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Dimissioni Di Maio, meglio chiamarle dimissioni del movimento cinque stelle
Un capo politico che si dimette a cinque giorni da una scadenza elettorale così importante é un fatto di inusitata gravità.
Proviamo a ripercorrere i passaggi che hanno determinato politicamente questa decisione.
Si sa che Di Maio ha voluto sempre cavalcare la doppiezza nei cinque stelle. Da un lato abbarbicati al governo dall’altro a pretendere una libertà di movimento che ne garantisse un ruolo centrale ed altalenante nello scacchiere politico.
Questo schema é stato messo largamente in discussione dall’azione di Conte che ha chiuso qualsiasi ipotesi di cambio delle alleanze dopo la formazione del governo Pd cinque stelle.
Assumendo il ruolo di antiSalvini, in uno schema di contrapposizione tra destra e sinistra.
Ed ora l’ipotesi che vagheggia un ritorno ad un nuovo sodalizio con Salvini é nella disponibilità di Paragone e Di Battista e non più di Di Maio.
Era riuscito Di Maio a cercare di rilanciare un movimento cinque stelle parzialmente sganciato dall’alleanza strategica di governo per queste regionali.
Dopo la sconfitta in Umbria, cui volle come testimone Conte nella famosa foto di Narni, ha puntato tutto nel rilancio elettorale dei cinque stelle in piena autonomia presentandosi in solitaria, dopo aver preteso la consultazione Rousseau, sia in Emilia Romagna che in Calabria. A dispetto di Conte e di Grillo.
Ora che i sondaggi sono assai negativi rispetto a questa scelta, Di Maio se ne esce per non sobbarcarsi il peso di una sconfitta epocale nelle regioni citate.
Un segnale inequivocabile che insieme anticipa ed accelera la sconfitta del movimento nella prossima scadenza del 26.
E che si accompagna alla fuga quotidiana di parlamentari, di cui una parte, per motivi non nobili.
Insomma tutta l’impalcatura su cui ha costruito il suo successo il movimento cinque stelle é caduta giù. Pensate a quanto combinato per Bibbiano da Di Maio e che ha messo in sordina dopo l’accesso al governo.
Queste dimissioni, rassegnate certo in um momento non dignitoso per un capo politico con un combattimento immediato alle porte, non segnano solo una sconfitta personale del personaggio Di Maio.
Ma é il movimento cinque stelle “tutto” che é franato, schiavo delle sue contraddizioni.
Anzi Di Maio ha cercato di governarlo al meglio senza un programma degno di questo nome fatto solo di no e di sbandieramento di onestà che hanno originato un gruppo dirigente in larga parte scadente ed incompetente.
E la domanda che occorrebbe farsi ora é: quanto valgono da un lato Conte e Fico e Di Battista e Paragone dall’altro?
E quanto si trascinerà questa legislatura in cui gli attuali eletti non vogliono farsi schiacciare da tutto questo e godersi i tre anni di mandato che restano loro?
Certo per Zingaretti che aveva puntato tutto sull’alleanza “ strategica”coi cinque stelle é un brutto colpo.
Visto che poi lo schieramento che si sta formando al centro minaccia di avere a breve più consensi dei pentastellati.
E a queste condizioni l’idea di poter battere Salvini da parte di uno schieramento così debole é una chimera.