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Una vicenda tutta personale viene descritta in questo nuovo articolo di Franco Gabbani, una storia che ci offre un preciso quadro sulla leva per l'esercito di Napoleone, in grado di "vincere al solo apparire", ma che descrive anche le situazioni sociali del tempo e le scorciatoie per evitare ai rampolli di famiglie facoltose il grandissimo rischio di partire per la guerra, una delle tante. 

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Mauro Pallini-Scuola Etica Leonardo: la cultura della sostenibilità
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Incontrati per caso
di Valdo Mori
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APOCALISSE NOKIA di Antonio Campo
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A cura di Erminio Fonzo
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Domenica 7 Luglio mercatino di Antiqua a San Giuliano T
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Ripafratta, 12 luglio
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Bagno degli Americani di Tirrenia
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Molina di Quosa, 8 luglio
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Casciana Terme Lari-Pontedera, 12 luglio-3 agosto
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Alzarmi prestissimo al mattino
è un'adorabile scoperta senile
esco subito in giardino
e abbevero i fiori
Mi godo la piacevole
sensazione
del frescolino .....
Nel paese di Pontasserchio la circolazione è definita "centro abitato", quindi ci sono i 50km/ h max

Da dopo la Conad ci sono ancora i 50km/ h fino .....
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Scritto da Leonardo Debbia

4/9/2019 - 13:38

Chesapeake Bay: il più grande cratere da impatto meteoritico degli Stati Uniti

Scienza: scoperta provenienza di molte delle meteoriti marziane
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Circa 35 milioni di anni fa, nel Tardo Eocene, un asteroide colpì l’oceano al largo della costa orientale del Nord America, tra gli attuali Stati del Maryland e della Virginia.

Il suo impatto formò un ampio cratere di più di 85 chilometri di diametro che avrebbe poi dato origine all’attuale baia di Chesapeake e alla valle del fiume Susquehanna, tra gli stati della Virginia e del Maryland.

A seguito della violenta collisione, l’area circostante venne profondamente alterata nella geologia e nella idrologia, dal momento che subì incendi, terremoti e spostamenti tettonici, mentre piogge di gocce di vetro fuso venivano scagliate nell’atmosfera per poi ricadere sulla Terra e spargersi su un’area vastissima, tra esplosioni e devastanti tsunami.



La cicatrice del grande cratere fu scoperta nei primi anni ’90 mediante trivellazioni scientifiche ed oggi questo è considerato il più grande cratere da impatto meteoritico che si conosca in territorio nord-americano e il 15°, riguardo la grandezza, sulla Terra.

Il materiale generato dal gigantesco urto e scagliato nell’atmosfera conteneva un alto tasso di tectiti, un vetro naturale che si forma proprio nello scontro tra meteoriti, assieme a cristalli di zircone che, nello scontro, subirono notevole metamorfismo a livello mineralogico.

L’ampio strato generato dalla ricaduta di questo materiale è conosciuto dagli scienziati come ‘campo disseminato di tectite nordamericana‘ e copre un’area di circa 4 milioni di miglia quadrate, l’equivalente di una decina di volte lo Stato del Texas.

Il materiale non ricadde soltanto sulla terraferma, ma anche in mare, raffreddandosi all’istante, a contatto con l’acqua, per poi sprofondare e depositarsi sul fondo dell’oceano.


Un team di ricercatori, tra cui Marc Biren, scienziato della School of Earth and Space Exploration presso l’Arizona State University, autore principale del più recente studio, insieme ai colleghi e co-autori Jo-Ann Wartho, Matthijs Van Soest e Kip Hodges, ha prelevato campioni di questo strato da una nuova perforazione del sito, effettuata nell’ambito dell’ Ocean Drilling Project 1073, datandoli per la prima volta con la tecnica dell’uranio-torio-elio.

I risultati di questo studio sono stati pubblicati sulla rivista Meteoritics & Planetary Science.

“Determinare accuratamente gli eventi catastrofici dovuti ad impatti tra corpi celesti è significativo per comprendere la storia della Terra”, sostiene Biren. E difatti, la comunità scientifica ha riconosciuto, in proposito, l’essenziale importanza di questi eventi, specie con l’accettazione come time-line ufficiale del grande evento di estinzione dei dinosauri di 65 milioni di anni fa correlato con il grande cratere da impatto di Chicxulub, sotto la penisola dello Yucatan, nel Golfo del Messico”.

Il gruppo di studiosi ha analizzato in particolare i cristalli di zircone perchè questi conservano prove del metamorfismo da urto connesse alle grandi temperature e alle forti pressioni associate all’evento. I cristalli datati sono tutti di minuscole dimensioni, dello spessore di un capello umano.

“La chiave dell’indagine è stata proprio lo zircone, i cui cristalli sono stati rinvenuti nei sedimenti oceanici durante la trivellazione del pozzo a 400 chilometri circa a nord-est del punto di impatto, nell’Oceano Atlantico”, conferma la co-autrice, dottoressa Wartho.

“Per le analisi, è stato usato il metodo di datazione uranio-torio-elio, che è ritenuto il più adatto in casi del genere, specialmente quando i cristalli hanno dimensioni così ridotte”, afferma Biren.

Questo metodo di datazione delle rocce, usando il decadimento dell’uranio e del torio si basa sulla disintegrazione delle quantità dei due elementi presenti nelle rocce, a partire dalla loro formazione, che mantengono comunque particelle alfa, intrappolate sotto forma di atomi di elio, all’interno delle rocce stesse.

Determinando accuratamente le quantità relative di elio, uranio e torio contenute in una roccia, è possibile calcolare da quanto tempo è in atto il processo di decadimento e quindi l’età della roccia.

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