Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative.
L’INTERVISTA
Prescrizione, Renzi: «Non voteremo questo pasticcio. Se lo vogliono fare, ci caccino»
Il leader di Italia Viva: «Non siamo isolati, siamo garantisti. Con noi ci sono i penalisti, i magistrati e secoli di civiltà giuridica italiana
di Maria Teresa Meli
Siete isolati?
«Non siamo isolati, siamo garantisti. E anche se il premier sembra non capire la differenza tra giustizialismo e garantismo, per noi si tratta di un valore importante. Da un lato c’è Bonafede e purtroppo insieme con lui c’è quello che resta del riformismo del Pd. Dall’altro ci sono i penalisti, i magistrati, i garantisti insieme a secoli di civiltà giuridica italiana».
Ma perché forzare sulla prescrizione, in questa fase?
«Forzare sulla prescrizione è oggettivamente assurdo in un momento nel quale abbiamo il coronavirus, l’incidente del Frecciarossa, il Pil negativo. E tuttavia la forzatura viene dai giustizialisti, non da noi. Noi non stiamo forzando: abbiamo solo chiesto di prenderci tempo con il lodo Annibali. Un anno per riflettere sulle soluzioni migliori e gli altri invece insistono sulla bandierina Bonafede. Capisco i Cinque Stelle che sono in una crisi spaventosa. Mi sfugge invece il motivo per cui il Pd debba ammainare la bandiera garantista dopo aver vinto in Emilia-Romagna grazie a un presidente riformista: ci saranno ragioni che io non conosco, ma è politicamente e logicamente inspiegabile».
Ieri si è sparsa la voce che i vostri ministri si dimetteranno e passerete all’appoggio esterno. Dal Pd dicono che poi avete cambiato idea.
«Teresa Bellanova è bravissima alla guida dell’agricoltura italiana. Elena Bonetti è il primo ministro che ha messo soldi veri sulla famiglia. E il sottosegretario Ivan Scalfarotto è il punto di riferimento alla Farnesina per chi conosce le regole dell’export. I nostri tre al governo fanno un grande lavoro. Per noi devono andare avanti. Se invece il Pd ha voglia di occupare anche questi altri tre scranni glieli lasciamo domattina. Per noi i principi valgono più delle poltrone. Noi non vogliamo far dimettere nessuno, vogliamo lavorare. Ma se per fare il ministro dobbiamo rimangiare secoli di civiltà giuridica si sappia che non abbiamo problemi a fare un passo indietro. Decida Conte: se vuole cacciarci, basta dirlo. Se vuole tenerci, lavoriamo. Nell’uno e nell’altro caso noi non votiamo il pasticcio prescrizione: le idee vengono prima delle poltrone».
Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte dice «Non chiedetemi se sono giustizialista o garantista».«A me possono chiederlo. Perché essere giustizialista significa violare la carta costituzionale, è una patologia, una forma di populismo tra le più barbare. Essere garantista invece significa essere una persona civile. Il fatto che il premier, già avvocato, già professore di diritto non colga la differenza getta nello sconforto tutti gli esperti di diritto di questo Paese. Detto questo vorrei chiedere a Conte di occuparsi di cantieri, di tasse, di immigrazione. Se Conte mette sullo stesso piano l’essere giustizialista o garantista significa che la dottrina giuridica non è il suo punto forte, a dispetto del celebre curriculum. Si occupi di altro e gli daremo volentieri una mano».
Senatore Renzi, ma è vero che lei vuole sostituire Giuseppe Conte con Dario Franceschini?
«Gossip che vale meno di zero. Peraltro in questa vicenda Franceschini è stato ancora più duro di Conte, nel merito. Forse Dario non aveva letto i testi, stavolta. In ogni caso: a me non interessa cambiare il nome del premier. Mi interessa cambiare il modo di lavorare del premier. C’è la Brexit, la Turchia in Libia, la crisi in Cina. E questi fanno pasticci sulla prescrizione? L’Italia ha bisogno di correre, non di polemiche».
Secondo Nicola Zingaretti le polemiche le fa Italia Viva. Dice che dovevate porre il tema ad agosto.
«Lo abbiamo detto quando ancora eravamo nel Pd. Allora addirittura abbiamo detto che la legge Bonafede era incostituzionale e abbiamo posto in aula persino la pregiudiziale di costituzionalità. Poi ai tavoli di maggioranza come Italia viva abbiamo sempre sottolineato il problema della Bonafede. Ma Zingaretti non parli di noi: pensi a sé. Come può il Pd difendere la legge di Bonafede-Salvini e non quella di Orlando-Gentiloni? Un tempo il Pd era garantista, adesso segue la linea di Travaglio e di Davigo. Legittimo, ma è tutta un’altra cosa».
Ma quindi che farete in Consiglio dei ministri se il compromesso dem-5S diventerà un decreto?
«Evidentemente hanno fatto due conti e sono sicuri di avere i numeri. Come ha detto il presidente degli Avvocati penalisti Caiazza questo testo provoca comunque “danni devastanti”. Noi non lo voteremo».
E se dovesse arrivare nell’aula del Senato dove i vostri voti sono determinanti? È vero che uscirete dall’aula?
«Cercheremo di modificarlo con gli emendamenti. Nel caso in cui non riuscissimo voteremmo contro».
Ma non darete il via libera nemmeno alla riforma del processo penale?
«Aspettiamo di vedere il testo finale e decideremo».
Crede ancora possibile arrivare al 2023?
«Sì. Penso che sia la soluzione più giusta. Ci sono cantieri da sbloccare, tasse da abbassare, diritti da affermare. E noi ci siamo. Ma non possono pensare che noi veniamo meno ai principi chiave del diritto solo per evitare le elezioni o il cambio di governo. Si arriva al 2023 se ci si rispetta. Io non posso far parte di una cultura manettara. E lo dice uno che ha alzato i termini della prescrizione, che ha lottato per cambiare le leggi di Forza Italia su questi argomenti. Ma no, non sarò mai dalla parte di chi si professa giustizialista. Al 2023 ci arriviamo se smettiamo di inseguire il populismo. Il populismo economico è quello del reddito di cittadinanza, il populismo giuridico si chiama giustizialismo».
I boatos dicono che Conte potrebbe sostituirvi con un gruppo di responsabili provenienti dal centrodestra.
«Benissimo! Se questo è l’obiettivo del premier, non solo non ci arrabbiamo ma gli diamo pure una mano. Noi non stiamo al Governo a tutti i costi. Ci stiamo per mantenere alta la bandiera del riformismo e per aiutare l’Italia. Se Conte vuole sostituirci con una pattuglia di deputati e senatori di Forza Italia, noi ci facciamo da parte con eleganza e stile. Possiamo rinunciare alle poltrone ma non possiamo rinunciare ai valori. Noi siamo e saremo garantisti: non diventeremo giustizialisti per una poltroncina. Non noi, almeno».