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Evento davvero memorabile a san Giuliano Terme il 25 luglio a partire dalle ore 18, all'interno del Fuori Festival di Montepisano Art Festival 2024, manifestazione che coinvolge i Comuni del Lungomonte pisano, da Buti a Vecchiano."L'idea è nata a partire dalla pubblicazione da parte di MdS Editore di uno straordinario volume su Puccini - spiega Sandro Petri, presidente dell'Associazione La Voce del Serchio - scritto  da un importante interprete delle sue opere, Delfo Menicucci, tenore famoso in tutto il mondo, studioso di tecnica vocale e tante altre cose. 

Che c'entra l'elenco del telefono che hai fatto, con .....
Le mutande al mondo non le metti ne tu e neppure Di .....
Da due anni a questa parte si legge che Putin, ovvio, .....
È la cultura garantista di questo paese. Basta vedere .....
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di Matteo Renzi, senatore e presidente di IV
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Da un'intervista a Maria Elena Boschi
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Di Mario Lavia
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di Roberto Sbragia - Consigliere provinciale di Pisa Forza Italia
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Copmune di Vecchiano - comunicato delle opposizioni
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Incontrati per caso...
di Valdo Mori
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Mauro Pallini-Scuola Etica Leonardo: la cultura della sostenibilità
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Incontrati per caso
di Valdo Mori
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APOCALISSE NOKIA di Antonio Campo
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Di Fabiano Corsini
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Una "Pastasciutta antifascista"
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Pontasserchio, 18 luglio
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Pisa, 19 luglio
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di Alessio Niccolai-Musicista-compositore, autore
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Il mare
con le sue fluttuazioni e il suo andirivieni
è una parvenza della vita
Un'arte fatta di arrivi di partenze
di ritorni di assenze
di presenze
Uno .....
Nel paese di Pontasserchio la circolazione è definita "centro abitato", quindi ci sono i 50km/ h max

Da dopo la Conad ci sono ancora i 50km/ h fino .....
di Renzo Moschini
VECCHIO E NUOVO NELLE POLITICHE AMBIENTALI

6/12/2019 - 8:50

VECCHIO E NUOVO NELLE POLITICHE AMBIENTALI
 
Il punto a cui si è giunti sul piano internazionale  con l’ONU che con decine di stati si chiede  se riusciremo a salvare il futuro del pianeta, credo ponga qualcosa che va molto al di là del ruolo delle politiche ambientali.
Come sappiamo e ricordiamo le politiche ambientali all’indomani dell’ultima guerra mondiale presero avvio anche nel nostro paese dovendo fare i conti con i problemi della ricostruzione all’insegna della democrazia.
La Costituzione per la prima volta pose le basi di questa svolta assegnandone il ruolo e la responsabilità alle istituzioni, ai partiti e alla cultura e quindi ai cittadini.
Come tutto questo si sia concretamente realizzato, in che misura e con quali risultati è sotto  i nostri occhi nel bene e nel male.
Quello a cui oggi dobbiamo rispondere è se quel futuro che dobbiamo salvare  è possibile solo proseguendo nel percorso avviato senza urgenti innovazioni politiche, istituzionali e culturali.
Per questo forse non è male partire da alcuni di quei nodi critici cruciali con i quali abbiamo dovuto via via fare i conti.
Il primo fu sicuramente da quali  aspetti dovevamo partire che richiedeva al contempo stabilire  chi avrebbe dovuto farlo.
A chiarire il senso di questa affermazione penso possa contribuire una vicenda che coinvolse anche le regioni istituite con gravissimo ritardo cioè quando parte importante dei problemi della ‘ricostruzione’ e ripartenza economica e sociale erano stati risolti o avviati a soluzione.
Mi riferisco all’impegno della Commissione bicamerale per le questioni regionali che iniziò negli anni settanta a discutere di una legge sui parchi. Io entrai a farne parte in rappresentanza del PCI nel 1976 fino al 1987, di cui fui anche relatore della indagine nazionale sulle regioni speciali.
La discussione a lungo si incagliò sulle materie e i compiti di cui avrebbero dovuto occuparsi questi nuovi enti. E’ vero che vi erano già alcuni parchi nazionali ma risalivano ad una fase storica
cioè quella fascista e non potevano perciò costituire un valido punto di riferimento politico-istituzionale, anche se di quelle esperienze avremmo dovuto ovviamente tener conto.
Il dibattito per molte sedute riguardò sul piano governativo nazionale a chi si sarebbe dovuto assegnarne la gestione.
Non si dimentichi che allora non esisteva il ministero dell’ambiente ma solo quello della agricoltura con un personale impegnato sul territorio dove avrebbero dovuto operare i nuovi parchi come già avveniva con quelli storici. Ne conseguiva naturalmente, come fu ribadito a lungo, che la gestione  di quel personale  era e sarebbe rimasta esclusivamente e unicamente ministeriale.
Questione come ben sappiamo rimasta ambigua anche dopo l’entrata in vigore della legge 394 perché i parchi devono ancora fare i conti oltre che con il ministero dell’ambiente anche con quello dell’agricoltura che vuol decidere tutto a Roma.
Mi scuso per questo ‘ritorno’ al passato ma come vedremo è ‘attuale’.
Infatti dopo tante traversie politiche, legislative e culturali con la nuova legge iniziò concretamente la istituzione dei parchi nazionali mentre le regioni, specialmente alcune, avevano già istituito vari e importanti parchi regionali.
Non fu, in particolare per quelli nazionali, una partenza adeguata agli obiettivi della legge perché in molti casi sembrarono pesare più  alcune note esperienze europee dove le definizione e perimetrazione dei territori ignorava la presenza e soprattutto il ruolo delle comunità che li vivevano e lavoravano su quei territori agricoli e montani.
L’accoglienza più che consenso suscitò diffuse proteste da cui si uscì grazie al libro Uomini e parchi di Valerio Giacomini e Valerio Romani. Fu quella una svolta che connotò l’esperienza  italiana con l’assegnazione di un ruolo fondamentale alle comunità locali considerate ancora spesso una incomoda e disturbante presenza. Tanto è vero vi furono anche ambientalisti famosi impegnati nel governo di regioni che polemicamente ribattezzarono il libro Uomini O parchi.
Ma anche dove le cose cambiarono in meglio imprimendo al quadro nazionale una connotazione finalmente più coerente con la legge 394 restò ed è ancora una seria difficoltà raccordare, integrare, connettere la gestione dei territori protetti dagli altri a partire proprio dai confini e le aree cosiddette contigue.
E qui sta il punto.
Da un po’ di tempo è ricorrente nel dibattito ambientale il richiamo di una esigenza nuova e cioè che le vicende e la crisi delle politiche ambientali anche di quelle  più innovative come appunto quella delle aree protette, paesaggio, inquinamento etc ect, potranno avere un futuro e il ruolo loro assegnato anche con legge se riusciranno a diventare componente delle politiche nazionali, economiche, sociali, istituzionali e non resteranno confinate in un fortino che le isolerà e le taglierà fuori da quella partita che si sta giocando sul piano planetario.
Inutile dire che questo implica un impegno nazionale che oggi non c’è a partire dal parlamento e dal governo.
Un impegno che avrebbe potuto essere concretamente avviato dalla terza conferenza nazionale richiesta e snobbata.
Si può comunque e si deve perciò ricominciare a discuterne come faremo noi con il nuovo libro su ambiente e parchi che presenteremo a Pisa all’inizio del nuovo anno.

 
 

Fonte: Renzo Moschini
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