Un paese che amo, il paese della mia mamma.Anche ora quando vado a RIPAFRATTA sono la figlia della "Cocca".
Un paese con una storia importante che conserva vestigia di grande rilievo.
Un paese rimasto inalterato nel tempo, non ci sono insediamenti nuovi, potrebbe essere il set di film d'epoca perché anche le case, le facciate conservano la patina del tempo.Un paese che è ancora comunità.
Andiamoci in macchina disse l‘Albertini a Vasco Do Santos …. D’altronde Barabba non sarebbe mai salito su un aereo.
Perché anche il viaggiatore (per esserlo non occorre inseguire mete lontane, è lo sguardo che fa la differenza) lo dice sempre che viaggiare in Europa vuol dire “strisciare“. E allora in macchina, passando fortunosamente su quello che fu ponte Morandi, tutta la Provenza negli occhi fino a Biarritz, in un giorno piovoso di marzo. La guardi dall‘alto delle sue falesie, avvolta in un pulviscolo oceanico e improvvisamente ti assale lo struggimento per un tempo passato elegante e letterario, saudade in anticipo. I Pirenei di corsa ed arrivi a Coimbra. La fortuna di trovare aperta a tarda sera la biblioteca joanina nella sua magnificenza di stucchi. Passare per i capricci gotici di Batalha e Alcobaca e terminare la giornata, intontiti da tanta bellezza, tra i vicoli e le case colorate di Obidos. Poi finalmente Lisa, Lisboa … Che è la città di “Pranzi di famiglia“ il libro di Romana Petri. La stessa autrice di “Ovunque io sia“ di cui “Pranzi di famiglia“ può in maniera particolare considerarsi il seguito. O meglio i cambiamenti, le rettifiche di prospettive di vita, i ricordi intrecciati al presente. Le evoluzioni o gli stagnamenti di rapporti di famiglia incasinati, feroci, stanchi, appassionati in brevi momenti. Un filo conduttore emotivo che passa da Maria do Ceu a Vasco (E tu che uomo sarai disse Ceuzinha a suo figlio Vasco). In mezzo tutti i morti, i vivi ed i risorti …
E sopra tutto l‘amore e la fascinazione per una città veramente speciale, in cui il lato umano e relazionale prevale su quello economico e competitivo. In questo libro la vocazione “paesana“ di Lisbona è sottolineata anche dagli ingredienti e dai cibi della sua cucina, morcela, chourico, formaggio di Alzeltao, burro all’aglio, caldeirada …
Tutti gli elementi dei pranzi di una famiglia imperfetta, così come lo sono tutte. Con legami che oltrepassano la morte. L’asma di Vasco, accettata come un sacrificio dovuto a quella madre perduta. Tanto comunque lui lo sa, che così come l‘acqua che l’ama tanto e lo purifica, l‘Albertini con il suo stupefacente amore gli riporterà il respiro intero. Perché quando liberamente si ama il corpo diventa accessorio dell‘anima. È di contorno.
(Al Bairro Alto, davanti a Palacio Santa Caterina, c’è un affascinante ristorante “sociale“ dove si mangia gomito a gomito cibo “popolare“ e dove si paga a fine mese, vincendo in qualche modo la solitudine umana. Più in là ce n’è un altro, con le piastrelle bianche e nere e l‘arredamento anni “60, dove il bacalhau con i ceci si mescola al sorriso della padrona che chiama “mi amor“ mia figlia. Alla Pastelaria da Nita le pasteis sono fredde ma c’è sempre un cicaleccio rassicurante).
Non potrai mai essere solo a Lisbona.
Anche la saudade si condivide