none_o


Una vicenda tutta personale viene descritta in questo nuovo articolo di Franco Gabbani, una storia che ci offre un preciso quadro sulla leva per l'esercito di Napoleone, in grado di "vincere al solo apparire", ma che descrive anche le situazioni sociali del tempo e le scorciatoie per evitare ai rampolli di famiglie facoltose il grandissimo rischio di partire per la guerra, una delle tante. 

. . . uno sul web, ora, che vaneggia che la sua .....
. . . . . . . . . . . a tutto il popolo della "Voce". .....
. . . mia nonna aveva le ruote era un carretto. La .....
. . . la merda dello stallatico più la giri più puzza. .....
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
Domenica 7 Luglio mercatino di Antiqua a San Giuliano T
none_a
Ripafratta, 12 luglio
none_a
Bagno degli Americani di Tirrenia
none_a
Molina di Quosa, 8 luglio
none_a
Casciana Terme Lari-Pontedera, 12 luglio-3 agosto
none_a
Alzarmi prestissimo al mattino
è un'adorabile scoperta senile
esco subito in giardino
e abbevero i fiori
Mi godo la piacevole
sensazione
del frescolino .....
Nel paese di Pontasserchio la circolazione è definita "centro abitato", quindi ci sono i 50km/ h max

Da dopo la Conad ci sono ancora i 50km/ h fino .....
Intervista di Giulia Baglini
Economia, Volpi (Università di Pisa): In Italia serve una manovra da 100 miliardi di euro

1/4/2020 - 21:26

Economia, Volpi (Università di Pisa): "In Italia serve una manovra da 100 miliardi di euro"


Con Alessandro Volpi abbiamo parlato anche di Unione Europea e della nuova economia globale post Covid-19

 
Gli effetti della pandemia di Covid-19 sull’economia mondiale sono diventati oggetto di analisi da parte di molti ricercatori e docenti, che con le loro indicazioni possono fornire strumenti di azione alle istituzioni, coinvolte nella gestione di una crisi epocale, ben più profonda della crisi finanziaria verificatasi tra il 2007 ed il 2013. Su questa delicata materia abbiamo ascoltato la voce di Alessandro Volpi, docente di Storia contemporanea e di Geografia politica ed economica della Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Pisa. Un tema ricorrente nelle sue pubblicazioni è la globalizzazione: dal volume “Le società globali: risorse e nuovi mercati” (2003) al volume “La fine della globalizzazione? Regionalismi, conflitti, popolazione e consumi” (2005) , fino ad arrivare a “Mappamondo postglobale. La rivincita della Stato, nuovo protagonista dell’economia globale” (2007) e a “Una crisi tante crisi. Il crollo della finanza e la malattia del mercato (2009). 
 
Professor Volpi, l’emergenza sanitaria che ha travolto l’Italia ha prodotto anche una serie di conseguenze a livello economico, che hanno portato il Governo italiano a produrre decreti legge straordinari per favorire la tenuta del Paese. Viste le attuali divisioni tra i 27 governi dell’UE sulle ricette economiche da adottare,  quali pensa che dovrebbero essere le prossime mosse dell’Esecutivo?
 
La mia premessa è che impossibile fare a meno dell’Europa e che l’unica soluzione percorribile è in chiave europea. Si tratta di una crisi profonda, pesante, difficile ed anomala, sia per come si è manifestata che per gli effetti che sta producendo, che sono quelli di una vera e propria crisi complessiva della globalizzazione in quanto tale. E’ evidente che i parametri della globalizzazione non saranno più applicabili nuovamente al nostro modo di fare economia. 
Per uscire dalla crisi, l’Europa, deve riuscire a produrre una quantità di liquidità tale da far ripartire l’economia e lo deve fare attraverso tutti gli strumenti di cui dispone. 
Se l’Europa deciderà di emettere i Coronabond potrà andare sui mercati e trovare compratori. Lo stesso per il MES, che emette titoli che i compratori acquistano, riversando liquidità sui paesi che ne hanno bisogno.
Sono altresì convinto che in questo momento andare sui mercati a cercare compratori di titoli europei non sia sufficiente, perché i compratori sono pochi e toccherà alla BCE comprare con la propria liquidità questi titoli.
E’ la BCE l’unico strumento in grado di dare liquidità ai paesi, affinché questi possano erogare reddito: se la Banca crea una grande quantità di liquidità, che dovrebbe servire a comprare tutti questi titoli emessi dalle varie organizzazioni europee, non si pone neanche il rischio di una svalutazione della moneta o dell’inflazione. 
Gli Stati Uniti stanno infatti stanno producendo 6mila miliardi di dollari di aiuti, lo yen giapponese è una moneta che non è in grado di fare concorrenza all’euro neanche se venisse prodotto in grande quantità e per finire, la Cina non ha una moneta di riferimento. 
Inoltre il petrolio è arrivato a costi molto bassi (inferiori a quello del grano), mentre il valore dell’oro è volato ai massimi livelli. E’ il momento giusto, quindi, perché la BCE crei carta moneta: attraverso l’acquisto di titoli del Meccanismo Europeo di Stabilità, di titoli della Banca Europea degli Investimenti o attraverso i Coronabond.
Con questo tipo di liquidità si devono creare redditi di emergenza: bisogna trasferire alle imprese e alle famiglie italiane le risorse di cui in questo momento non dispongono. Altrimenti il rischio è quello di una crisi sociale.
Penso che il governo italiano, con il Paese paralizzato e con molti cittadini che non hanno più le risorse per andare avanti e per alimentarsi, non può pensare di fare una manovra dopo l’altra, sempre frenato dalla paura di aumentare il debito; non può neanche limitarsi a spostare capitoli di bilancio, come ha fatto con l’anticipazione del fondo di solidarietà comunale per l’emergenza alimentare. Non si può aspettare che l’Europa dia un qualche tipo di autorizzazione.
Urge quindi un piano importante, mettendo in conto l’indebitamento, come del resto è già accaduto con la legge di bilancio del 2019. Il debito è una conseguenza inevitabile, non solo in Italia, ma in tutto il mondo.
Il piano dovrebbe interessare una parte importante degli interventi da realizzare, che secondo me coprono un valore di 100 miliardi di euro in un anno e dovrebbe dare per scontato che l’Europa fornisca all’Italia la necessaria copertura. Senza questo piano, l’Italia non ce la fa: avendo una recessione che sfiora i 9 punti percentuali e dovendo spendere tanti soldi, facendo così saltare i parametri di Maastricht, c’è il rischio di arrivare a una recessione ancora più grave, che porterebbe altri soggetti ad acquistare i titoli.
La consapevolezza che solo la BCE ha gli strumenti per produrre liquidità, per creare reddito e quindi per uscire dalla crisi, dovrebbe spingere l’Italia, che è il paese più colpito in questa fase, ad anticipare le azioni dell’UE e ad attuare una vera e propria variazione della legge di bilancio, con la quale introdurre le risorse che servono. Nell’immediato occorrono 60 miliardi di euro. Soldi che vanno messi in campo e che devono essere coperti con l’aumento del debito, dando per scontato che questo aumento ce lo deve coprire l’Europa.

Sono convinto che a queste condizioni non ripartirebbero neanche gli spread: dobbiamo infatti dare la percezione che non stiamo facendo saltare il Paese e non dobbiamo continuare con misure che non sono sufficienti. Già ci troviamo in una condizione eccezionale: se a un Paese fermo a livello produttivo si aggiunge anche l’impoverimento, avremo danni ancora peggiori, sia sul piano dell’agitazione sociale, sia sul piano stesso degli spread e della fiducia degli investitori.
 
Cosa ne pensa di uno dei settori chiave dell’economia italiana, il turismo?


Il turismo andrà completamente ripensato. Finché non ci sarà un vaccino pienamente applicato, il mondo si sposterà sempre meno. Il futuro sarà un futuro di dimensioni molto municipali e alla costante ricerca di innovazioni tecnologiche per fare a distanza tutto ciò che si può fare a distanza. In un mondo così il turismo sarà uno dei settori più difficili da riportare in vita. 
Le campagne di comunicazione sulle bellezze dell’Italia vanno bene, ma si scontreranno con la paura delle persone di muoversi da casa. Diventa un riflesso condizionato: quando è stato ripetuto che la salvezza consiste nello stare in casa, cambiare questo abito mentale sarà molto più difficile. Ci sarà la paura di nuovi contagi, magari di qualche picco epidemico che può ripartire.

L’Italia dovrà cominciare a ripensare se stessa anche rispetto alla questione del turismo in quanto tale. Almeno in una prima fase si tratterà più di un turismo per immagini, che per viaggi  e renderanno di più i diritti di autore e le royalties sulle immagini, che non i viaggi in quanto tali.
 
Fin qui le persone. E cosa cambierà nello spostamento delle merci?


Anche le merci si sposteranno sempre meno, dovremo organizzare le filiere produttive cercando di produrre ‘in casa’ quanti più prodotti possibili. Ciò che prima si dava per scontato, per esempio produrre all’estero ciò che era meno costoso, da ora in poi si produrrà nei propri paesi.
E’ la fine della globalizzazione vera. Si veda l’esempio delle mascherine: nella filiera globalizzata della produzione di mascherine, l’Italia non era un paese deputato a questo tipo di produzione e le comprava da chi le faceva a prezzi più bassi. Adesso non è più possibile comprarle a quei prezzi e lo stesso principio vale per una serie infinita di merci.
Se lo spostamento di merci e persone diventa fonte di preoccupazione, dovremo necessariamente realizzare una riarticolazione dei sistemi produttivi, cercando di sfruttare al meglio le proprie risorse nazionali. 
I sistemi economici saranno ripensati in una chiave più legata all’autosufficienza, con l’effetto che le interdipendenze saranno decisamente minori: ogni paese vorrà avere tutte quelle risorse strategiche prodotte in casa di cui ritiene di aver bisogno.
Sta svanendo e funzionerà molto meno l’illusione della globalizzazione, che consisteva nella divisione internazionale del lavoro: si produce dove il costo finale è minore.
Per l’Italia non è un tema banale. A differenza della Cina, che ha risorse infinite o degli Stati Uniti, che hanno grandi risorse naturali ed energetiche, il nostro paese ha sempre importato beni dall’estero. Sarà più complicato per noi vivere in condizioni di autosufficienza, ma sarà un tema da affrontare.
Un tema a cui si arriverà soltanto dopo che il governo italiano abbia varato delle misure che veramente mettano in sicurezza il Paese, con una minima preoccupazione nei confronti della crescita del debito: questa andrà coperta con liquidità nuova da parte delle banche centrali. Poiché in assenza di risorse reali e di reddito, noi non stiamo producendo quel debito, esso deve essere coperto tramite la creazione di carta moneta, di liquidità. Solo così si può alimentare la ripresa.
 
Molti titoli di giornale indicano Mario Draghi come unica garanzia o come la sola figura nazionale che ci può salvare. Cosa può dire in proposito?

 
Molte delle indicazioni date da Draghi sono giuste, lui stesso dice che non bisogna avere paura del debito e che la BCE dovrebbe avviare a qualunque condizione, tutta la liquidità necessaria per creare nuovo reddito. 
E’ innegabile che al tempo in cui era presidente della BCE, Draghi abbia garantito una liquidità totale e che in quel ruolo sia stato importantissimo.
Ma ciò non vuol dire che ci serve Draghi in quanto tale e che come presidente del consiglio in Italia, sia in grado, in quanto Draghi, di risolvere i problemi italiani. Vuol dire solo che ci serve quel modello che lui stesso propone.
La ricetta è chiara: abbiamo un paese che non produce reddito e che non si deve impoverire. La liquidità gliela diamo  aumentando il debito, debito che sarà coperto dalla BCE. Questo meccanismo ha bisogno di una leadership italiana ed europea che lo capisca.
 
Si è detto che questo virus si è diffuso così velocemente anche in virtù della globalizzazione a tutti i livelli, intesa come circolazione globale di merci e di persone. Ed anche che il virus potrebbe avere avuto origine dalla distruzione degli ecosistemi, dai cambiamenti climatici e dall’inquinamento. Sarà possibile secondo lei, visti gli attuali equilibri geopolitici, arrivare ad un’economia globale maggiormente basata sui criteri dell’ecosostenibilità?


Penso che un certo modello di svilluppo e di sfruttamento ambientale verrà in parte superato. Andremo verso un mondo nel quale tutto quel complesso di spostamenti che sono stati anche profondamente inquinanti, di accelerazione nello struttamento ambientale, saranno dificili da realizzare. Anche aldilà della coscienza e della consapevolezza che acquisiremo. Il mondo globalizzato puntava sulla velocità e sulla capacità di spostarsi con estrema velocità: si trovano deteminate risorse naturali da consumare rapidamente e da mettere rapidamente sul mercato, dove ci sono miliardi di consumatori che le aspettano e che sono disponibili a spostarsi per reperirle. Le filiere produttive erano disarticolate in più passaggi. Il volo aereo era lo strumento di spostamento per eccellenza. La velocità portava a scarsa attenzione verso forme alternative di trasporto.

Penso che tutto questo mondo alla fine dovrà essere cambiato. Sarà un mondo più lento, dove le attività non avranno la stessa rapidità della precedente globalizzazione. Avremo anche bisogno di ridefinire e di ridimensionare il nostro stile di consumo. Si è visto dalle nostre città anche in questa prima fase: si trovano in migliori condizioni ambientali perché le persone non si muovono più e non hanno più totale dipendenza dai mezzi di trasporto. 
Sarà un mondo che riporterà tutto a dimensioni più limitate, dove torneranno in auge i negozi di prossimità. Sarà necessario ripensare le città anche dal punto di vista urbanistico e ci sarà un rallentamento che migliorerà  - nonostante non ce ne sia consapevolezza – la tenuta ambientale.
La Cina non potrà più essere quello che è stata negli ultimi dieci anni, allo stesso modo anche gli Stati Uniti dovranno ripensare i loro modi di produzione: non delocalizzare vuol dire produrre in loco e quindi avere più attenzione verso i territori. Dal punto di vista ambientale il Coronavirus è stato una sorta di monito e di trasformazione, dalla quale non si tornerà facilmente indietro. La società globale così come l’abbiamo vissuta fino alla fine del 2019 sarà molto difficile da riprodurre. Calerà anche il consumo di combustibili fossili, mentre l’innovazione tecnologica sarà l’unico settore su cui scommettere, a partire dalla produzione di beni e servizi sanitari.


Fonte: Giulia Baglini- Pistoia 7
+  INSERISCI IL TUO COMMENTO
Nome:

Minimo 3 - Massimo 50 caratteri
EMail:

Minimo 0 - Massimo 50 caratteri
Titolo:

Minimo 3 - Massimo 50 caratteri
Testo:

Minimo 5 - Massimo 10000 caratteri