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Ambiente e salute, Campi elettromagnetici
Promuovere la ricerca scientifica sui rischi da esposizione a campi elettromagnetici.
28/01/2020
L’Organizzazione mondiale della sanità dal 2000 ha intensificato gli studi sui risultati delle ricerche sui danni da parte delle radiofrequenze.
La presenza di campi elettromagnetici a radiofrequenze (RF) nella nostra vita quotidiana ha destato sospetti e timori di cancerogenicità nella popolazione soprattutto dall’avvento dei telefoni cellulari, ma gli studi scientifici in merito erano partiti già prima.
L’Organizzazione mondiale della sanità dal 2000 ha intensificato gli studi sui risultati delle ricerche sui danni da parte delle RF, analizzando il rischio di tumori della regione testa-collo, ipoteticamente più suscettibile per vicinanza fisica con il telefono.
A livello nazionale l’ultimo rapporto 2019 dell’Istituto Superiore di Sanità (Rapporti ISTISAN 19/11: Radiazioni a radiofrequenza e tumori: sintesi delle evidenze scientifiche – 08/2019)(Vedi pdf allegato) non modifica secondo l'Istituto il grado di rischio, per cui all’uso comune del cellulare non sembra sia associato l’incremento del rischio di alcun tipo di tumore cerebrale, ma mantiene il dubbio su possibili effetti sulla salute e chiede di intensificare gli studi.
A tale proposito si ricorda che lo IARC (l'Agenzia Internazionale per la ricerca sul cancro) ha abolito il Gruppo 4 (agente probabilmente non cancerogeno) nella tabella della valutazione dei rischio di tutti gli agenti inquinanti e i campi elettromagnetici sono stati classificati nel gruppo 2B (agenti possibilmente cancerogeni).
I tumori presi in esame nello studio dell'ISS sono il glioma, il neurinoma del nervo acustico, i tumori delle ghiandole salivari e i tumori dell’ipofisi. In circa 20 anni di ricerche mondiali, 4 studi epidemiologici hanno evidenziato un incremento dei casi di glioma e neurinoma acustico in relazione all’uso dei cellulari. Tuttavia, gli altri studi condotti non hanno evidenziato un rapporto di causalità tra queste malattie ed esposizione a RF e l’analisi delle serie storiche mostra un mantenimento delle percentuali di incidenza tumorale pressoché identiche a quelle precedenti all’epoca dei “telefonini”.
Quest’ultimo concetto vale anche per gli esperimenti in vivo sui topi e in vitro sul DNA. Problematiche di brevi periodi di osservazione, vista la questione troppo recente in ordine di tempo, continui progressi nella tecnologia dei telefoni cellulari (più RF nei primi modelli che negli smartphone attuali) e difficoltà a sovrapporre i risultati sul DNA di topo a quello dell’uomo, hanno reso questi studi difficili da confrontare e da riprodurre e complessi da interpretare.
In base a tutte queste informazioni, l’ISS conclude nel suo report che “Dal punto di vista delle implicazioni normative, a parere dell'OMS e di numerosi panel internazionali di esperti, le evidenze scientifiche correnti, sebbene non consentano di escludere completamente la possibilità di effetti a lungo termine dell’esposizione prolungata a bassi livelli di campi a radiofrequenza, non giustificano modifiche sostanziali all’impostazione corrente degli standard internazionali di prevenzione dei rischi per la salute.”
L'Italia si è dotata di una legge quadro e di decreti applicativi che limitano l'esposizione a livelli molto più bassi di quelli vigenti in altri paesi europei. Questo ha garantito livelli di esposizione della popolazione assai contenuti. L'azione di prevenzione basata sulla valutazione preventiva da parte delle agenzie per l'ambiente di ogni nuovo impianto da installare ha consentito uno sviluppo ordinato, pur nelle difficoltà di garantire con risorse calanti una continua vigilanza sul rispetto dei limiti.
A cura di Alessia Marcocci, con il contributo di Gaetano Licitra