rimanesse come un vulcano spento. Poi pensò che un vulcano sopito fosse contro natura.
Che cosa avrebbe dovuto fare? L’accudimento di Duccio l’aveva conquistata insieme al suo parlare diretto e gentile. Si stava sgretolando la prosaica corazza con cui si proteggeva? Lo stimolo di lasciarsi andare a quella follia era enorme, ma il solo pensiero di amare concretamente un uomo la faceva rabbrividire. Non riusciva ad eseguire il ruolo della donna innamorata. Da tempo, ormai, era chiusa in quel suo mondo dove l’unico amico era il desiderio insoddisfatto e dove l’amore era soltanto un’ombra. Un mondo creato dalla sua paura di non essere riamata e dell’abbandono che ancora bruciava e chiedeva spiegazioni.
Aveva avuto l’orgoglio di dire basta e scomparire, ma ancora il pensiero di Filippo le creava un conflitto interno.
Ora c’era Duccio, che le dava un forte turbamento, si disse che doveva ascoltare il suo cuore, ma in quel momento le sembrava un messaggio molto complicato da decifrare e poi Duccio avrebbe saputo soddisfare il suo bisogno di essere abbracciata, consolata, accarezzata, sostenuta, rispettata ed essere baciata in modo vero? O sarebbe finita di nuovo nel niente rincorrendo chi non le avrebbe mai dato quello che desiderava con tutta se stessa?
Si. Era infelice!
Per lei la felicità era arrivare al traguardo dei sogni. Ma aveva notato che ogni volta che raggiungeva un obiettivo e si trovava al culmine della felicità, durava poco, spesso anche solo qualche ora. Non accettava che fosse un qualcosa destinato a finire e piuttosto di godere l’euforia di quell’istante o di un tempo definito, era pronta a rinunciare.
Ormai dalle finestra vedeva solo il buio. Rifletteva. Arrivò alla conclusione che la felicità dura un attimo e dunque per avere un tempo felice bastava totalizzare una serie più lunga possibile di attimi.
Si allontanò dalla finestra, salutò il bidello e uscì.
Aveva deciso di accettare l’invito di Duccio.