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È possibile dipingere il silenzio?Questa è la domanda che si poneva la nuova mostra di Gavia al Real Collegio di Lucca, cercando una risposta nelle immagini dipinte. 
E la mostra ha rappresentato quello che l'artista stessa ama, uno spazio di incontro e di condivisione di un senso comune all’interno di una situazione pittorica, materiale e artistica ma anche in particolare il luogo dove possa emergere una realtà di emozioni che attingano dentro ogni nostra sensibilità intima e “silenziosa”. 

. . . niente, mi sa che bisogna riformare l' ISTAT. .....
. . . ci sono più i premi di una volta.
Quest'anno .....
. . . . operò bene con il miglior tecnico di tutti .....
Con la nuova alluvione in Emilia è sparito anche il .....
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Incontrati per caso...
di Valdo Mori
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di Valdo Mori
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di Emanuele Cerullo
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Quest'aria frescolina allieta,
desta
gìà da quando si traffica in cucina
con la moka, primiero pensiero
dopo la sveglia mattutina
Con queste .....
Nel paese di Pontasserchio la circolazione è definita "centro abitato", quindi ci sono i 50km/ h max

Da dopo la Conad ci sono ancora i 50km/ h fino .....
Libri
Le emozioni letterarie di Lily.

9/12/2018 - 17:50


 
Tutti noi nella vita possiamo essere molte persone, non sempre con un filo conduttore emozionale e fisico univoco coerente. C‘è una mia vecchia foto, appoggiata alla macchina di Cristina, fatta da qualcuno che si trovava più in alto, forse sopra un muretto. Le mani nelle tasche del giubbotto, i capelli cortissimi, gli occhi a fessura e una piccola e vezzosa smorfia sul viso. Gerda. Gli stessi anni, la stessa coquetterie, una goccia di Mitsouko per lei Rive gauche per me. Lo stesso senso del mondo. Paragone che fa tremare i polsi, vista la diversa statura intellettuale e storica ma la prima volta che ho visto la sua foto sul libro ho pensato subito che io le potevo assomigliare in un tempo lontano. Un po’ meno mince ma neanche tanto.
 
 Il libro è “La ragazza con la leika“. Si parla di un mito, Gerda Taro o più semplicemente Gerda Pohorylle. La scrittrice stranamente per me non ha nessuna importanza, passa in secondo piano, si annulla parlando di Gerda. Lei si prende la scena, eclissando chi parla di lei, come se la sua mano fosse guidata da un’affascinante e sbarazzina ragazza di Lipsia, dalla seduzione innata coniugata ad un‘intelligenza brillante e scandalosa. Non c’ è nel libro una sola immagine, parola o situazione evocata che non riconduca a Gerda, come forse è stata, come sarà per sempre, in un angolo dimenticato del Père Lachaise.
 
Endrè Bandi Friedmann o Robert Capa, come lo battezzò lei, esiste perché è esistita Gerda. Potente e indipendente la sua presenza. L‘autrice del libro ha documentato una vicenda personale, una storia d‘amore, inserita in un contesto storico come l‘inizio del terzo reich, l‘esilio di un gruppo di giovani ebrei comunisti a Parigi, dopo la loro lotta di opposizione al nazismo a Lipsia nel ‘33, la guerra civile spagnola. Gli amori, l’impegno politico e civile. La fotografia come forma di lotta. Gerda fotografa in Spagna la guerra, i suoi morti, la sua cruda realtà, la parte giusta. Con Endrè e senza di lui. Se non fosse stata sventrata da un carrarmato per un fatale incidente sarebbe oggi più importante di Capa.
 Perché lei era unica, magnifica.
Era Gerda Taro.
 
(prendendo in prestito da Giulio la sua prima parola da piccolo innamorato…luminosa)

 
 

 
 

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